Come ho già fatto altre volte, raccolgo in questo articolo le opinioni che ho scritto sul forum Zagortenay riguardo alle ultime storie uscite, modificandole un po' per renderle fruibili anche per chi non è un abituale frequentatore del forum in questione e quindi magari non ha già letto i volumi di cui si parla o non conosce a menadito la storia di Zagor.
Una strana alleata, Zagor numero 711- 713, di Luigi Mignacco e Val Romeo.
In questa storia ritorna un personaggio che non mi è mai piaciuto particolarmente, Blondie, pistolera dalla parlantina sciolta, con un forte senso di giustizia ma braccata dalla legge per... Beh, no, non me lo ricordo. In pratica Tex Willer a inizio carriera, con in più il bonus di due enormi poppe. Zagor e Blondie si ritrovano alleati per scortare delle ragazze nel west, ma Blondie in realtà vuole sfruttare il legame di una di loro con il capo di una città di banditi per arrivare a lui.
complice la visione al cinema del nuovo Nosferatu ho raccolto in un unico articolo le mie opinioni su ben tre recenti film su Dracula.
Renfield (2023)
Ok, credo che a fare questa cosa Nick Cage si sia divertito come un matto. Cioè, DRACULA? Ammettiamolo, quello di Dracula è uno di quei ruoli che a molti attori piacerebbe fare, prima o poi. Personaggi talmente radicati nell'immaginario che interpretarli per un attore sarebbe un onore. E Nick stesso ha dichiarato che era uno dei ruoli che avrebbe sempre voluto poter fare. O forse dovrebbe essere un onore per Dracula essere interpretato da Nicolas Cage? Lui magari la pensa così, non è noto per essere uno che ci va leggero...
Come ogni anno, anche stavolta vi beccate la classifica delle cose più e meno belle di cui ho parlato sul blog. Il che vuol dire che non è roba uscita quest'anno, ma solo che io ne ho parlato quest'anno!
Vi lascio subito alle classifiche, dal peggiore al migliore (ovviamente sono gusti personali), divise per categoria. Ogni opera è linkata al relativo articolo.
Decisione difficile, i primi diciamo 5 in classifica sono abbastanza intercambiabili, se me la fate rifare tra una settimana sicuro ve la faccio diversa. Ma quelli a fondo classifica sicuro ci rimangono.
Ecco un altro articolo della serie "opinioni in pillole", dove raccolgo
commenti più o meno brevi per cose che ho visto/letto/giocato. Questo perché
sempre più spesso mi capita di voler parlare di qualcosa e scriverne un
commento, che però risulta troppo corto per farne un articolo a sé
stante. Stavolta metto insieme tre, anzi quattro film che non
hanno nulla in comune tra loro a parte il fatto di appartenere al genere
horror. Li ho visti a diverso tempo di distanza e i commenti sono stati
scritti subito dopo la visione per poi raccoglierli in attesa di farne un
articolo, per cui potrebbero risalire anche a diverso tempo fa.
La saga di Dead Snow (giusta giusta per il periodo natalizio)
Dead Snow (2009): simpatico film di zombi, che stavolta sono in costume
storico. La storia è sempre la stessa del gruppo di ragazzi che va in vacanza
in una capanna isolata ben intenzionati a bere, fumare e scopare come se non
ci fosse un domani, e infatti un domani non c'è, perché arrivano gli zombi e
li fanno fuori tutti. In questo caso gli zombi sono veloci, intelligenti, non
sembrano trasmettere il morbo col morso e sono nazisti.
Seppur del tutto dimenticabile dal punto di vista della trama, presenta una
fattura tecnica discreta e momenti divertenti, che lo aiutano a emergere dalla
massa di cloni simili.
Dead snow 2: Red Vs. Dead (2014): del tutto di un altro livello il
sequel, che riprende esattamente da dove era finito il precedente. Il che fa
strano perché si vedono anche cellulari del 2014 che nel 2009 non esistevano,
ma noi non ci facciamo di questi problemi. Il film è stato chiaramente
realizzato con un budget decisamente superiore, e un piglio ancora più
sbarazzino: siamo in piena zona Evil Dead 2 e seguiti, quindi
potete immaginare a cosa si va incontro. Filmetto assolutamente
delizioso, un po' meno splatter del primo ma sempre splatter (con una evidente
predilizione per l'estrazione dell'intestino), con molte trovate divertenti e
anche una "mano cattiva" che potrebbe interessare a
Lucius, anche se non
rimane cattiva per molto.
L'attore protagonista di entrambi i film, Vegar Hoel, che ha anche
partecipato alla sceneggiatura del secondo, è morto a soli 47 anni per un
cancro alla prostata, nel 2021.
Tra l'altro ho scoperto di aver visto altri film dello stesso regista, il
norvegese Tommy Virkola: Hansel & Gretel - Cacciatori di streghe (del quale non ricordo assolutamente nulla, ma sono sicuro di
averlo visto), Seven Sisters e The Trip, entrambi film che valgono bene una
visione.
Vivarium (2019)
Una giovane coppia finisce in un incubo di Wes Anderson, almeno questa è la
prima cosa che mi è venuta in mente vededo l'inizio di questo film. I colori
pastello per le case e e le nuvole in cielo somigliano molto alle
ambientazioni del noto regista, o a un'imitazione scadente degli stessi.
I due cercano casa, un bizzarro venditore li accompagna in un'area
residenziale con villette a schiera e li molla lì. Capiscono presto che da
quel luogo inquietante è impossibile fuggire. Non svelerò il resto
della trama, anche perché alla prima svolta è possibile prevedere già tutto il
resto. Un film piccolo, con quattro attori in croce e un'unica
ambientazione, che nella sua durata di un'ora e quaranta compresi i titoli di
coda racconta una storia che avrebbe potuto essere raccontata in metà del
tempo. Non si tratta di un film, ma di un episodio di Ai confini della realtà allungato. Il suo problema è che la sua natura è chiara fin
da subito a chi ne abbia visto qualcuno, o che abbia letto qualche raccolta di
racconti horror brevi,che potrà capire immediatamente come va a finire. Due
parole a riguardo sotto spoiler, anche se è un po' inutile visto che non dirò
nulla che non si capisca già al decimo minuto.
Sappiamo senza ombra di dubbio che non ci sarà un lieto fine. I
due già dall'inizio sono chiaramente carne da macello. Sappiamo senza ombra di dubbio che le spiegazioni, se ci saranno, saranno lacunose e
insoddisfacenti, magari anche senza molto senso, e che l'ambientazione non è
stata creata dagli autori per avere una sua logica e coerenza, ma solo per
inquietare e "fare effetto".
Ciononostante, riesce a essere abbastanza inquietante, un incubo che è a tutti
gli effetti un horror senza mostri (anche se in questo caso potrebbe essere
più adatta l'etichetta weird, se siete di quelli che vogliono
etichettare tutto). La situazione in cui si trovano i due ragazzi (anche se
anagraficamente parlando nessuno dei due attori aveva proprio l'età da novello
sposino in cerca di casa) è a dir poco surreale e assurda, trasportati in
mondo chiaramente artefatto con regole misteriose, apparentemente infinito
mentre invece è estremamente limitato, come un gioco di specchi.
Chiaro
che in questa situazione estrema anche il rapporto di coppia vada un po' a
farsi benedire, ma è già tanto che riescano a conservare per tanto tempo la
sanità mentale.
Quello su cui gioca il film è l'assenza di speranza. Il luogo in cui i
personaggi sono finiti, oltre a essere spaventoso nel suo essere così basilare
e privo di stimoli, è una prigione da cui scappare è chiaramente
impossibile. Gli autori riescono a trascinare gli spettatori nel vortice
di cupa disperazione che avvolge i protagonisti, anche proprio grazie al fatto
che sai già come va a finire. La disperazione di questi due potrebbe rimanervi
attaccata addosso ancora per un po' a film finito.
Mi è piaciuto ma, per quanto duri solo un'ora e mezza o poco più, è comunque
troppo. D'altronde, se la grande maggioranza dei film negli ultimi anni sono
film da un'ora e mezza stirati a superare abbondantemente le due ore, perché
una storia da un'oretta scarsa non dovrebbe essere stirata fino a un'ora e
mezza?
The Witch (2015)
Ho parlato qui di The Northman e The Lighthouse, e solo adesso ho recuperato anche il primo film del regista, The Witch (titolo reso sulle locandine come The VVitch) Questo è quindi l'esordio registico di Robert Eggers, che prima di
questo ha diretto solo tre cortometraggi. Cortometraggi che sono stati
abbastanza convincenti da convincere qualche produttore di Hollywood a
cacciare 4 milioni per realizzare il film, che ne ha incassati 40, quindi
complimenti per il fiuto ai produttori. La cifra è relativamente bassa anche
grazie al fatto di aver utilizzato pochissime location e praticamente nessun
effetto digitale, oltre ad aver arruolato attori non particolarmente
conosciuti (Ana-Taylor Joy è qui al suo debutto sul grande schermo, quindi
presumo che venisse via ancora a poco).
Siamo nel New England più o meno nel 1630, e la famiglia protagonista è
talmente religiosa da esserlo troppo, per la comunità in cui vive, che li
scaccia. E calcoliamo che la comunità era composta da puritani, che era per
l'appunto un movimento nato in Inghilterra che predicava il ritorno alla
purezza della Chiesa, considerata corrotta in quanto utilizzava forme non
previste dalle sacre scritture e derivanti da vari compromessi fatti durante i
secoli. Se i puritani di scacciano perché sei "troppo" puritano, beh, forse
stai esagerando un poco, figlio mio. Una famiglia di religiosi ai limiti
dell'estremismo si trova quindi a vivere in una casa isolata in mezzo ai
boschi, in terre di frontiera: cosa potrà mai andare storto? Beh, non
sono gli indiani a minacciarli, né qualche misteriosa magia di quei luoghi: il
male se lo sono portato da casa, incarnato nel caro vecchio Diavolo e relative
streghe. Il film viene chiuso da una frase (non è uno spoiler) che dice che
la trama è ispirata a varie storie tradizionali di quella zona, e addirittura
alcuni dialoghi sono presi di peso da quelle storie. Il che mi ispira
riflessioni sul fatto che i coloni che hanno invaso l'America abbiano portato
con sé non solo tutte le loro cose materiali ma anche le loro leggende, e con
esse i loro incubi. Anche questo hanno fatto i bianchi ai nativi americani,
hanno spazzato via le loro fantasie per sostituirle con quelle europee. Ma
temo di stare andando fuori tema, perché questa è una riflessione tutta mia
che non è tra i temi del film, che tratta invece di una famiglia isolata di
estremisti religiosi che, probabilmente proprio in quanto tale, viene presa di
mira dal male. Come potranno reagire, dato che non sono in grado di perdere la
fede? Come possono chiedere l'aiuto di un Dio che in realtà temono, come
testimoniano i numerosi atti di pentimento volti a conquistare il Suo favore?
Un film che fa pensare per la sua trama, e tiene incollati allo schermo per la
sua fattura. Eggers ha tentato di effettuare una ricostruzione storica il più
fedele possibile, e questo si vede sia nell'ambientazione che nei rapporti e
discorsi dei personaggi. La capanna, i costumi, tutto è realizzato in maniera
certosina, e valorizzato da uno spettacolare utilizzo delle luci, provenienti
per lo più da candele, luci che rivelano già la forte carica espressionista
del cinema di Eggers, che esploderà ancora più forte nei suoi film
successivi. Rispetto a essi si nota che qui manca quell'elemento surreale
e onirico che caratterizza gli altri, e che è forse più "normale" nel suo
incedere; se The Northman e The Lighthouse sono degli strani ibridi ai quali è difficile trovare un genere preciso
di appartenenza (e quindi potrebbero essere classificati nel "weird"), The Witch è piuttosto chiaramente un horror fatto e finito, ma di quelli che non
ti fanno paura con un mostro, no, ti mette inquietudine inserendo nel
quotidiano un elemento fuori posto. Un quotidiano che, in questo caso, mette
paura quasi quanto il male stesso, così da raddoppiare l'effetto
finale.
Per essere un esordio alla regia di un lungometraggio The Witch è un film sorprendente, che ha fatto notare da subito Robert Eggers
qualificandolo come uno dei giovani registi più interessanti del momento. Da
vedere.
Un altro articolo in cui metto insieme opinioni brevi se non brevissime, su
cose che ho visto/letto/giocato e a cui non mi andava di dedicare articoli più
lunghi e dettagliati. Questa volta parliamo di una manciata di fumetti
americani di supereroi. Visto che scrivo questi commenti subito dopo aver
letto i fumetti e li tengo lì per accumularli in attesa di averne abbastanza,
alcuni potrei averli letti davvero un sacco di tempo fa.
Superman: Su nel cielo, di Tom King e Andy Kubert (2020)
Tom King è ormai entrato nella cerchia degli autori da tenere d'occhio, grazie
soprattutto alla sua meravigliosa storia di Visione e al ciclo di Mr. Miracle. Anche questo Su nel cielo ha ricevuto recensioni entusiastiche, che mi sento di condividere in
buona parte. Il fumetto si basa interamente su un punto: una bambina
viene rapita da una misteriosa forza aliena e portata nello spazio, e Superman
è l'unico che possa aiutarla. Per farlo, però, dovrebbe allontanarsi dalla
Terra, la qual cosa significa che le centinaia di persone a cui salva le
chiappe ogni giorno da disastri di varia natura non avrebbero nessuno a beh,
salvargli le chiappe. E' quindi giusto che Superman parta per lo spazio
alla ricerca di una singola bambina che non è nemmeno sicuro di riuscire a
trovare, rinunciando ad aiutare migliaia di persone sul suo pianeta
d'adozione? La logica dice di no, ma la logica del fumetto è diversa e
questo fumetto non vuole essere semplicemente la storia di un rocambolesco
salvataggio nello spazio, ma un viaggio nella psiche dell'azzurrone,
personaggio nient'affatto semplice da scrivere ma che nonostante la veneranda età dimostra continuamente di avere ancora qualcosa da dire, in mano agli
autori giusti.
Oggi vi parlo di una trilogia di romanzi che parte col botto, ma la cui parte
finale non mantiene le promesse. Sì, succede spesso, vero? L'autore è il
canadese Dennis E. Taylor, del quale al momento in cui scrivo non si trovano altre opere in
italiano. Li ho ascoltati in forma di Audiolibro, dalla piattaforma
Audible di Amazon, letti da Alberto Onofrietti che è dannatamente bravo, come
d'altronde la grande maggioranza degli attori su Audible. Ho raccolto i
commenti ai diversi libri in un unico articolo, ma li ho scritti in tempi
diversi, subito dopo averli ascoltati.
Noi siamo infinito (noi siamo Bob), 2016
Titolo originale: We Are Legion (We Are Bob)
Bob è un ingegnere informatico di successo (nonché un nerd) che ha appena
venduto la sua società di software per tanti soldi da non sapere più cosa
farne. Investe quindi parte di quei soldi con una società criogenica, che si
impegna a conservare intatta la sua testa dopo la sua morte, fino al giorno in
cui la scienza sarà abbastanza avanzata da dargli un corpo nuovo. Inutile dire
che muore in un incidente dopo neanche mezz'ora. Al risveglio però, 117 anni dopo, la situazione è ben diversa da quella che si
era prospettato: è diventato proprietà di un governo pervaso di fanatismo
religioso, che ha gettato la sua testa e digitalizzato una copia della sua
mente per farne un software senziente, un'intelligenza artificiale a cui
affidare la guida di una sonda spaziale da inviare alla ricerca di pianeti
extrasolari abitabili. Gli viene data anche la capacità di replicarsi per
espandere la sua esplorazione, quindi ecco spiegato il titolo.
Brothers: a tale of two sons è un gioco indipendente del 2013, che mi viene naturale paragonare a ICO, di cui abbiamo già parlato qui. Questo perché anche qui abbiamo costantemente due personaggi, che devono collaborare continuamente per poter procedere. A differenza di Ico, però, in cui controllavamo uno dei due e dovevamo trascinarci dietro l'altra, qui dobbiamo controllare contemporaneamente entrambi i personaggi.
Ma iniziamo dalla trama: siamo in un'ambientazione fantasy-medievale e il padre di questi due fratelli si sente male. Viene loro spiegato che per curarlo devono procurarsi un'erba particolare che si trova solo a Vattelapesca, provincia di Sticazzus, e l'app di Glovo non funziona. Iniziano quindi il loro viaggio, che li porterà ad attraversare terre sconosciute, affascinanti e pericolose.
Sì, come trama non è un granché, si tratta in effetti solo di un pretesto come un altro per mettere in viaggio questi due e farli, appunto, attraversare diverse ambientazioni. Solo nel finale abbiamo di nuovo un po' di trama, anche abbastanza toccante.
Come ho già fatto altre volte, raccolgo in questo articolo le opinioni che ho scritto sul forum Zagortenay riguardo alle ultime storie uscite, modificandole un po' per renderle fruibili anche per chi non è un abituale frequentatore del forum in questione e quindi magari non ha già letto i volumi di cui si parla o non conosce a menadito la storia di Zagor.
Zagor + n. 14, Ritorno nella città nascosta, di Faraci e Sedioli
Burattini lo ammette candidamente nell'editoriale all'inizio del volume: questo è l'ennesimo "ritorno" in poco tempo. Ammetterlo però non significa che vada bene. Il nostalgismo imperante nell'intrattenimento di matrice statunitense ormai ha contagiato anche Zagor, al punto che, esauriti i "ritorni" più eccellenti, iniziano a esserci "ritorni" anche a storie non così memorabili. E' il caso di questo volume, seguito di un albo di 55 anni fa che, francamente, non ricordavo per nulla. In questo caso devo ringraziare il riassunto all'inizio della storia, che comunque spreca una pagina intera in un combattimento che avrebbe dovuto occupare una vignetta al massimo. Ma ci è andata ancora bene rispetto ad altri "riassunti".
Di film indiani non ne ho visti molti, perché ho la sensazione, spesso confermata da altri colleghi blogger, che la maggior parte non siano proprio il massimo, sebbene tra di loro si trovino diverse chicche. Qui sul blog trovate le mie opinioni su Enthiran,Enthitan 2.0. e RRR (che rimane il migliore tra i film indiani che ho visto, se dovete sceglierne uno solo scegliete quello). In questo articolo raccolgo le mie su altri due film d'azione indiani, accomunati dal far parte di una stessa saga.
So anche che questo film fa parte di un universo condiviso, quindi sono andato a informarmi un po'.
L'universo condiviso in questione si chiama Spy universe, dato che si parla appunto di film di spie d'azione, e comprende a oggi cinque film con altri quattro già programmati. I primi due sono Ek Tha Tiger e il suo seguito Tiger Zinda Hai, e War è il terzo, che comunque non ha nessun collegamento diretto con gli altri due. Presumo che ci sia qualche accenno a far capire che l'agenzia di spionaggio è sempre la stessa, ma non avendo visto i Tiger non saprei.
Non resisto a una storia ucronico-fantascientifica sull'antichità, visto che ne ho scritta una anch'io e che per farlo mi sono documentato un bel po', imparando quindi parecchio su tempi e popolazioni dell'epoca in cui l'ho ambientata. In queste storie in particolare poi si parla proprio di popolazioni e addirittura di personaggi che ho utilizzato nei miei raccconti, quindi mi sembra ovvio che non ho potuto resistere!
Pax Romana, di Jonathan Hickman (2007)
Ho sentito osannare questo fumetto come un capolavoro da più parti ma, si vede che sono strano io, del capolavoro mi sembra proprio che non abbia niente. Chi l'ha definito così probabilmente si è lasciato fuorviare dallo stile grafico particolare e sperimentale, peccato che sia così particolare e sperimentale che dopo dieci tavole viene ampiamente a noia.
Uno dei temi principali (ma non l'unico) dei racconti ucronici che ho scritto è un impero romano che si è prolungato oltre la sua naturale durata. Di storie ucroniche ambientate riguardanti l'impero romano ne sono state scritte a bizzeffe, di alcuneabbiamo giàparlato nel blog.