Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Ecco un altro articolo della serie "opinioni in pillole", dove raccolgo
commenti più o meno brevi per cose che ho visto/letto/giocato. Questo perché
sempre più spesso mi capita di voler parlare di qualcosa e scriverne un
commento, che però risulta troppo corto per farne un articolo a sé
stante.
Stavolta metto insieme tre, anzi quattro film che non
hanno nulla in comune tra loro a parte il fatto di appartenere al genere
horror. Li ho visti a diverso tempo di distanza e i commenti sono stati
scritti subito dopo la visione per poi raccoglierli in attesa di farne un
articolo, per cui potrebbero risalire anche a diverso tempo fa.
La saga di Dead Snow (giusta giusta per il periodo natalizio)
Dead Snow (2009): simpatico film di zombi, che stavolta sono in costume storico. La storia è sempre la stessa del gruppo di ragazzi che va in vacanza in una capanna isolata ben intenzionati a bere, fumare e scopare come se non ci fosse un domani, e infatti un domani non c'è, perché arrivano gli zombi e li fanno fuori tutti. In questo caso gli zombi sono veloci, intelligenti, non sembrano trasmettere il morbo col morso e sono nazisti.
Seppur del tutto dimenticabile dal punto di vista della trama, presenta una fattura tecnica discreta e momenti divertenti, che lo aiutano a emergere dalla massa di cloni simili.
Dead snow 2: Red Vs. Dead (2014): del tutto di un altro livello il
sequel, che riprende esattamente da dove era finito il precedente. Il che fa
strano perché si vedono anche cellulari del 2014 che nel 2009 non esistevano,
ma noi non ci facciamo di questi problemi.
Il film è stato chiaramente
realizzato con un budget decisamente superiore, e un piglio ancora più
sbarazzino: siamo in piena zona Evil Dead 2 e seguiti, quindi
potete immaginare a cosa si va incontro.
Filmetto assolutamente
delizioso, un po' meno splatter del primo ma sempre splatter (con una evidente
predilizione per l'estrazione dell'intestino), con molte trovate divertenti e
anche una "mano cattiva" che potrebbe interessare a
Lucius, anche se non
rimane cattiva per molto.
L'attore protagonista di entrambi i film, Vegar Hoel, che ha anche partecipato alla sceneggiatura del secondo, è morto a soli 47 anni per un cancro alla prostata, nel 2021.
Tra l'altro ho scoperto di aver visto altri film dello stesso regista, il norvegese Tommy Virkola: Hansel & Gretel - Cacciatori di streghe (del quale non ricordo assolutamente nulla, ma sono sicuro di averlo visto), Seven Sisters e The Trip, entrambi film che valgono bene una visione.
Vivarium (2019)
Una giovane coppia finisce in un incubo di Wes Anderson, almeno questa è la prima cosa che mi è venuta in mente vededo l'inizio di questo film. I colori pastello per le case e e le nuvole in cielo somigliano molto alle ambientazioni del noto regista, o a un'imitazione scadente degli stessi.
I due cercano casa, un bizzarro venditore li accompagna in un'area
residenziale con villette a schiera e li molla lì. Capiscono presto che da
quel luogo inquietante è impossibile fuggire.
Non svelerò il resto
della trama, anche perché alla prima svolta è possibile prevedere già tutto il
resto.
Un film piccolo, con quattro attori in croce e un'unica
ambientazione, che nella sua durata di un'ora e quaranta compresi i titoli di
coda racconta una storia che avrebbe potuto essere raccontata in metà del
tempo. Non si tratta di un film, ma di un episodio di Ai confini della realtà allungato.
Il suo problema è che la sua natura è chiara fin
da subito a chi ne abbia visto qualcuno, o che abbia letto qualche raccolta di
racconti horror brevi,che potrà capire immediatamente come va a finire.
Due
parole a riguardo sotto spoiler, anche se è un po' inutile visto che non dirò
nulla che non si capisca già al decimo minuto.
Ciononostante, riesce a essere abbastanza inquietante, un incubo che è a tutti gli effetti un horror senza mostri (anche se in questo caso potrebbe essere più adatta l'etichetta weird, se siete di quelli che vogliono etichettare tutto). La situazione in cui si trovano i due ragazzi (anche se anagraficamente parlando nessuno dei due attori aveva proprio l'età da novello sposino in cerca di casa) è a dir poco surreale e assurda, trasportati in mondo chiaramente artefatto con regole misteriose, apparentemente infinito mentre invece è estremamente limitato, come un gioco di specchi.
Chiaro che in questa situazione estrema anche il rapporto di coppia vada un po' a farsi benedire, ma è già tanto che riescano a conservare per tanto tempo la sanità mentale.
Quello su cui gioca il film è l'assenza di speranza. Il luogo in cui i
personaggi sono finiti, oltre a essere spaventoso nel suo essere così basilare
e privo di stimoli, è una prigione da cui scappare è chiaramente
impossibile.
Gli autori riescono a trascinare gli spettatori nel vortice
di cupa disperazione che avvolge i protagonisti, anche proprio grazie al fatto
che sai già come va a finire. La disperazione di questi due potrebbe rimanervi
attaccata addosso ancora per un po' a film finito.
Mi è piaciuto ma, per quanto duri solo un'ora e mezza o poco più, è comunque troppo. D'altronde, se la grande maggioranza dei film negli ultimi anni sono film da un'ora e mezza stirati a superare abbondantemente le due ore, perché una storia da un'oretta scarsa non dovrebbe essere stirata fino a un'ora e mezza?
The Witch (2015)
Ho parlato qui di The Northman e The Lighthouse, e solo adesso ho recuperato anche il primo film del regista, The Witch (titolo reso sulle locandine come The VVitch)
Questo è quindi l'esordio registico di Robert Eggers, che prima di
questo ha diretto solo tre cortometraggi. Cortometraggi che sono stati
abbastanza convincenti da convincere qualche produttore di Hollywood a
cacciare 4 milioni per realizzare il film, che ne ha incassati 40, quindi
complimenti per il fiuto ai produttori. La cifra è relativamente bassa anche
grazie al fatto di aver utilizzato pochissime location e praticamente nessun
effetto digitale, oltre ad aver arruolato attori non particolarmente
conosciuti (Ana-Taylor Joy è qui al suo debutto sul grande schermo, quindi
presumo che venisse via ancora a poco).
Siamo nel New England più o meno nel 1630, e la famiglia protagonista è
talmente religiosa da esserlo troppo, per la comunità in cui vive, che li
scaccia. E calcoliamo che la comunità era composta da puritani, che era per
l'appunto un movimento nato in Inghilterra che predicava il ritorno alla
purezza della Chiesa, considerata corrotta in quanto utilizzava forme non
previste dalle sacre scritture e derivanti da vari compromessi fatti durante i
secoli. Se i puritani di scacciano perché sei "troppo" puritano, beh, forse
stai esagerando un poco, figlio mio.
Una famiglia di religiosi ai limiti
dell'estremismo si trova quindi a vivere in una casa isolata in mezzo ai
boschi, in terre di frontiera: cosa potrà mai andare storto?
Beh, non
sono gli indiani a minacciarli, né qualche misteriosa magia di quei luoghi: il
male se lo sono portato da casa, incarnato nel caro vecchio Diavolo e relative
streghe.
Il film viene chiuso da una frase (non è uno spoiler) che dice che
la trama è ispirata a varie storie tradizionali di quella zona, e addirittura
alcuni dialoghi sono presi di peso da quelle storie. Il che mi ispira
riflessioni sul fatto che i coloni che hanno invaso l'America abbiano portato
con sé non solo tutte le loro cose materiali ma anche le loro leggende, e con
esse i loro incubi. Anche questo hanno fatto i bianchi ai nativi americani,
hanno spazzato via le loro fantasie per sostituirle con quelle europee.
Ma
temo di stare andando fuori tema, perché questa è una riflessione tutta mia
che non è tra i temi del film, che tratta invece di una famiglia isolata di
estremisti religiosi che, probabilmente proprio in quanto tale, viene presa di
mira dal male. Come potranno reagire, dato che non sono in grado di perdere la
fede? Come possono chiedere l'aiuto di un Dio che in realtà temono, come
testimoniano i numerosi atti di pentimento volti a conquistare il Suo favore?
Un film che fa pensare per la sua trama, e tiene incollati allo schermo per la
sua fattura. Eggers ha tentato di effettuare una ricostruzione storica il più
fedele possibile, e questo si vede sia nell'ambientazione che nei rapporti e
discorsi dei personaggi. La capanna, i costumi, tutto è realizzato in maniera
certosina, e valorizzato da uno spettacolare utilizzo delle luci, provenienti
per lo più da candele, luci che rivelano già la forte carica espressionista
del cinema di Eggers, che esploderà ancora più forte nei suoi film
successivi.
Rispetto a essi si nota che qui manca quell'elemento surreale
e onirico che caratterizza gli altri, e che è forse più "normale" nel suo
incedere; se The Northman e The Lighthouse sono degli strani ibridi ai quali è difficile trovare un genere preciso
di appartenenza (e quindi potrebbero essere classificati nel "weird"), The Witch è piuttosto chiaramente un horror fatto e finito, ma di quelli che non
ti fanno paura con un mostro, no, ti mette inquietudine inserendo nel
quotidiano un elemento fuori posto. Un quotidiano che, in questo caso, mette
paura quasi quanto il male stesso, così da raddoppiare l'effetto
finale.
Per essere un esordio alla regia di un lungometraggio The Witch è un film sorprendente, che ha fatto notare da subito Robert Eggers qualificandolo come uno dei giovani registi più interessanti del momento. Da vedere.
Il Moro
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