martedì 10 settembre 2024

Serie animate per adulti: Hazbin Hotel, Blue Eye Samurai, Primal

Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!

Ecco un altro articolo della serie "opinioni in pillole", dove raccolgo commenti più o meno brevi per cose che ho visto/letto/giocato. Questo perché mi capita di voler parlare di qualcosa e scriverne un commento, che però risulta troppo corto per farne un articolo a sé stante. 
Questa volta ho messo insieme tre serie animate destinate a un pubblico adulto, che sia per il tono, per le tematiche, per la violenza o per le tre cose insieme. Questa non è roba per bambini!


Hazbin Hotel recensione

Hazbin Hotel

Non ho capito bene la storia di questa serie. C'è un episodio pilota del 2019, poi non se ne è più parlato. Ma nel frattempo è uscito uno spin-off della serie disponibile gratuitamente su YouTube (anche in italiano, anzi è più facile da trovare di quello in lingua originale) intitolato Helluva Boss. Pur essendo già alla seconda stagione, per un totale di 20 episodi, Helluva Boss continua ad essere considerata uno spin off di una serie uscita dopo e molto più corta (anche se gli episodi sono più lunghi).
Sia come sia, gli 8 episodi di Hazbin Hotel sono su Prime compresi nell'abbonamento base, e al momento in cui scrivo queste righe stanno avendo molto successo, e ispirando un mucchio di cosplayer.

La trama: all'inferno non sembra esserci traccia delle classiche torture e punizioni per i dannati, semplicemente chi ci finisce si ritrova trasfigurato in strane creature e per il resto è più o meno come Sin City o qualunque sia la vostra ambientazione "noir" di riferimento, dove tutti sono sempre arrabbiati, non esiste polizia e a comandare sono i gangster. La cosa peggiore che succede all'inferno è il "giorno dello sterminio", che avviene una volta all'anno e durante il quale milizie celesti scendono all'inferno ed eliminano brutalmente qualche migliaio di dannati per "limitare la sovrappopolazione", dicono. Non ci è dato sapere cosa succede a chi muore di nuovo quando viene ucciso all'inferno, presumo che si limiti a scomparire dall'esistenza.
La dolce figlia di Lucifero è stufa di questa situazione, e ha aperto un hotel nel quale ospita dannati che vogliono tentare, attraverso appositi esercizi, di mutare la loro situazione e ascendere al paradiso, avvenimento del tutto inusitato.
Seguono casini.

Hazbin Hotel recensione

Molti parlano di questa serie per i motivi sbagliati: tre degli unici quattro personaggi di cui conosciamo con certezza l'orientamento sessuale sono omosessuali, e gli altri sembrano tutti bisessuali o comunque abbastanza ambigui. Quindi, se ne parla più per lodare o per condannare questa scelta che per qualsiasi altro motivo. Ora, è chiaro che mettere dentro un sacco di personaggi lgbtqsupersayan+ è un modo per incontrare le simpatie di una certa parte del pubblico, e allo stesso tempo per attirare le antipatie di un altro tipo di pubblico, che va sempre bene per farsi pubblicità. Se i personaggi fossero tutti eterosessuali la storia non cambierebbe di una virgola. Almeno non ci vengono date lezionicine morali come in altri prodotti simili, per fortuna.
Giudicare una serie per il marketing non mi sembra il metro di giudizio migliore, quindi ho deciso di sbattermene altamente.

Piuttosto è importante sottolineare che Hazbin Hotel è una serie musical, il che significa che in ogni episodio ci sono due canzoni. Io amo i musical, quindi mi sta più che bene. Le canzoni sono sempre orecchiabili, alcune belle, nessuna particolarmente memorabile anche perché sono tutte integrate nella trama e prese da sole non hanno senso.
Animazione di tipo tradizionale, con uno stile di disegno ipercolorato e iperdinamico, con personaggi schizzatissimi che si agitano un sacco. E' il suo stile, ma non è detto che sia un pregio: L'ho vista in inglese, ma ho dovuto mettere i sottotitoli in inglese perché quelli in italiano ricalcano il doppiaggio in italiano travisando quindi i testi delle canzoni, ma così dovevo stare più attento ai sottotitoli perdendomi a volte quello che stava succedendo a schermo, dato che è tutto movimentatissimo e non sempre immediato come lettura, utilizzando un numero limitato di colori. 
Il design dell'inferno è in grado di raccontare molto di sé stesso con i soli dettagli sullo sfondo, ma è soprattutto quello dei personaggi a intrigare, talmente sono diversi tra di loro e ultraespressivi. Ho adorato in particolare quello degli angeli, che con tutti quegli occhi richiamano i meme della serie "angeli biblicamente accurati". 
Spicca tra gli altri il personaggio di Alastor, il sogghignante "demone della radio" (sulla cui voce è proprio applicato l'effetto come se stesse parlando attraverso una vecchia radio), che sta tra i "buoni" ma ha evidentemente i suoi scopi, contrapposto al demone-gangster della televisione.

Insomma un'ottima serie, ma non perfetta: lo stile schizzato non è che debba piacere a tutti, le parti che vorrebbero essere comiche non è che facciano poi così ridere, le canzoni non sono tutte allo stesso livello, e sebbene la trama abbia delle premesse intriganti lo svolgimento manca di originalità.

Non qualcosa che mi ricorderò a lungo, ma una visione più che godibile. Purtroppo è evidentemente una "prima stagione", rimangono da analizzare tutte le conseguenze di quello che succede alla fine, e molti snodi narrativi restano aperti. Dovremmo esserci abituati, ma preferirei vedere qualcosa che finisce, ogni tanto. 

E ora mi cercherò anche Helluva Boss.


Blue Eye samurai recensione

Blue Eye samurai

Blue Eye Samurai è uno di quei successi immediati di Netflix, che fanno un botto di ascolti nei primi giorni facendo parlare di sé un po' tutti. Personalmente, sono convinto che queste serie (più le serie che i film, in effetti) che hanno queste botte di successo immediato debbano la loro fortuna non alla loro qualità, ma al fatto che Netflix le sbatta in prima pagina e tra i consigliati per diversi giorni di fila, così che tutti vengano incuriositi e provino a iniziarla.
Questo Blue Eye Samurai, in particolare, è un tale concentrato di cliché, topoi narrativi e situazioni già viste altre mille volte da sembrare scritta da un'intelligenza artificiale. Coproduzione franco-statunitense, scritta da Michael Green (noto per essere lo sceneggiatore di Logan Blade Runner 2049, tra le altre cose) insieme alla moglie Amber Noizumi, che è per metà orientale (credo giapponese, ma non ne sono sicuro). Americana ma di origini orientali è anche la quasi totalità del cast dei doppiatori, tra i quali vanno segnalati almeno George Takei, Marc Dacascos e Cary-Hiroyuki, lo Shang Tsung del Mortal Kombat del 1995.
Sarà tutta questa orientalità di seconda mano, sarà l'algoritmo di Netflix che pensa che se una storia ha funzionato una volta funzionerà anche altre trecento, ma tutto quello che si vede a schermo appare come una rivisitazione degli schemi narrativi dei chambara giapponesi, o delle precedenti rivisitazioni degli stessi da parte del cinema americano. 
Vuole essere un omaggio o una scopiazzatura? Un ritorno al passato per gli appassionati o una scrittura che non osa tentare nuove strade? Direi che è uno di quei casi in cui la bellezza sta negli occhi di guarda.

Andiamo un po' meglio quando il personaggio di Akemi, la principessa che non vuole accettare il marito impostole dal padre, diventa più importante all'interno della narrazione. Meglio perché la sua storia è un po' più interessante e articolata di quella principale, ma anche qui non è che brilliamo per originalità.

Blue Eye samurai recensione

Oltretutto la serie è troppo lenta, e intendo proprio lenta, soprattutto nelle prime puntate: l'ho guardata tutta a 1.25x di velocità, e mi è sempre sembrata la velocità giusta. Lunghe inquadrature poco significative, di solito della protagonista che cammina in mezzo alla gente che dovrebbero forse dimostrare come lei fenda l'esistenza passando nella società rimanendo però sempre un'aliena, ci mettono davvero poco a stancare. Velocizzando un po' il tutto e senza togliere niente si sarebbero potuti risparmiare almeno uno o due episodi senza intaccare minamamente la trama, e ottenendo comunque lo stesso effetto. 

L'ho comunque guardata fino in fondo, il che significa che proprio schifo non mi ha fatto. Non è che si debba essere originali per forza, la serie ha delle gradevoli scene di combattimento (ma quelle di sesso fanno un po' schifo), l'animazione in CGI mista 2 e 3D è tecnicamente ottima,  e in generale intrattiene, sempre che si aumenti la velocità di riproduzione. L'ultima puntata, con l'incendio, è poi particolarmente gradevole.

Ovviamente, anche qui la storia non finisce. E' abbastanza chiaro fin da subito (Mizu dice di aver quattro obbiettivi ma si parla sempre solo di uno, chiaro che gli altri sono per le prossime stagioni), ed è quello che ci aspettiamo da una piattaforma di streaming, ma, ribadisco, ogni tanto mi piacerebbe anche guardare qualcosa che finisce. Comunque l'ultima puntata una certa voglia di vedere il seguito me l'ha lasciata, quindi direi non è stato male in generale.
Il punto è che quando tutti gridano al capolavoro poi ci si crea delle aspettative. Questa serie non è male, se non da fastidio la mancanza di originalità, ma i capolavori sono diversi.

Segnalo l'articolo del Zinefilo che confuta l'attendibilità storica della serie per quanto riguarda la presenza dei fucili.


Primal recensione

Primal

Genndy Tartakovsky è un regista e sceneggiatore specializzato in cartoni animati. Di suo ho visto i tre Hotel Transilvania, ma nemmeno una delle sue serie animate, fino a Primal. E ora mi sento moralmente obbligato a guardare almeno Samurai Jack, che mi sembra quella più stilisticamente affine a questo gioiello che è Primal

Il succo di Primal è: le avventure di un uomo preistorico e di un dinosauro, uniti dal dolore per dei lutti familiari. Dopo aver perso coloro che amavano, decidono di continuare insieme la loro lotta per la sopravvivenza, vagando in cerca di qualcosa che non sanno nemmeno cosa sia.
Sì, qui umani e dinosauri convivono, in barba alla realtà storica. A questo proposito, due considerazioni: la prima è che non è l'unica cosa "strana" che succede, ci sono stregoni e magie, i dinosauri sono intelligenti quasi quanto gli umani, eccetera; la seconda è che a volte si deve anche smettere di fare i rompicoglioni e godersi la storia.

E che storia. Due stagioni per un totale di 22 episodi, e la storia finisce qui, non credo che una terza stagione sia mai stata nei piani. Finalmente!
Tartakovsky (sì, il nome lo copincollo ogni volta, lo ammetto) produce una serie quasi sperimentale, totalmente senza parole (a parte una puntata), cruda, violenta, con echi dallo sword and sorcery, adulta in molti sensi, con lunghi silenzi e momenti di contemplazione. Quello che ne esce è una serie fortemente emotiva, nel senso che è in grado di creare forti emozioni in chi la guarda, che appassiona e crea una forte affezione verso i suoi personaggi. L'evoluzione che avviene nella seconda stagione, poi, fa raggiungere nuove vette a una serie già splendida. Alcune puntate sono destinate a piantarsi nel cuore dello spettatore.

Consigliatissima, se non la guardate siete dei primitivi. 

Il Moro

Le altre serie animate di cui ho parlato sul blog

martedì 3 settembre 2024

Dopo tanto (tanto) tempo, un nuovo volume per Ucrònia: Moto Perpetuo



Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!

E' passato un secolo o giù di lì da quando ho pubblicato l'ultimo volume di Ucrònia. 
Svariati problemi mi hanno fatto procrastinare il rilascio della continuazione, e se la pigrizia e un certo "blocco dello scrittore" non sono i minori di questi problemi posso almeno dire che non sono gli unici. 

Sia come sia, ora siamo qui, con un nuovo volume per voi. Lo dico da subito: non so quando verranno pubblicati i prossimi, sono quasi sicuro che ci vorrà molto meno tempo, ma non prometto nulla. 

Vabbè, torniamo a bomba e facciamolo con un riepilogo:

il sito web di Ucrònia
la pagina del sito dedicata a  Moto Perpetuo
tutti i precedenti post relativi a Ucrònia su questo blog

Ed ecco la sinossi, quarta di copertina o chiamatela come vi pare, di Moto Perpetuo

Il pellegrinaggio rituale a La Mecca è uno dei momenti più sacri dell'Islam, oltre al momento in cui affluiscono in città milioni di fedeli. Proprio approfittando di questa confusione due gruppi appartenenti a fazioni opposte, la decuria romana guidata dall'ex gladiatore Vinicius e la spedizione mongola a cui appartiene anche Tumur, ora in possesso dell'armatura che fu del Prete Gianni, convergono a La Mecca con il medesimo obbiettivo, la prodigiosa invenzione dell'arabo Al-Jazari: il moto perpetuo. Intanto, dall'altra parte del mondo, nelle terre che un giorno forse si chiameranno America, una giovane regina egizia in esilio viene in contatto con le usanze e gli strani poteri dei nativi, e conosce da vicino gli abitanti della misteriosa Cupola...

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