Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Come ho già fatto altre volte, raccolgo in questo articolo le opinioni che ho scritto sul forum Zagortenay riguardo alle ultime storie uscite, modificandole un po' per renderle fruibili anche per chi non è un abituale frequentatore del forum in questione e quindi magari non ha già letto i volumi di cui si parla o non conosce a menadito la storia di Zagor.
Zagor Più n. 13: Le storie di Trampy
Devo ammettere che gli Zagor Più con le storie brevi sono le pubblicazioni zagoriane che aspetto con maggior piacere da qualche tempo a questa parte, unica occasione per portare qualcosa di nuovo in una serie che vive troppo di nostalgia. Ma temo che anche questo stia finendo.
Come gli altri volumi simili, anche qui c'è una storia cornice con un personaggio che racconta e una serie di storie brevi da una quarantina di pagine l'una. La storia cornice è basilare, Trampy che racconta storie su Zagor a un interlocutore sperando di scroccargli il pranzo, con qualche gag che non fa molto ridere.
Il segreto di Olympia di Marolla e Bisi
Torna l'acclamata coppia che ci ha regalato la splendida Zombi a Darkwood. Questa volta siamo nel campo dell'horror/weird, con una spettrale cittadina in cui si muovono inquietanti automi.
Come spesso accade, uno spunto che sarebbe stato perfetto per una storia lunga almeno un albo o uno speciale viene forse giudicata troppo "diversa" dagli stilemi della serie, finendo sacrificata in quaranta pagine. Con il doppio dello spazio a disposizione si sarebbe potuto dedicare più tempo a esplorare l'inquietante cittadina deserta, approfondire i personaggi secondari e aggiungere altri automi. In queste poche pagine, invece, la sensazione è quella dell'ennesimo "spreco" di un ottimo spunto che avrebbe potuto dare vita a una storia grandiosa. E' colpa dell'editore che ha paura di pubblicare storie un po' diverse dal solito, o dei lettori che chiedono di rileggere sempre le stesse cose?
Il segreto di Olympia è una storia che rimane più bella nella mente e nel ricordo del lettore che si diverte a immaginare come avrebbe potuto essere, mentre risulta troppo frettolosa nel momento in cui la si legge.
Un vero Eroe di Mignacco e Merati
Particolarità di questa storia è di essere stata disegnata da un grande vecchio come Luigi merati (classe 1944), con alle spalle decenni di attività. Qualche anno fa Merati mi contattò chiedendomi se avevo voglia di mandargli una sceneggiatura di una storia western da poter disegnare. Si vede che in quel periodo era piuttosto disperato... 🤣
Gli mandai una prima bozza, ma non mi rispose mai. Chissà, forse non era ancora "abbastanza" disperato!
Da un disegnatore di vecchia scuola come Merati non possiamo che aspettarci un disegno di stampo classico che più classico non si può, adatto a una classica storia western di assedio, senza nessun particolare guizzo o pretesa, se non quella di intrattenere. Ci riesce bene, ma non fa niente di più. Complimenti comunque a Merati per come alla sua età riesce ancora a tenere la matita in mano.
La locanda nella foresta, di Eccher e Candita
Storia western abbastanza interessante con una buona serie di ribaltamenti di prospettiva. Disegni discreti.
L’assassino è tra noi, di Burattini e Mandacini
Un "giallo da camera" in versione foresta di Darkwood. La vicenda è interessante, peccato che la conclusione sia facilmente intuibile. Splendidi i disegni di Patrizia Mandacini, che è riuscita a passare senza problemi dalla giungla urbana e fantascientifica di Legs a quella vera di Zagor.
Nel complesso, il livello delle storie è discreto, si lasciano tutte leggere, ma a latitare in questo Zagor Più con storie brevi è proprio quel senso di innovazione e sperimentazione di cui parlavo all'inizio. Di quattro storie (più la cornice) l'unica a discostarsi, ma non poi di tanto, dallo schema classico è quella di Marolla e Bisi, che però ha il sapore di un'occasione sprecata.
Purtroppo, più che dedicarlo alla sperimentazione, sembra sempre di più che lo Zagor Più serva a far provare disegnatori nuovi, ci sono anche delle dichiarazioni di Burattini che lo confermano. Ma le prove ve le dovreste fare all'interno della casa editrice, non venderle al pubblico!
Questo modo di pensare squalifica la collana, che invece di avere una propria identità e differenziarsi così dalle altre si ritrova a essere un banale banco di prova per disegnatori o un modo di avere "ospiti d'onore" senza costringerli a disegnare o scrivere una storia lunga. Purtroppo questo significa storie spesso banali, buttate giù solo per dare qualcosa da disegnare ai disegnatori, in cui la brevità invece di essere una caratteristica distintiva diventa un ostacolo. Abbiamo infatti storie scritte con lo stesso stile di quelle più lunghe, solo che succedono meno cose, o storie che sembrano bignami di storie più lunghe. Tre su quattro storie di questo volume sembrano avere la lunghezza giusta, ma allo stesso tempo sono storie senza infamia e senza lode, scritte con mestiere ma senza passione. Sono sicuro che queste tre me le dimenticherò in pochissimo tempo, mentre a restarmi più impressa sarà quella di Marolla e Bisi, che non aveva la lunghezza giusta ma almeno aveva una buona idea.
Mi aspetto qualcosa di diverso dallo Zagor Più, e spero che si decida di tornare a dargli una caratterizzazione particolare, a inserire storie sperimentali, diverse, magari non canoniche, ma non per questo "minori". Perché di comprare i provini dei disegnatori mi sto un po' stancando, io, che sono un sostenitore delle storie brevi dalla prima ora.
Zagor N. 708 bis, Il Giudizio degli dei
Quello che penso di tutti questi numeri speciali l'ho già detto altre volte: sono troppi. Qui tra speciali (2 all'anno), Zagor più (4 all'anno), color (2 all'anno), bis (uno all'anno), volumetti a striscia e quant'altro escono quasi due volumi al mese. Capisco che ci siano dei lettori che comprano solo gli speciali (io lo faccio con Tex!), ma chi vuole seguire un personaggio in tutte le sue uscite arranca. E anche questa cosa di comprare solo gli speciali, se gli speciali diventano troppi alla fine i lettori occasionali cominciano a scegliere anche tra quelli (come faccio già con Tex, in effetti).
Va beh, perdonate lo sfogo e torniamo a bomba. Anche stavolta come nel precedente Zagor Bis abbiamo un unico autore per testi e disegni, in questo caso il veterano Giuliano Piccininno, pratica assolutamente normale nel mercato del fumetto orientale ma che in occidente fa ancora notizia.
Piccininno ci consegna una storia priva di particolari guizzi narrativi, ma che ben si inserisce nella tradizione zagoriana andando a ripescare vecchi stilemi narrativi. Un pittore proveniente dall'est che si è perso tra le montagne della frontiera, una storia con sentore di già visto ma che può comunque dire ancora la sua se ben raccontata, e questo è proprio quel caso. Abbiamo spazio per delle gag di Cico discrete, e per una tribù indiana con credenze particolari, con Zagor che deve fare i salti mortali per non offendere la loro religione.
Una storia priva di particolari punti d'interesse, come dicevo, ma comunque piacevole da leggere grazie anche a degli ottimi disegni. Niente che possa rimanere nella memoria, comunque.
Color Zagor n. 19: La Belva di Amanur, di Russo e Venturi
Caratteristica della collana Color Zagor, oltre al colore, è presentare un comprimario importante, quasi sempre un "ripescaggio" di compagni d'avventure cliassici dalla saga zagoriana. Questa volta l'ospite d'onore è Ramath il fachiro, membro della ciurma di Fishleg e già presente in diverse storie con ruoli importanti.
Bello l'inizio quando si introduce il cattivo, che sembra uno davvero tosto, peccato che più avanti si sgonfi parecchio risultando molto meno pericoloso di quanto lasciava a intendere.
La storia del villaggio distrutto dai soldati non è di certo una novità, ma stavolta ci ho visto una mezza occasione sprecata, perché ci sarebbe stato un modo di sfruttare proprio il fatto che fosse una storia già sentita: mentre Ramath raccontava del suo villaggio, mi è venuto naturale immaginare Zagor che saltava su e partiva con una delle sue filippiche, quei discorsi e riflessioni rabbiose su quanto l'umanità faccia schifo che gli suscitava l'indignazione ai tempi di Nolitta, al sentire di una vicenda di un paese così lontano dal suo ma che egli ha vissuto più volte in prima persona, in vari villaggi indiani distrutti dai soldati. E magari interrompersi poi di colpo con sguardo cubo e malinconico, quando si fosse reso conto che anche lui, prima di diventare Zagor, aveva quasi distrutto il villaggio degli Abenaki di Solomon Kinsky. Invece Zagor qui è rimasto calmo e imperturbabile (e immagino che la colpa sia anche del numero limitato di pagine a disposizione). Mi rendo conto che mi manca quello Zagor più sanguigno e spontaneo, questo ormai sembra che faccia l'eroe di mestiere, stesso coinvolgimento emotivo.
E poi, lo scontro finale: hai Ramath il fachiro, quello che può proiettare il suo spirito fuori dal suo corpo e creare illusioni, e gli fai fare lo scontro col suo nemico a pugni?! Ma dai (tra l'altro, la posa con il ginocchio sollevato potrebbe essere una vaga citazione di Dalshim, che in alcuni episodi di Street Fighter usa pose simili).
Ciò non toglie che la storia abbia un buon ritmo e sia piacevole da leggere, ma le manca quel guizzo. Un'altra storia nella media che avrebbe potuto essere migliore con qualche attenzione in più.
Il Moro
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- Le mie "opinioni in pillole" sulle storie di Zagor
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- Zagor: attacco a Darkwood. Recensione di un videogioco che non esiste
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- Supermike contro Il Tessitore (storia a bivi)
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