giovedì 24 giugno 2021

I have no mouth and i must scream, un gioco per stomaci forti.

I have no mouth and i must scream recensioneSalve a tutti, è Il Moro che vi parla!

Non ho bocca, e devo urlare è un famoso racconto di fantascienza - horror di Harlan Ellison. Un racconto breve e terribile, privo di qualsiasi speranza, su un futuro spaventoso nel quale un'intelligenza artificiale creata dagli uomini per combattere le loro guerre ha preso coscienza di sé, e un istante dopo ha ucciso tutti gli esseri umani per tenerne in vita solo cinque. Quei cinque li ha resi immortali, e si diverte a torturarli per l'eternità. Quando il racconto, così come il gioco, inizia, i cinque sono nelle mani dell'intelligenza artificiale chiamata AM (Allied Master computer, poi Adaptative Manipulator, poi Aggressive Menace, ma lui preferisce considerarlo nel senso di "sono", come cogito ergo sum) da 109 anni, sepolti nelle profondità del suo corpo che ormai è l'intero pianeta.



Come nel racconto, anche nel gioco AM si diverte a creare nuove e bizzarre torture per i cinque prescelti. Ma il gioco si spinge più in là, il racconto era breve, il gioco si prende tutto il tempo per approfondire il passato e la psicologia dei personaggi.
Qui AM ha ideato un nuovo divertimento, dando a ognuno dei cinque sopravvissuti un'avventura da compiere, una speranza: se riusciranno a superare gli scenari che ha preparato per loro potranno finalmente morire. Impossibile dire se stia mentendo o meno.

I have no mouth and i must scream recensione


Il gioco permette di scegliere con quale personaggio affrontare la sfida, e ogni personaggio ha uno scenario diverso, ideato per torturarlo in base al suo profilo psicologico, al suo passato e ai suoi traumi. In caso di morte del personaggio, si viene nuovamente trasportati alla schermata di scelta, e si può decidere se riprovare con lui o con uno degli altri.
Il protagonista del racconto, Gorrister, ha qui in effetti a disposizione una trama leggermente più lunga e complessa degli altri, ma è comunque possibile affrontare le cinque mini-avventure in qualsiasi ordine. Gli altri personaggi nel racconto erano appena accennati, qui guadagnano un background tutto nuovo, che nel caso di Ellen differisce anche da quel poco che viene detto nel racconto. C'è un caso particolare da riportare riguardo al personaggio di Nimdok: si tratta di un medico nazista che ha operato nei campi di concentramento, a fianco dello stesso Mengele. In effetti il suo scenario è decisamente il più inquietante. Il personaggio fu interamente rimosso dalla censura nella versione tedesca del gioco, sia lui che il suo scenario, in modo anche piuttosto brutale: ci sono proprio dei buchi vuoti. Ad esempio, nella scena in cui si vedono tutti i personaggi imprigionati e torturati in cima alle colonne, nella versione tedesca una delle colonne è vuota.
In pratica, visto che Nimdok è l'unico a possedere una password necessaria durante la sequenza finale, non è possibile finire completamente la versione tedesca di I have no mouth and i must scream.


I have no mouth and i must scream, recensione


 Il gioco di per sé è decisamente più semplice della media delle avventure del tempo, complice anche la brevità delle mini-avventure che fa sì che non ci siano da portarsi dietro mille oggetti in mille ambientazioni diverse. Se non si riesce ad andare avanti, non è un gran problema provare tutto quello che si ha con tutto quello con cui si può interagire. Più difficile è riuscire ad ottenere i risultati migliori, visto che non ci sono reali indizi su quali scelte sia meglio fare. Ad esempio, come fai a sapere prima che non devi ascoltare tutte le tracce del juke-box nello scenario di Gorrister?
Comunque, ogni personaggio dispone di una sorta di barometro della moralità: in pratica in basso a sinistra, dietro al volto del personaggio, c'è uno sfondo che passa dal nero al verde a seconda di quanto ci si sta comportando bene. 
Il gioco è reso ancora più facile da un libro, presente nell'inventario, che fornisce dei suggerimenti, criptici ma non troppo. Ogni volta che lo si apre, però, la moralità si abbassa un po'. Nella scena finale la moralità si traduce in pratica con l'energia, quindi arrivarci con una moralità alta significa riuscire a reggere a qualche colpo in più di quelli tirati da AM.

I have no mouth and i must scream recensione


Harlan Hellison dichiarò che gli sarebbe piaciuto che il gioco fosse impossibile da finire. In effetti quasi tutti i finali sono variazioni del finale del racconto, ma c'è comunque un modo di farlo finire "bene". Per la versione tedesca, però, ha avuto ragione lui...
Harlan Ellison presta anche la voce al supercomputer AM.

Questo gioco non è roba per stomaci deboli. Si viene messi a confronto con temi quali follia, violenza sessuale, genocidio, codardia... Non c'è spazio per l'ironia tipica di molte avventure punta e clicca. Qui si gioca pesante.

Ho iniziato da poco il mio viaggio nel mondo delle avventure grafiche, e posso dire che, fino ad ora, questa è la mia preferita tra tutte quelle che ho giocato, quindi non posso che consigliarla a tutti.

I have no mouth and i must scream recensione


Il gioco, uscito nel 1995 per DOS, gira ancora tranquillamente sui computer moderni. Qui è possibile scaricarlo gratuitamente. Volendo giocarci su cellulare, vi servirà un emulatore DosBox (da qualche parte si dice che sia possibile giocarci anche su ScummVM, ma io ho dei dubbi). In alternativa, esiste una perfetta conversione, completa di traduzione in italiano, scaricabile dal Play Store. Io ho giocato a quella, scaricata a un euro in promozione. L'editore, DotEmu, è specializzato in conversioni di vecchi videogame per sistemi moderni (come questo e Sanitarium, Windjammers, Another World, The last express, eccetera), nonché in remake (come Karateka, Wonder Boy: The Dragon's Trap, Pang Adventures, eccetera) e in sequel (come Streets of rage 4 e Windjammers 2, di prossima pubblicazione). Inutile dire che li amo alla follia. E poi ogni tanto mettono tutto il catalogo in promozione, che volere di più?

Il Moro

Ho pubblicato diverse compilation di videogiochi, videogiochi cioè accomunati da un tema particolare. Ad esempio tutti i videogiochi dove compare un particolare attore o personaggio, o seguiti più o meno apocrifi di un videogioco classico, e altre. Alcune sono "elenchi ragionati", altre veri e propri approfondimenti sul tema. Le trovate tutte a questo link.


8 commenti:

  1. Tremendo se l'avessi giocato all'epoca, non l'avrei più dimenticato, ora posso dire di aver visto quasi di peggio e che potrei giocarci se voglio, però sì, non per tutti.

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  2. Nel mio lungo viaggio nella transmedialità ho incontrato Ellison e questo gioco, perché in quel glorioso 1992 siamo all'apice di quel fenomeno nato nel 1984: la fusione di narrativa e videogioco.

    «Ci sono già stati altri miei racconti che sono stati presi illegalmente e trasformati in giochi, a volte sotto altri nomi. Non ho mai fatto causa a nessuno, sebbene un paio di volte ne sia stato tentato. Questa è la prima volta dunque che acconsento a mettere il mio nome su un gioco elettronico.»

    Così parla Ellison, in una pausa tra una causa di plagio a Terminator e l'altra :-D

    «Quando prendo una mia storia e la adatto per la TV, o per il cinema o per i fumetti, capisco che è un medium differente. Non puoi pensare in schemi rigidi. Quindi se mi chiedi se mi secca che per il gioco cambieranno la storia... diavolo, no, ne sono deliziato.»

    L'esperimento non è andato bene, un decennio di grandi nomi della fantascienza che lavoravano attivamente al fianco dei creatori di videogiochi e avventure testuali non sembra aver dato i frutti sperati, l'entusiasmo che Douglas Adams e Arthur C. Clarke dimostravano nella metà degli Ottanta - sognando un futuro di romanzi interattivi che i lettori potessero "vivere" - è decisamente calato nel 1992, per poi scomparire in seguito, ma gli esperimenti fatti sono stati grandiosi. Come il gesto folle per eccellenza, un romanzo tratto da un videogioco, che solo Alan Dean Foster poteva tentare nel 1984, e solo dieci anni dopo arriveranno "Mortal Kombat" e "Doom", romanzi che ampliavano i relativi videogiochi ma non si fondevano nella transmedialità che si era sognata negli anni Ottanta, dove Clarke si metteva a riscrivere il finale di Rendezvous with Rama per la sua versione videoludica.

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    1. Si sognava ancora una fusione tra i vari media, che purtoppo si è persa o sviluppata in modo errato. Abbiamo sterili tie-in dall'una o dall'altra parte oppure storie suddivise in talmente tanti media diversi che diventa impossibile seguire tutto, cosa che avviene spesso con le opere giapponesi di successo.
      All'epoca in cui un videogioco di fantascienza la cosa più importante era la storia (per limiti tecnici), ecco che allora aveva senso chiamare a scriverla grandi nomi del genere. Ora, nel videogioco mainstream l'unica cosa che interessa è fare il gioco con la grafica più bella o l'area più grande da esplorare. Non è un caso se le storie più interessanti vengono raccontate nei videogiochi indipendenti, che però proprio perché sono indipendenti non possono permettersi di assoldare nomi noti alla scrittura (riuscendo comunque a creare cose bellissime in alcuni casi). Le poche eccezioni, come i giochi a cui mette mano Hideo Kojima, non fanno che confermare la regola.

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    2. E' un tema molto interessante quello che focalizzi. Per esempio quando mi capita di parlare di videogiochi dall'universo di Aliens mi sento sempre rispondere che il marchio costa così tanto che una volta comprato poi la casa non ha molto da investire nel reparto sceneggiature, anche se onestamente la storie di molti storici giochi alieni le trovo davvero ben concepite e studiate.
      Ecco che quindi partire da zero, senza usare un marchio per cui bisognerebbe pagare tanto, garantirebbe a un gioco una maggiore attenzione alla propria struttura narrativa, ma è anche vero che il marchio costa tanto perché ci sono milioni di fan nel mondo pronti a comprare qualsiasi cosa porti sopra quel marchio, fenomeno non garantito da un gioco "anonimo." Insomma, è un circolo vizioso da cui non se ne esce che in pochi casi...

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    3. Calcoliamo poi che al giorno d'oggi chiamare alla scrittura un autore famoso, pagandolo quindi quello che bisogna pagarlo, non garantirebbe un ritorno, visto che proprio perché arriva da un media diverso non è affatto detto che sia conosciuto nell'ambiente dei videogiocatori. Mi viene in mente Tom Clancy, ma sono pronto a scommettere che la grande maggioranza dei giocatori dei suoi videogiochi non hanno mai aperto un suo libro. E lo stesso vale per i libri da cui sono state tratte le saghe videoludiche di Metro 2033 e The Witcher, per i quali sono stati proprio i videogiochi a estendere la popolarità dei libri al di fuori del paese d'origine.

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  3. L'avevo giocato all'epoca, quando ancora la mia passione per le avventure punta e clicca era all'apice, e mi era piaciuto tantissimo per i temi adulti trattati, difficilmente rintracciabili in tanti videogiochi dell'epoca, compresi alcuni celebrati RPG (un esempio a caso, la saga di Final Fantasy...)

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    1. Sì, questo è decisamente un gioco "per adulti". Oggi i videogiochi mainstream "per adulti" al massimo hanno un sacco di sangue, per trovare giochi adulti nelle trame e nei temi trattati biosogna il più delle volte rivolgersi ai giochi indipendenti o comunque non alle grandi produzioni.

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