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Torniamo nel bizzarro mondo di Jojo, parlando dell'ottava serie del manga e di uno spin-off.
Jojolion (2011-2021)
Jojolion è l'ottava serie del manga Le bizzarre avventure di Jojo. Giusto per ricapitolare, qui parlai del manga in generale fino alla settima serie, e qui del film live action diretto da Takashi Miike.
Ho scoperto che, a partire dalla settima serie, Steel Ball Run, i capitoli di Jojo hanno iniziato a venire pubblicati su una rivista differente, da Weekly Shonen Jump a Ultra Jump magazine. Mentre la prima rivista era dedicata a un pubblico shōnen, cioè adolescenti (maschi), la seconda è per i seinen, cioè ragazzi (maschi) più grandi che però non possono ancora essere considerati adulti (tendenzialmente perché non hanno un lavoro). Il chè è avvenuto nel momento giusto, perché al termine della serie precedente, Stone Ocean, si verificava uno sconvolgimento temporale, per cui Steel ball run e seguenti sono ambientati in una realtà alternativa rispetto alle serie precedenti. Questo passaggio ha permesso ad Araki di spingere un po' di più sulla complessità delle sue trame (non che diventi Tolstoj).
Per quanto riguarda il titolo della serie, semplicemente Araki stavolta voleva inserire nel titolo la parola "jojo". Ha scoperto che in greco il suffisso -lion ha significato di vangelo, o parola di Dio. Jojolion, quindi, signifiva all'incirca "Il vangelo di Jojo".
Ma nella serie non c'è alcun riferimento religioso, quindi mi sa che semplicemente all'autore "suonava bene".
Jojolion è nuovamente ambientato a Mōrio-Cho, la stessa cittadina della quarta serie, che rimane la migliore fin'ora. Sono presenti riferimenti a quanto abbiamo visto in precedenza, sia nella quarta serie che nelle altre, ma la continuity non è mai stata il punto forte di Araki, e se aggiungiamo il fatto che siamo in un universo parallelo, i riferimenti alla fine aumentano solo la confusione.
Il protagonista è uno smemorato, che si risveglia in mezzo a una frana. Viene aiutato dalla famiglia che vive nei pressi e che gestisce un importante frutteto.
Anche stavolta gli stand non ci mettono molto a saltare fuori, addirittura i membri della famiglia ne sono tutti provvisti. A minacciare la tranquillità viene però inserito un nuovo elemento: addirittura una nuova razza umana, gli uomini roccia, tutti portatori di stand. E tutti danno la caccia a un frutto dai poteri miracolosi. Ma neanche poi tanto, se si guardano bene i suoi effetti...
Sebbene la trama sia in effetti più complessa rispetto alle serie precedenti e anche alla media dei fumetti giapponesi di combattimenti, anche stavolta il fulcro sono gli scontri con gli stand avversari. Ma parlare di combattimenti ormai è quasi improprio, perché non succede praticamente più che le questioni siano risolte semplicemente a cazzotti. Sì, il protagonista Josuke si lancia ogni tanto in una raffica di pugni urlando ORAORAORAORAORA!, ma appare più come un ripetersi del tormentone che ci ha accompagnato per tutte le serie, anche perché con queste raffiche di pugni non risolve quasi mai niente. No, questi stand sono per la maggior parte inadatti a un "semplice" combattimento, e quello che ne viene fuori sono scontri di poteri (che raggiungono sempre nuovi livelli di stranezza) e di astuzia. Vince chi riesce a trovare il modo migliore per sfruttare il suo potere in relazione all'ambiente che lo circonda.
Si nota che a volte Araki arranchi (giuro che il gioco di parole è casuale) nello sviluppo dei combattimenti e dei poteri. E' difficile inventarsi sempre problemi nuovi, e l'autore a volte deve piegare la logica andando a contraddire leggi che lui stesso ha creato per far uscire i suoi personaggi da situazioni pericolose. Essendo poi che i personaggi della famiglia siano quasi sempre presenti nella storia, sembra strano che utilizzino i loro poteri solo una o due volte, e non lo facciano più quando ne avrebbero di nuovo bisogno. Lo stand dello stesso protagonista, addirittura, all'inizio ha un potere secondario, le sue bolle di sapone oltre a contenere oggetti possono sottrarre "qualcosa" a ciò che toccano. Ad esempio sottrae il suono da un interruttore perché l'avversario non senta che l'ha abbassato. Questo potere viene utilizzato solo all'inizio del manga e poi dimenticato del tutto.
Per quanto riguarda i disegni, lo stile è quello: personaggi segaligni con vestiti assurdi, che spesso si mettono in pose allucinanti. Il protagonista in particolare sembra uscito direttamente da un qualche spot di Dolce & Gabbana. In generale i disegni mi sono sembrati più chiari e leggibili che nelle serie precedenti, in particolare rispetto a Speed ball run dove a volte erano davvero incomprensibili. Però mi sembra lo stesso che Araki stia perdendo qualcosa con l'età (è del 1960), i suoi personaggi oltre a pose assurde hanno anche fisici spesso deformi. In particolare quando ritratti da dietro, ho visto diversi sederi più larghi delle spalle, e non sto parlando di persone particolarmente grasse ma dei tizi pelle e ossa che disegna di solito Araki.
E certo che questo è uno di quei manga che è meglio leggere in digitale che su carta, per lo smodato uso di splash page su due facciate che costringerebbero a demolire tutti i volumi per riuscire a leggerle bene.
Insomma, non mi è piaciuto quanto la quarta serie, ma è comunque un'altra serie di Jojo e con tutti i suoi difetti l'ho adorata lo stesso.
Crazy Diamond's Demonic Heartbreak (2021-2023)
Le bizzarre avventure di Jojo: Crazy Diamond's Demonic Heartbreak, oltre ad avere un titolo davvero lunghissimo, è in realtà uno spin-off della saga, il secondo dopo Così parlò Rohan Kishibe. Tra l'altro ho letto anche quello, una serie di storielle horror niente male.
A differenza del primo spin-off, questo non è scritto e disegnato da Hirohiko Araki. Troviamo invece Kouhei Kadono (autore di una serie di light novel abbastanza nota in patria) ai testi e Tasuku Karasuma (autore e disegnatore di svariati manga che non conosco) ai disegni.
La vicenda si svolge nel lasso di tempo che intercorre tra la terza e la quarta serie di Jojo, e i protagonisti sono personaggi già conosciuti. Hol Horse e Boingo, dalla serie Stardust Crusaders, si recano a Morio-cho, sede delle storie di Diamond is Unbreakable, per cercare un pappagallo, un animale portatore di stand legato a Dio Brando in quanto addestrato dallo stesso addestratore di Pet Shop. Durante la ricerca si imbattono in Josuke Higashikata, protagonista di Diamond is Unbreakable, e in una cugina di Kakyoin, sconvolta dal senso di colpa per la morte del cugino. Seguono casini, e in pratica tutti e tre i volumi di cui è composto questo manga sono occupati da un lungo scontro a più riprese con lo stesso nemico.
Per quanto questo sia in tutto e per tutto uno spin-off ufficiale della saga, per tutti i tre volumi di cui è composto si ha la sensazione di stare leggendo una fanfiction. Perché della fanfiction ha molti elementi, come l'utilizzo di personaggi già noti, e il riproporre situazioni già viste.
Sì perché oltre ai personaggi a ritornare con prepotenza è Dio Brando, non come effettiva presenza ma nei ricordi evocati dallo stand del pappagallo. Ecco quindi che riviviamo alcuni momenti in cui svariati personaggi si erano trovati ad avere a che fare con Dio, con un accento posto sul senso di terrore assoluto che provavano in quei momenti.
Abbiamo poi alcuni elementi su cui Araki non insisteva mai che qui assumono maggiore importanza, quali un maggior approfondimento psicologico dei personaggi, anche tramite l'utilizzo di flashback. Approfondimento però diverse volte un po' fine a se stesso.
Ed è parecchio strano vedere questi personaggi disegnati da una mano diversa. I disegni non sono male, non conoscevo il disegnatore e ho cercato qualcosa su internet, e direi che ha cercato di avvicinarsi allo stile di Araki pur mantenendo intatto il proprio. Il risultato è un po' straniante, perché alle volte le "pose alla Jojo", le "camminate alla Jojo" e quelle cose lì sembrano semplicemente scimmiottare quelle di Araki, si vede che non sono proprie dell'autore.
Come dicevo, non sono mai riuscito a liberarmi dalla sensazione di stare leggendo una fanfiction, ma una di quelle ben fatte, quindi mi sono divertito.
Il Moro
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