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martedì 8 settembre 2015
Diaspora, di Greg Egan - recensione
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Per la prima volta affronto un libro di Greg Egan, avversario tosto, non c'è che dire.
In Diaspora Greg Egan ci descrive una società di un futuro remoto in cui gli umani hanno rinunciato alla carne per trasferire le loro coscienze in una città virtuali. Non si tratta di umani connessi in stile Matrix, questi non hanno proprio un corpo fisico, nascono già direttamente in forma di dati ultracomplessi.
Ovviamente i nuovi umani hanno accesso a conoscenze quasi infinite e hanno una capacità di manipolare l'ambiente intorno a loro e il loro stesso corpo a piacere.
Le città virtuali hanno le sedi fisiche dove la simulazione gira sparse per tutto il mondo, e quella dove diimora l'essenza del protagonista Yatima ha sede in Italia, sembra nel Lazio, vicino a una città chiamata Atlanta e fondata seicento anni prima da emigrati da Torino. Ad Atllanta, così come nel resto del mondo fuori dalle Polis, le città virtuali, vivono quelli che hanno preferito la fisicità Esistono i carnei, che non hanno rinunciato al loro corpo fisico ma usano l'ingegneria genetica per potenziarlo e migliorarlo, e gli statici, che sono attaccati alle tradizioni.
Come nella miglior tradizione del transumanesimo, Egan ci butta in un mondo talmente lontano dal nostro da risultare quasi incomprensibile, tanto che i primi capitoli sembreranno scritti in arabo. Man mano, però, le cose si capiscono e la bellezza e la complessità dell'ambientazione si svelano.
Bellissimo il pezzo iniziale che descrive la nascita del protagonista e le sue esperienze di vita, fino a raggiungere la coscienza di sé.
Però credo che Greg Egan sia per me troppo indigesto.
Dopo l'evento di Lacerta, che provoca una mezza apocalisse, nella successiva diaspora alla ricerca di altre forme di vita nell'universo lo sviluppo della trama in sè langue, annegato in un mare di speculazioni scientifiche.
Greg Egan ha una gran testa, questo è certo. Le speculazioni scientifiche in Diaspora sono interessanti, profonde, complicate. Pure troppo. Leggo fantascienza da sempre, e ho approfondito alcuni temi scientifici per passione in passato, ma mi è riuscito comunque molto difficile seguire i discorsi dei personaggi quando disquisiscono di astrofisica o di genetica, di chimica delle particelle, fisica quantistica, universi con più di quattro dimensioni... Quello che mi è dispiaciuto di più è stato non riuscire a capire dove finiva la "vera" scienza e dove iniziavano le speculazioni dell'autore.
Ma questo non è un difetto, in quanto il limite del lettore non è limite dell'autore. Il problema, secondo me, è che le disquisizioni scientifiche di cui sopra sono molto lunghe e occupano gran parte del libro, che risulta alla fine noioso.
Insomma, Greg Egan probabilmente è un genio scientifico, e non posso certo dire che non sappia fare il suo lavoro. Ma a me non è piaciuto. Troppe nozioni e troppo poca trama. Ma ho intenzione di dare comunque ancora una possibilità ad Egan, provando a leggere una raccolta di racconti.
Il Moro
P.S.: la programmazione ridotta del blog, a un solo post a settimana, continuerà fino a che non riuscirò a reimpadronirmi del mio tempo. Impresa tutt'altro che semplice.
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La tesi di partenza è molto intrigante, peccato scoprire che invece poi si perde. Essendo io di Roma, tovo curiosa una città laziale con quel nome fatta da torinesi :-D
RispondiEliminaInfatti è un po' strano!...
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