giovedì 6 dicembre 2018

Enemy, di Denis Villeneuve, tratto dal romanzo "L'uomo duplicato" di Josè Saramago

Enemy Denis Villeneuve Jake Gyllenhaal recensioneSalve a tutti, è Il Moro che vi parla.

Nel post precedente abbiamo parlato del romanzo L'uomo Duplicato del premio nobel Josè Saramago, e l'abbiamo fatto tentando di imitare il particolare stile di scrittura dell'autore stesso. Oggi parliamo del film tratto da quello stesso libro, e ho deciso di scrivere anche questo articolo nello stesso modo del precedente, così, per divertirmi un po', quindi periodi lunghissimi, mai andare a capo se non alle interruzioni di paragrafo e virgole e punti come unici segni di punteggiatura ammessi.

Il film è una coproduzione canadese e spagnola, è uscito nel 2013 e vanta Jake Gyllenhaal nel ruolo del protagonista. Il regista è quello che da molti viene considerato uno dei nuovi grandi registi del cinema statunitense, quel Denis Villeneuve già noto per Prisoner, un thriller a dir poco ottimo, Sicario e Arrival, che appartengono a quella categoria di film che piacciono agli appassionati di cinema, quelli che hanno studiato la materia e sono in grado di cogliere sfumature nella tecnica registica che all'occhio dello spettatore medio sfuggono, e io immagino di rientrare nella categoria dello spettatore medio visto che né Sicario né Arrival, come potete leggere nella recensione che gli ho dedicato, mi hanno fatto impazzire, e Blade Runner 2049, che come potete leggere nell'apposita recensione mi è invece piaciuto moltissimo. Ecco una curiosità, il film è giunto in Italia solo in home video nel 2017, proprio in occasione dell'uscita di Blade Runner 2049, prima nessuno qui se lo è filato di striscio, probabilmente è stato considerato troppo difficile per il pubblico italiano abituato ai cinepanettoni.



Enemy Denis Villeneuve Jake Gyllenhaal recensione

Lo scenario è stato spostato dalla Spagna a Toronto, in Canada, e vengono di conseguenza cambiati i nomi dei personaggi, il nome del protagonista, quel nome particolare e bizzarro che nel romanzo ha una notevole importanza nella caratterizzazione dello stesso, qui diventa un più anonimo Adam Bell, se l'utilizzo del nome del primo uomo vuole avere qualche significato con me è andato completamente perso, quello del suo doppio passa da Daniel de Santa Clara a Daniel Saint-Claire, viene aggiornato anche il periodo in cui si svolge la vicenda, per cui il protagonista non noleggia una videocassetta ma un DVD e lo guarda nel portatile, come conseguenza è infinitamente più facile per lui risalire all'identità del doppio che ha visto comparire come comparsa in un film.


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C'è qualcosa che non quadra in questo film, non nella regia che è semplicemente stupenda, ma nella sceneggiatura, manca totalmente la progressione dell'ossessione, il protagonista vede il film col suo doppio, in tre secondi e mezzo scopre come si chiama, in mezza giornata dove abita e il suo nome vero, non sembra avere quasi nessun dubbio, come se non avesse mai fatto altro nella vita che tampinare gente, poche inquadrature di lui che sospira o guarda nel vuoto perso in cupi pensieri non sono in grado di rendere l'idea di un'ossessione crescente, qui sembra che si sia accesa come si fa scattare un interruttore. Nel romanzo si aveva l'idea della progressione, di un interesse nato quasi per gioco trasformato lentamente in qualcosa di oscuro, qui invece l'ossessione è scattata immediatamente, possiamo anche voler immaginare un uomo dalla vita anonima e priva di soddisfazioni che si butta anima e corpo in una vicenda che gli permette di uscire dalla sua ripetitività, ripetitività sottolineata dal ripetersi delle sue lezioni sempre uguali, ma si ha comunque la sensazione che avvenga troppo in fretta.


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Allo stesso modo, anche il cambiamento di atteggiamento del doppio è troppo repentino, e le sue ragioni ridicole, sembra semplicemente fuori di testa, mentre nel romanzo la cosa era costruita molto meglio, seppure anche lì faticasse a stare in piedi, insomma, nonostante le numerose lunghe inquadrature di palazzi e di gente pensierosa, tutto quanto si svolge troppo in fretta, e l'ora e mezza che dura il film appare davvero troppo poca. Soprattutto nella seconda parte, poi, si ha la sensazione che tutta la parte più psicologica del libro sia stata sacrificata sull'altare di una natura della sceneggiatura più vicina a un thriller classico, perché tutto quello che si può intuire dal non detto non è sufficiente a giustificare le azioni dei personaggi, oppure li snatura e li rende dei semplici mattoidi. Ma la cosa di cui si sente più la mancanza, rispetto al libro, è la questione dell'identità. Tertuliano Maximo Afonso, nel libro, e così pure il suo doppio Daniel De Santa Clara, seppure in misura minore, viene sconvolto dalla scoperta che esiste un uomo identico a lui, tanto identico da cambiare pettinatura nello stesso momento e avere le stesse cicatrici, al punto da iniziare a farsi domande sull'identità, su cosa fa di un uomo una persona unica al mondo, mentre Adam Bell sembra quasi solo preso da una morbosa curiosità di conoscere un uomo identico a lui, e Daniel Saint-Claire in pratica ne approfitta solo per scopare. Ma forse qualcuno potrebbe dire che non è giusto giudicare un film in base al libro da cui è stato tratto, perché un film dovrebbe potersi reggere in piedi da solo, e se accettiamo l'eliminazione del tema dell'identità allora il film in piedi ci sta pure, anche se se non si è letto il libro alcuni passaggi risultano un po' oscuri. Due cose che nel libro non ci sono ma sono state aggiunte nel film sono quella specie di night club e i ragni.

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Il ragno che incombe sulla città che si vede nella locandina ufficiale del film, la prima che vedete in alto, le altre che vedete sparse nel post sono locandine usate in altre parti del mondo, rappresenta la scultura Maman di Louise Bourgeois, che si trova proprio a Toronto, nonostante si tratti in effetti di un ragno gigante il messaggio che l'artista voleva veicolare era un messaggio di amore e riconoscenza, infatti lo dedicava alla madre, in quanto l’aracnide rimanda alla tessitura e alla pazienza oltre a proteggerci mangiando zanzare e altri insetti che potrebbero farci del male. Il ragno ricorre più volte nel film, sempre nelle brevi sequenze ambientate nel night, o disegnato in più copie sulla lavagna del professore, e nei fili che corrono da un palazzo all'altro si possono vedere delle ragnatele. Non avevo capito che cavolo volesse dire finché non ho letto questa cosa sulla scultura, a questo punto presumo, visto anche che la sequenza con il ragno gigante appare subito dopo che Adam parla con sua madre, interpretata da Isabella Rossellini, che simboleggi l'attenzione materna che cerca di mantenere salda la mente di Adam Bell prima che vada in pezzi, almeno, così l'ho vista io. Mi è venuto anche da pensare che le lezioni sulla dittatura e sul controllo vogliano dire qualcosa a loro volta, ma non ho capito cosa.

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Anche la città ha un ruolo importante tra le metafore del film, ma questa è più facile da capire. Ci sono lunghe inquadrature dei palazzi, tutte virate in questo giallino smorto che permea l'intero film, una visione della città enorme e tentacolare in cui l'uomo sembra sparire, ma allo stesso tempo il protagonista è quasi sempre da solo, le strade in cui si muove sono pressoché deserte, l'unica scena in qui si vede molta gente che interagisce è quella all'interno del film che Adam guarda su DVD, qui è abbastanza facile vedere come quest'uomo sia profondamente solo anche in mezzo alla gente, per via di barriere che forse proprio lui ha eretto, solitudine che viene accentuata invece che diluita dalle scene che lo vedono interagire con la sua compagna, o forse sarebbe meglio dire che subisce la sua presenza.


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Il film è criptico, difficile da capire soprattutto per chi non ha letto il libro, e ha un finale tronco e grottesco, come dimostra il fiorire di articoli con titoli quali Spiegazione del film Enemy o Il finale di Enemy spiegato, link che non ho letto prima di scrivere questo articolo per non farmi influenzare. Il finale è in effetti diverso da quello del libro, decisamente meno efficace per conto mio, e quasi incomprensibile. Posso provare a dare un'interpretazione, sotto spoiler:

Una curiosità, il titolo del film che Adam noleggia, When There Is A Will, There Is A Way, nel libro era Chi Cerca Trova, è una frase che un insegnante di inglese di Denis Villeneuve ripeteva spesso per spronare gli studenti a dare il massimo.


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Abbiamo chiacchierato parecchio, volendo dare un giudizio finale potremmo dire che il film si regge su un'interpretazione monumentale di Jake Gyllenhaal e su una regia perfetta e ispirata, e stuzzica lo spettatore a cui piace cercare di interpretare opere difficili e criptiche, anche i tagli e i rimaneggiamenti rispetto al libro sono accettabili, ma rimane comunque la sensazione che tutto si svolga troppo in fretta, e questo un po' mi ha dato fastidio.

Uff, meno male che è finita, almeno posso riprendere a scrivere normalmente. Che fatica.

Il Moro

16 commenti:

  1. La mia idea è che dietro al film ci sia tutto un metaforone sulla vita. La noia della quotidianità vs le possibilità intriganti di una carriera artistica. Ciò che si ha vs ciò che si vorrebbe avere. Il ragno secondo me rappresenta la stabilità, che con le sue ragnatele ti imprigiona nella sua zona di comfort. Il finale schock, in questo senso, dovrebbe indicare l'accettazione di se stessi, del ragno e delle sue ragnatele. Ma son tutte seghe mentali mese su dalla mia povera testolina. E' un film che si presta molto alla speculazione.
    Comunque bravo, bella recensione.

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    1. Grazie!
      E' un'interpretazione valida, la mia confusione è dovuta anche al fatto di aver letto il libro, nel quale le cose vanno in modo diverso e meno metafisico.

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  2. Ti ho letto solo fino ad un certo punto perché ora devo vedere assolutamente il film, che mi è sfuggito, sebbene consideri il regista un insopportabile superficiale che pensa solo a creare nelle scene, infischiandosene se vogliano dire qualcosa. Mi piace pensare che il cinema sia più complesso, che non basti una buona tecnica a fare un buon film, esattamente come davanti ad un quadro fiacco non diciamo "Ammazza che robaccia, però va' come ha azzeccato le proporzioni!" :-D D'altronde nella scuola del cinema il mio posto è dietro la lavagna, in punizione :-P
    Grazie del bel post doppio: ho già trovato un modo per "omaggiarlo" ^_^

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    1. Tranquillo che per leggere le cose spoilerose devi cliccare sul pulsante "spoiler". 😉
      Sul regista ho sentimenti contrastanti, in buona parte la penso come te, però questo suo modo di fare cinema gli ha permesso di creare un gioiellino come Blade Runner 2049, che considero proprio questo: una sequela di quadri meravigliosi, che però in quel caso erano anche supportati da una trama, seppur non eccezionale, almeno interessante.
      Villeneuve dietro la macchina da presa è bravo, ma dovrebbe essere supportato da degli sceneggiatori altrettanto bravi, o che quantomeno non abbiano paura di dirgli quello che deve fare. Sicario e Arrival, per quanto ben girati, difettano proprio dal lato della sceneggiatura: per Arrival ho già scritto una recensione, per Sicario non ho avuto voglia, ma posso dire che l'ho trovato un film inutile e la cui trama mi sono già quasi dimenticato. Prisoners, invece, era anche abbastanza intrigante dal punto di vista dell'intreccio. Insomma, puoi essere bravo quanto vuoi, ma se fai cinema dei anche raccontare una storia, non solo mettere insieme dei bei quadri.

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    2. E grazie per l'omaggio... 😉

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  3. Altre metafore lo sono meno, ad esempio per capire il significato del ragno bisogna sapere della scultura e del suo significato.

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  4. Io ho pensato che Gyllenhall dopo Donnie Darko e Source Code se li va proprio a cercare i film di non facile fruizione :D Per me il finale è uno dei più belli e contemporaneamente più brutti che abbia mai visto! Per il reale significato passo..

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    1. Gli piacciono così, che non ci si capisce una mazza!

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  5. Reputo quasi impossibile per Villeneuve e lo sceneggiatore riportare l'introspezione di Samarago a livello filmato senza annoiare. Difatti il mix di stili del film: Cronenberg/Lynch/Polanski è riuscito bene in chiave thriller. Poi dai la Laurent e la Gadon sono uno spettacolo!

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  6. Non ho letto lo spoiler.
    Ma che è, Fight Club?
    Però mi hai incuriosito. Col film, eh: mi interessano, cinematograficamente, queste opere.
    Voglio provare a vedere cosa capisco io. come interpreterò io, senza conoscere il libro^^

    Moz-

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  7. E' passato più di un anno, ed ancora non mi so dare una spiegazione, e tuttavia davvero gran film a parer mio ;)

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    1. Il bello è anche questa sensazione di incertezza che lascia.

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  8. Riguardo i nomi dei due alter ego: Adam Bell / Anthony St. Claire formano il modo di dire "Clair (Claire) as A (Adam) Bell", "chiaro come una campana", che in inglese si usa per indicare qualcosa di lampante e chiaro (come il suono di una campana). Credo si riferisca al fatto che le due personalità siano la stessa persona.

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