martedì 25 marzo 2025

La città proibita, l'urlo di Chen ritorna a terrorizzare l'occidente


La città proibita Mainetti recensione

Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!

Temevo di non riuscire a vedere questo film al cinema, ma per fortuna una sala dalle mie parti alla fine ha deciso di metterlo, anche se una settimana in ritardo. Già, perché ci tenevo, perché a volte si devono sostenere i film anche solo per il coraggio che hanno, il coraggio di fare "cose che normalmente in Italia non si fanno", ma che solo se hanno successo possono sperare di inaugurare un trend che possa tirare il cinema italiano fuori dal pantano in cui si trova.
Fortunatamente, non ho bisogno di consigliarvi di andare a vedere La Città Proibita perché così sostenete un certo modo di fare cinema in Italia: posso permettermi di consigliarvelo perché è davvero un bel film. Farò di più, sprecando per La Città Proibita il più grande complimento che si può fare a un film italiano: non sembra un film italiano. Non c'è praticamente una sola inquadratura che sembri il tipico film italiano, basti dire che nemmeno per un momento mi è venuto in mente René Ferretti che grida "Biascica, apri tutto", cosa che mi succede quasi sempre.

Presumo che la storia sia ormai risaputa: dopo aver portato per due volte i film di supereroi in territorio italiano, questa volta Mainetti cambia genere e ci porta i film di menare cinesi, tecnicamente detti "gongfu" o anche "gongfupian", da non confondere con i "wuxiapian" che sono quelli in cui i maestri di arti marziali svolazzano in giro (La tigre e il dragone, La foresta dei pugnali volantiHero...), parliamo piuttosto dei film di Bruce Lee ed emuli vari. Tutto questo però senza perdere di vista l'italianità: l'urlo di Chen è tornato a terrorizzare l'occidente, di nuovo. E di nuovo a Roma, per giunta, senza nemmeno un Chuck Norris a cercare di contenerlo.

La città proibita Mainetti recensione

Mainetti in pratica gira due film: un feroce film di mazzate e vendetta, del genere ritornato in voga grazie a The Raid ed elevato al successo planetario grazie a John Wick, e un più pacato dramma italiano che parla di povertà e delinquenza, perfettamente amalgamati.
Se vogliamo trovargli dei difetti, devo dire che forse avrei preferito qualche combattimento in più, ma credo che oltre a dover gestire eventuali problemi di budget Mainetti abbia anche voluto mantenere l'equilibrio tra i due "generi". 

La città proibita Mainetti recensione
C'è addirittura tempo per lanciarsi in una breve parodia di La dolce vita

I combattimenti, però, sono semplicemente grandiosi. Bellissime coreografie interpretae alla grande dall'attrice Yaxi Liu che in realtà fin'ora ha lavorato come stuntwoman e stunt coordinator. Il progetto più grosso a cui ha preso parte è stato probabilmente il live action di Mulan, appunto come stuntwoman della protagonista. Oltretutto se la cava bene anche come attrice, sfoggiando un'espressività che Keanu Reeves probabilmente non ha mai avuto. La decisione di prendere una professionista invece di insegnare a un'attrice a tirare due pugnetti per finta come in tutti i cloni di John Wick è stata decisamente un'idea vincente, tanto da rendere quasi credibile che riesca a stendere decide di avversari grossi il triplo di lei. Certamente più credibile che vedere Keanu Reeves fare la stessa cosa, almeno  (ma perché ce l'ho tanto con Keanu Reeves, oggi?). E la regia di questi combattimenti è chiaramente eseguìta da qualcuno che sa tenere in mano una macchina da presa, rendendo le scene d'azione chiare e spettacolari pur senza indulgere in virtuosismi quali i lunghi piani sequenza che abbiamo visto in altri film johnwickeschi. Ho sicuramente visto "veri" film di menare cinesi con combattimenti peggiori.

La città proibita Mainetti recensione
Questa non ho capito se è una citazione a Kung fu panda o si tratta di un'architettura tipica.


La parte più "italiana" del film ha anch'essa un intreccio interessante, anche se sembra di più un film "normale". Il difetto, qui, è un altro: che 'sti romani pensano che tutta l'Italia debba capirli perfettamente. Mi sono lamentato di questa cosa già con i precedenti film di Mainetti e devo farlo anche stavolta, ci sarebbero voluti i sottotitoli anche nelle parti in romanesco e non solo in quelle in cinese. È vero che se avessero parlato tutti un italiano preciso non sarebbe stato realistico e ti avrebbe "tirato fuori" dall'ambientazione, ma anche un po' meno stretto, ragazzi miei. Il personaggio di Annibale, interpretato da Marco Giallini, oltre al romanesco stretto ha pure la voce roca e biascicata, tanto che ogni volta che apriva bocca mi sembrava di sentire Telespalla Bob che calpesta i rastrelli. 

Un'altra cosa che probabilmente possono capire solo i romani è cosa diavolo fossero quei tunnel in cui andavano avanti e indietro con i muletti. Che sotto roma ci sia tutta una serie di tunnel di servizio per ristoranti e negozi? Chi sa, si palesi.

Si nota anche come sia un film molto multietnico, ma in cui la multietnicità non sembra del tutto forzata e atta a mandare un messaggio come avviene nei film americani, ma una rappresentazione realistica di come è davvero una certa parte di Roma. Anche in questo Mainetti da lezioni ai cineasti americani con tutti i loro milioni di dollari.
A proposito di soldi, il film è costato 17 milioni di euro, contro i 13 di Freaks Out e gli 1,7 di Lo chiamavano Jeeg Robot.
Spero che incassi un botto e porti a Mainetti e a tutta la sua troupe dei riconoscimenti ufficiali, oltre all'amore del pubblico che ama il cinema di genere. E voi andate tutti a vederlo, si merita i soldi del vostro biglietto.

Il Moro

2 commenti:

  1. Amato, per tante ragioni e chi si sta lamentando di un film così, ragazzi, non so cosa si possa volere di più, sono titoli così per cui merita andare in sala ;-) Cheers

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