martedì 17 maggio 2016

La casa dalle finestre nere, di Clifford D. Simak - Recensione

recensioneSalve a tutti, è Il Moro che vi parla!

Di fronte a gente come Clifford Simak o Theodore Sturgeon, umili aspiranti scribacchini come me possono solo chinare la testa e chiedere scusa per averci provato.
E poi continuare a provarci lo stesso, ovviamente.

La casa dalle finestre nere è un altro esempio della maestria del più poetico tra gli autori di fantascienza.

C'è una misteriosa casa in aperta campagna, dove vive solitario un reduce della guerra di secessione. l'uomo dovrebbe avere 132 anni, ma ne dimostra meno di quaranta. E, poco distante, vicino alle tombe dei suoi genitori, c'è una terza lapide con una scritta in una lingua che non si è mai sentita sulla Terra...

Il mistero è svelato presto: Enoch è stato scelto dalla comunità galattica per gestire la stazione di scambio del servizio di teletrasporto galattico. Qui riceve i visitatori che si fermano presso di lui per brevi periodi, imparando sempre qualcosa in più dell'immenso universo in cui viviamo. Grazie a loro impara anche a comprendere meglio i suoi simili, e capisce ben presto, con certezza matematica, che il mondo è sull'orlo della catastrofe nucleare.


recensione
La casa dalle finestre nere, anche noto come Qui si raccolgono le stelle, uscì nel 1963, in piena guerra fredda, quando sembrava che dovessero piovere bombe da un momento all'altro. E questa sensazione è ben presente nel libro, come una spada di Damocle che incombe sulla testa del protagonista, un uomo che, nonostante le sue conoscenze superiori a chiunque altro al mondo, non riesce a fare nulla per arrestare la tragedia incombente.

La casa dalle finestre nere - Clifford D. Simak

Il romanzo parla di temi semplici, se vogliamo, ma sempre attuali, se non vogliamo fare gli intellettuali: fratellanza e amicizia tra diversi.

Se può esserci fratellanza tra esseri spaziali talmente diversi tra loro da non appartenere nemmeno tutti al regno animale, com'è possibile che ci sia tutto questo odio tra gli umani?

Eppure, nemmeno nell'avanzatissima civiltà galattica tutto è perfetto. Invidie e pregiudizi possono nascondersi ovunque.


recensione

Il libro è pervaso di una forte malinconia, ma allo stesso tempo riesce a trasmettere una grande sensazione di speranza. E sono presenti tutti principali filoni della fantascienza simakiana, quali alieni migliori degli umani, solitudine contrapposta al senso di appartenenza a qualcosa di più grande, la paura del diverso...
 
way station

Non c'è una gran trama, diciamolo. Succede poco, ma quel poco è raccontato dannatamente bene. Pochi altri autori sanno tirar fuori emozioni dalle pagine come Simak.


La casa dalle finestre nere - Clifford D. Simak

Pur parlandoci di una civiltà galattica sterminata e variegata all'inverosimile, Simak non ci porterà mai più lontano della collina su cui si trova la casa/stazione. ci verranno mostrate le meraviglie dello spazio solo di sfuggita, piccolezze che ci faranno solo intuire la grandiosità di ciò che ci aspetta la fuori, e solo pochi esemplari delle innumerevoli razze che viaggiano tra le stelle. Un'infinita meraviglia che ci viene solo suggerita e mai mostrata.
Rimarremo invece sempre concentrati su Enoch, uomo fuori dal tempo e dal mondo, eternamente solo, al punto da creare, grazie a uno dei "regali" che gli portano i viaggiatori, degli amici "virtuali" con cui chiacchierare. Ma anche questa è destinata a rivelarsi una scelta poco saggia, e la solitudine continuerà ad abbattere il nostro protagonista con rinnovata violenza.
Lui, però, manterrà sempre viva in sè la speranza. E, nonostante non abbia nessuno per cui lottare, lotterà, per impedire che la Terra sia allontanata dalla civiltà galattica o, peggio, si autodistrugga nella guerra definitiva.

way station


Insomma, un libro contemporaneamente intimo e grandioso, che si legge in fretta, lasciandosi cullare dai sentimenti che prorompono dalle sue pagine. Unico neo, appunto, la pochezza della trama in sè.
Non proprio un capolavoro, quindi, ma comunque un libro fortemente consigliato. Anzi, no: obbligatorio.

Le immagini che trovate sparse per la pagina le ho prese da qui, e abbellivano le pagine della rivista in cui era originariamente serializzato Way Station: Galaxy Science Fiction (1963)

Il Moro

6 commenti:

  1. Io adoro Simak, si è vero è molto figlio del suo tempo, ma non posso che concordare con te quando lo definisci contemporaneamente intimo e grandioso!

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  2. L'ho sempre sentito nominare ma non conoscevo la trama: grazie della dritta ;-)

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  3. Oh, di Simak credo di avere in wishlist un sacco di roba. Tra l'altro il titolo di questo romanzo mi piace molto. Lo aggiungo al listone :)

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