venerdì 7 marzo 2014

John Doe

Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!

Roberto Recchioni è attualmente sulla cresta dell'onda. Ha scritto una storia di notevole successo di Dylan Dog, Mater Morbi, che ho recensito qui, ed è attualmente curatore del personaggio, con la promessa di un prossimo rilancio della testata. A me DYD non è mai piaciuto, quindi me ne frega poco.
In edicola ora trovate le uscite mensili di Orfani, di cui potete trovare i miei articoli dedicati qui.
Ma prima di approdare alla Bonelli Recchioni aveva scritto un interessante fumetto per una casa editrice "minore", in collaborazione con un altro autore.

Si parla di John Doe, serie a fumetti ideata da Roberto Recchioni e Lorenzo Bartoli, pubblicata da Eura Editore fino a settembre 2010 e continuata dall'Editoriale Aurea.


La serie si è recentemente conclusa con il numero 99, dal titolo Addio e grazie di niente. Non ci sono ancora arrivato, sono colpevolmente indietro con la lettura dei miei albi arretrati: ho appena concluso la seconda stagione.

La serie è senz'altro atipica nel panorama del fumetto italiano.
Il protagonista è fondamentalmente uno stronzo.
Non si crede nel dettame "si cambia tutto per non cambiare niente" tipico del fumetto seriale: qui i comprimari muoiono, i ruoli si invertono, i mondi si ribaltano.
Ci sono coraggiosi esperimenti, tutti ben riusciti, di metafumetto (per i non addetti, è quello che succede quando il mondo reale penetra nella finzione. Per esempio quando il personaggio rompe la quarta parete e si rivolge direttamente al lettore/spettatore - ricordate Bugs Bunny che ammicca verso lo schermo quando sta per combinarne qualcuna? - o, in questo caso specifico, facendo incontrare l'autore e il suo personaggio).



E' un fumetto che dovrebbe essere surreale, a leggere la trama. Invece riesce a infondere in divinità e varie entità trascendenti caratteristiche umane, senza mai che sembrino "fuori luogo". Lo stesso dicasi per l'ambientazione, che sembra folle e visionaria e invece rimane solidamente ancorata ai vincoli della logica. Senza contare un geniale utilizzo degli archetipi e degli stereotipi.
Ed è scritto dannatamente bene.

Gli autori dividono la loro serie in stagioni, di 24 numeri ciascuna.

Nella prima stagione John Doe è un semplice umano con un lavoro molto particolare: è il direttore della Trapassati Inc., l'agenzia di Morte sulla Terra. Insieme ai suoi collaboratori controlla che tutte le morti avvengano nei modi e nei tempi stabiliti dall'entità nota come Fato e dal Grande Capo. I suoi diretti superiori sono i quattro cavalieri dell'apocalisse, guidati da Morte in persona.
John Doe viene però a sapere che Morte ha "imbrogliato sulle cifre", risparmiando la vita a un mucchio di persone per rimpinguare il suo personale esercito nel giorno del giudizio. In vista di una revisione dei conti da parte degli uffici delle Alte Sfere, per nascondere l'ammanco Morte organizza una devastazione in grande stile, in grado di procurarle milioni di nuove morti che vadano a coprire il "buco". John Doe scopre il suo piano, le ruba la Falce dell'Olocausto senza la quale non può mietere grandi numeri di vittime in un sol colpo, e scappa.
La serie diventa quindi un susseguirsi di avventure "on the road" (che omaggiano numerosi film e telefilm degli anni '70)sulle polverose strade americane,
con John Doe in continua fuga grazie anche all'aiuto di numerose entità amiche, e morte e i suoi cavalieri dell'apocalisse implacabilmente sulle sue tracce.


Occhio, che sulla seconda stagione fioccano gli SPOILER!

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Nella seconda stagione John ha sconfitto Morte, prendendo il suo posto come "fine di tutte le cose".
Il lavoro sembra andare bene per John Doe, che vi si dedica con professionalità ed efficienza, creando cavalieri dell'apocalisse nuovi di zecca e sostituendo le falci con una katana che fa molto Tarantino.
La Morte precedente, però, non è morta (scusate il gioco di parole), si è solo trasformata in una semplice umana. E aspetta un figlio da John Doe.
Con la complicità dell'ex amante di John, Tempo, l'originale Morte e il figlio Mordred (che ha poteri simili a quelli del padre e il viso di Brad Pitt) cospireranno per uccidere il protagonista e creare un loro regno nel mondo.
La seconda stagione perde la sua struttura "on the road" per acquisire una continuity più serrata. Insieme alla sua natura, in John Doe cambia anche l'indole: se prima era solo uno stronzo approfittatore, ora è un maledetto bastardo, che in diversi momenti arriva ad ammettere che il suo lavoro, uccidere, gli piace. Siamo sempre più lontani dagli stereotipi bonelliani degli eroi dei fumetti.
Arriveremo, ad un certo punto, a tifare più per i suoi avversari della Nuovo mattino che per lui.

Tra parentesi: nell'ultimo numero della stagione, siete in grado di riconoscere il prete che officia il matrimonio? ;-)

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Chi non ha letto la parte precedente per paura degli SPOILER ora può tornare tra noi!

La seconda stagione mi ha preso un po' meno della prima, soprattutto nei numeri centrali. Ma rimane comunque un'ottima lettura.
La terza e la quarta seguiranno al più presto.

La qualità della scrittura è sempre alta, anche se ovviamente non tutti i numeri possono essere allo stesso livello.


Una cosa che non mi piace molto sono i disegni: a parte rare eccezioni, li ho trovati sempre sotto la media per il fumetto italiano. Danno l'impressione di essere sbrigativi, tirati giù in fretta per far uscire gli albi in edicola. E vale per quasi tutti i disegnatori.
Può darsi che sia voluto, per dare un'impronta più "surreale" alla serie, con disegni essenziali e non necessariamente "realistici", e immagino che si sia anche voluto lasciare ai vari atisti la massima libertà d'interpretazione. Ma così è spesso difficile riconoscere i personaggi da un numero all'altro, e in alcuni casi anche all'interno dello stesso numero.


Eccezione la fanno le splendide copertine di Massimo Carnevale, che vedete sparse qui in giro, vere e proprie opere d'arte. A mio parere, le copertine migliori mai realizzate per una serie a fumetti italiana (per me, superiori anche a quelle della superstar Gabriele Dell'Otto per David Murphy 911  e a quelle "dipinte" di Francesco Gamba per Il piccolo ranger).

Il crossover con Dago...

Oltre alla serie regolare, la rivista Skorpio  ha pubblicato una serie spin-off, con storie di John Doe ambientate nel periodo in cui era ancora direttore della Trapassati Inc., prima dell'inizio della serie. Qui l'elenco dei numeri in coi compare. Le storie sono state raccolte nei volumi n. 62 e 72 della collana-raccoglitore dell'Eura I giganti dell'avventura.


E quello con Detective Dante.

Se vi capita sottomano, non esitate a procurarvelo.

-EDIT-
Letta anche la terza stagione, l'ultima edita dall'Eura Editoriale. Una prima parte dichiaratamente ispirata al vecchio telefilm di Hulk, con un John Doe senza memoria che torna sulla strada in un mondo dove nessuno può morire. La prima parte va avanti con episodi uniti da un collegamento labile: non si possono leggere in ordine diverso da quello di pubblicazione, per dire, ma sono comunque episodi a sè stanti, nei quali John viaggia per questo mondo futuro che assomiglia a uno scenario post-apocalittico, rimanendo coinvolto in ogni genere di guaio e risolvendolo, di solito, liberando il dio della Morte che dimora in lui. Fino a quando non recupererà la memoria, e allora la continuity si farà più serrata... ma niente spoiler.
La mia stagione preferita rimane la prima, ma anche questa riesce a emozionare, con momenti davvero alti e una qualità dei disegni generalmente migliorata. Ottima lettura.


Il Moro

4 commenti:

  1. Non ho letto tanti numeri, ma qualcosa sì... ed è stupendo!

    Moz-

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  2. Ho letto una ventina di numeri. Mi piacque molto.
    Poi non vi parlo dell'amore che ho per Recchione, sennò finisco per ripetermi sempre

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Recchioni mi è piaciuto molto su John Doe (per il quale non bisogna comunque dimenticare che è scritto a quattro mani con Lorenzo Bartoli - a questo proposito, a un personaggio di un mio racconto per 2MM avevo dato nome Roberto Bartoli apposta per omaggiare questi due autori...), di meno sul paio di suoi numeri di Dylan Dog che ho letto. Quello che penso di orfani si trova sparso in queste pagine, ma riassumendo dopo tre numeri deludenti secondo me sta diventando molto interessante.
      Il Moro

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