Ico è un gioco molto particolare, o almeno lo era al momento dell'uscita.
Inizia con un bambino con le corna che viene portato in un castello e rinchiuso in una specie di bara di metallo. A quanto pare, questo è il destino di tutti i bambini che nascono con le corna, nel suo villaggio.
Per un caso fortuito però lui riesce a liberarsi, e inizia a esplorare l'immenso e apparentemente vuoto castello in cui si trova, in cerca di una via d'uscita.
Quasi subito incontra una ragazza, anch'essa prigioniera (ma senza corna), e decide di aiutarla così che possano uscire da quel luogo misterioso insieme.
Questa è l'essenza del gameplay: la ragazza in questione, Yorda, sembra un po' rimbambita e ha doti atletiche quasi nulle, quindi sarà necessario aiutarla in ogni frangente, quali salire dei dislivelli o saltare dei crepacci. E' anche piuttosto lenta, quindi dovremo sempre aspettarla e chiamarla con l'apposito tasto, oppure tenerla costantemente per mano e tirarla.
E ci toccherà anche difenderla: il castello è immane, pieno di stanze vuote e strani macchinari, apparentemente progettato da un architetto completamente pazzo, e già di per sé si tratta di una struttura alienante nella sua stranezza e nella terribile sensazione di soltudine che emana. Ma, se è vero che oltre a noi e alla ragazza in quelle stanze contorte non si incontra mai nessuno, è anche vero che il castello non è davvero disabitato: di quando in quando, e ogni volta che andremo troppo avanti lasciando da sola la ragazza, questa verrà assalita da degli spaventosi esseri d'ombra, che cercheranno di trascinarla con loro nei pozzi d'oscurità da cui sono usciti. Tocca a noi difenderla allontanando gli esseri d'ombra a bastonate. Per fortuna non sono molto forti, ma d'altro canto il nostro protagonista è solo un bambino e più che mulinare il suo bastone in giro non può fare, quindi a volte possono darci parecchio filo da torcere.
Il gioco conta moltissimo sull'atmosfera alienante dell'immenso castello vuoto e sul rapporto che si crea con la ragazza. E' talmente tenera e indifesa che anche noi giocatori vogliamo salvarla, il doverla aiutare continuamente crea un rapporto empatico profondo e ci terremo davvero a lei. Come il nostro protagonista, anche lei è intrappolata in quanto diversa, odiata da tutti, e a questo punto l'unica speranza di felicità può essere insieme, affrontare ciò che il mondo tira loro addosso e crearsi da sé un futuro.
Ma quelli che sono i punti di forza possono diventare anche delle debolezze. Perché questo castello è davvero "troppo" vuoto e con architetture senza senso, non c'è alcuna mobilia, alcuna decorazione, e tutto ciò che si trova lungo il nostro cammino che non siano muri e pavimenti fa parte degli enigmi ambientali che dobbiamo risolvere per andare avanti. Diventa troppo evidente che siamo dentro un videogioco, che tutto ruota intorno al gameplay, e ne risente un po' la sospensione dell'incredulità.
E anche per quanto riguarda la ragazza, a seconda della nostra indole, invece di affezionarci a lei potremmo iniziare presto a odiare profondamente quella maledetta palla al piede.
ICO è arrivato in un momento in cui non c'era nient'altro del genere in circolazione. Pochissimi dialoghi, spesso pronunciati in una lingua incomprensibile, fanno sì che tutta la narrazione sia affidata alle immagini e alle sensazioni. Non che ci sia tutta questa trama, per il novanta per cento del tempo si continua ad avanzare un enigma ambientale dietro l'altro in mezzo ad architetture surreali, ma quella poca è narrata senza bisogno di parole.
Capisco quindi come abbia potuto assurgere al titolo di gioco di culto quando è uscito, ma ormai, secondo me, mostra gli anni, almeno dal punto di vista tecnico.
La Playstation 2 ha avuto giochi graficamente migliori, le texture sono spesso poverelle e tutto risulta tremendamente squadrato, probabilmente perché l'inizio dello sviluppo del gioco è avvenuto su PS1. Viene comunque salvata da notevoli effetti di luce e scorci spettacolari di paesaggio che si scorgono ogni tanto. Quando si muove da sola la telecamera è in grado di offrirci riprese e visuali incredibili, architetture maestose che si perdono in lontananza, giochi di luce sui bastioni e sulle torri, ma capita spesso e volentieri che non ci mostri l'ambiente in cui ci troviamo per intero, costringendoci a girare qua e là come matti per essere sicuri di aver visto tutto. Del tutto inutile cercare di muoverla per conto nostro, quando ci proviamo se ne va per i fatti suoi mostrandoci o il cielo o il pavimento, e nient'altro. Al massimo si riesce a fissarla sulla ragazza, quando è lontana.
Un altro problema che oggi apparirebbe piuttosto grave e l'eccessiva distanza tra i punti di salvataggio, che spesso costringe a rifare pezzi anche molto lunghi.
Ico è considerato un capolavoro, e giustamente. Ma, giocato oggi, a 22 anni di distanza dalla sua uscita (due o tre ere geologiche, in campo videoludico), perde parte del suo fascino. Non so come sia l'edizione rimasterizzata uscita per PS3 nel 2011, ma dai video di confronto su YouTube mi sembra che abbia solo la grafica più definita e non siano state apportate altre modifiche. Non so se riempire di più le stanze di mobilia avrebbe giovato al gioco, quest'aria surreale fa parte del fascino, ma almeno metterci altri macchinari e congegni oltre a quelli con cui dobbiamo per forza interagire, sfondi un po' più ricchi di semplici muri di mattoni, ecco, quello secondo me ci sarebbe stato bene. E risolvere le magagne della telecamera quando viene gestita dal giocatore.
Dopo aver riletto quanto sopra mi rendo conto che quello che ho scritto potrebbe attirarmi strali da qualcuno, quindi vorrei approfondire un momento. La "povertà" dell'ambientazione potrebbe anche essere un effetto voluto. Un castello enorme, con niente dentro, costruito in un modo assurdo. Un'immensa magione per un solo abitante, chiaramente pazzo, che probabilmente non ha nemmeno i bisogni dei mortali quindi non ha nessuna necessità di mobili o decorazioni, voleva solo un monumento alla sua potenza visibile da lontano. Va bene, se riusciamo a entrare nel mood e nell'atmosfera fiabesca che probabilmente si è voluto evocare. Il punto è che, girando per il castello, io non sono riuscito a entrare in questo mood, perché troppo evidente mi sembrava che tutto quello che non era funzionale al gameplay era semplicemente assente. Cioè, in un gioco sportivo deve esserci il pubblico che grida. In un platform, dobbiamo intravedere sul fondale scorci del mondo in cui ci troviamo. A meno che non stiamo parlando di un gioco preistorico per MSX, molti dei quali erano senza sfondi o quasi, ci deve essere un qualcosa di contorno. Poi oh, che volete che vi dica, sarà colpa mia che ho il cuore di pietra.
Dopo aver finito il gioco se lo si ricomincia si capiscono le parole di Yorda, e c'è un finale leggermente diverso. I motivi per rigiocare c'erano, quindi, all'epoca. Oggi è più facile fare una ricerca su internet invece di rigiocarsi il gioco dall'inizio, che può essere un po' palloso visto che non cambia quasi nulla, Yorda parla comunque pochissimo e il secondo finale è davvero inutile.
Il Moro
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Ho pubblicato diverse compilation di videogiochi, videogiochi cioè accomunati da un tema particolare. Ad esempio tutti i videogiochi dove compare un particolare attore o personaggio, o seguiti più o meno apocrifi di un videogioco classico, e altre. Alcune sono "elenchi ragionati", altre veri e propri approfondimenti sul tema. Le trovate tutte a questo link.
Ricordo che ne avevano parlato piuttosto bene le riviste che prendevo in quegli anni ma non mi decisi a prenderlo, avevo altri gusti. Oggi non ci penserei due volte, sa molto di indie riuscito. Peccato sia invecchiato male.
RispondiEliminaLa telecamera automatica la preferisco ma meglio quando è fissa, perché se poi esce fuori come questa, diventa un difetto non da poco.
La telecamera ogni tanto regala dei begli scorci, ma quando cerchi di guardarti intorno per capire cosa fare non riesce a fare altro che generare borbottii del tipo "ma guarda 'sta stracazzo di telecamera...."
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