Particolare questo I declare war,
film canadese del 2012, scritto e diretto da Jason Lapeyre e
co-diretto da Robert Wilson.
Un gruppo di
ragazzini si ritrova un pomeriggio per giocare a un particolare gioco
di guerra.
Campo da gioco: un
boschetto che ai loro occhi diventa una foresta equatoriale.
Armi: modellini
artigianali, costruiti con legno e nastro adesivo, che ai loro occhi
diventano fucili automatici, pistole e balestre.
Regole: ogni
squadra ha un generale, un campo base e una bandiera. Vince chi
riesce a scoprire dove si trova il campo base avversario e a prendere
la sua bandiera. Chi viene colpito da un'arma deve rimanere a terra
contando fino a dieci, e viene considerato morto (e deve uscire dal
gioco e tornarsene a casa) solo se colpito da una “granata”,
ovvero un gavettone di vernice rossa.
Questi ragazzini prendono il gioco maledettamente sul serio. Le loro armi saranno anche pezzi di legno, eppure nelle loro mani diventano davvero fucili da guerra orribili da vedere nelle mani di ragazzini. Faranno anche solo “bang bang” con la bocca, ma sentono il rumore degli spari e l'odore della polvere. Credono davvero in quello che fanno, e quello che fanno è la guerra.
Il generale P.K. ci
tiene talmente tanto a non interrompere la sua catena di vittorie da
essere disposto a sacrificare qualunque cosa. Il suo nemico, il
rabbioso Skinner, lo odia al punto da piegare le regole a suo
vantaggio e comportarsi slealmente per batterlo. E la bella Jess ha
dei motivi tutti suoi.
Ma sono comunque
dei ragazzini, e le motivazioni che li muovono sono motivazioni da
ragazzini.
E le emozioni che
provano sono quelle, assolute e senza appello, dei ragazzini.
Il regista ci mostra tutto questo tramite gli occhi dei ragazzini, e quindi anche noi vedremo le esplosioni e sentiremo il rumore degli spari.
Un film surreale,
con questi ragazzini che fanno gli adulti, che danno un'eccezionale
importanza al concetto di “miglior amico” e allo stesso tempo
tramano piani complessi e si lasciano andare a odii degni dei cattivi
dei film di guerra.
Ci si chiederà più
volte “ma stanno davvero giocando”?
Il film parla
dell'immensa immaginazione dei ragazzini e della violenza che covano,
oltre che della forza delle loro emozioni. E c'è anche un sottotesto
su Dio e la religiosità, che in effetti non c'entra molto, ma è
comunque uno spunto in più.
Un film
interessante, quindi, ben realizzato con quelle quattro lire, e
addirittura ben recitato dai giovani attori, soprattutto quello che
interpreta Skinner. Merita, dategli un'occhiata.
Il Moro
Ooooh questa è una segnalazione super-gagliarda! Mi piace tantissimo l'idea, da vecchio amante del Signore delle Mosche, e mi segno assolutamente il titolo! ^_^
RispondiEliminaBravo! ;-)
EliminaLo amo già solo dalla tua recensione.
RispondiEliminaOra andrò a caccia di questo film, grazie mille, Moro *__*
Moz-
Sempre a disposizione! ;-)
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