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giovedì 30 luglio 2020
martedì 28 luglio 2020
Attori per Chaveyo!
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
L'ebook del romanzo western-thriller scritto a quattro mani da me e Luigi Iapichino è in promozione, scontato del 60%: fino al 3 agosto il suo prezzo è 1,99 €.
Con l'occasione, e per pubblicizzare ancora un po' la cosa, pubblico questo articolo che navigava tra le bozze del blog già da qualche mese.
Quando abbiamo scritto Chaveyo né io né il socio che mi ha aiutato avevamo pensato a degli attori che potessero interpretare i nostri personaggi. Solo dopo mi è venuto in mente questo giochino: se Chaveyo fosse un film, chi potrebbe interpretarlo?
Mi sono divertito a cercare attori che potrebbero ben figurare nella parte dei nostri personaggi.
Ma farlo solo con attori attuali sarebbe stato troppo complicato. Per questo, non mi sono posto limiti temporali, scegliendo per loro l'età che più mi aggradava, né mi sono curato della presenza in vita degli attori stessi! 😁
Eccone alcuni:
giovedì 23 luglio 2020
I migliori picchiaduro a scorrimento degli anni '90: posizioni 61-70
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Benvenuti nella seconda parte della mia personale classifica dei beat'em up a scorrimento degli anni '90! Per ulteriori informazioni potete rileggervi l'introduzione della prima pagina, ora invece andiamo avanti con la seconda informata di botte, botte e ancora botte!
Al fondo dell'articolo trovate i link alle altre pagine della classifica. Iniziamo.
mercoledì 22 luglio 2020
"Chaveyo" in promozione, scontato del 60%!
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Il romanzo thriller-western Chaveyo, scritto a quattro mani da me insieme a Luigi Iapichino, è in promozione fino al 3 agosto!
Il prezzo dell'ebook passa da 4,99 euro a 1,99.
Cos'è Chaveyo?
Nella tradizione Hopi, il Chaveyo è lo spirito vendicatore con il compito di punire chi contravviene agli ordini degli anziani e alle usanze dettate dalla tradizione. Il suo nome viene invocato per spaventare i bambini e chiedere obbedienza.
Sì, semplificando molto il Chaveyo è una sorta di uomo nero nelle tradizioni degli indiani Hopi. Sulla figura del Chaveyo è basato il nostro romanzo, che amiamo definire un thriller ambientato nel far west.
Qui parlai in lungo e in largo della figura del Chaveyo e del romanzo che gli abbiamo dedicato, cliccate sul link per avere tutte le informazioni.
Non avete più scuse: 1,99 per un romanzo di questo spessore sono un regalo (spessore non a livello contenutistico, non mi permetterei mai, è proprio che è un romanzo bello spesso... o almeno, lo sarebbe se venisse stampato!).
Correte quindi a comprare il volume e dopo averlo letto lasciate una recensione, su Amazon, sui vostri blog o social, incisa nella corteccia di un albero, dove vi pare!
Chaveyo è disponibile in ebook sullo store di Delos Books e sui principali store online, ma se lo acquistate su Amazon tramite questo link a me arriva qualche centesimo in più, che non mi fa schifo.
Fatemi sapere se vi è piaciuto!
Vi metto anche una curiosità: qui ho raccolto tutti i romanzi e racconti che hanno in copertina la misteriosa figura del "mistic cowboy"...
Il Moro
martedì 21 luglio 2020
Primer
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Stavo facendo pulizia nei meandri del blog, ed è saltato fuori questo articolo che vaga tra le bozze addirittura dal 2014! Visto che era già praticamente pronto, mi limito a dargli una svecchiata e ve lo propongo ora, perché i post sono come il maiale, non si butta via niente.
Primer è un film indipendente americano del 2004, incentrato sui viaggi del tempo. Di quelli che fanno venire il mal di testa
Un gruppo di giovani ricercatori fa esperimenti nel proprio garage, nel tentativo di realizzare una tecnologia che possa avere un buon impatto sul mercato. Squattrinati, usano materiali di recupero e si sbattono un mucchio di ore ogni giorno, rinunciando quasi del tutto alla loro vita.
Due di loro, cercando di perfezionare un progetto per una macchina in grado di diminuire il peso degli oggetti, scoprono di aver creato per caso una macchina del tempo.
Stavo facendo pulizia nei meandri del blog, ed è saltato fuori questo articolo che vaga tra le bozze addirittura dal 2014! Visto che era già praticamente pronto, mi limito a dargli una svecchiata e ve lo propongo ora, perché i post sono come il maiale, non si butta via niente.
Primer è un film indipendente americano del 2004, incentrato sui viaggi del tempo. Di quelli che fanno venire il mal di testa
Un gruppo di giovani ricercatori fa esperimenti nel proprio garage, nel tentativo di realizzare una tecnologia che possa avere un buon impatto sul mercato. Squattrinati, usano materiali di recupero e si sbattono un mucchio di ore ogni giorno, rinunciando quasi del tutto alla loro vita.
Due di loro, cercando di perfezionare un progetto per una macchina in grado di diminuire il peso degli oggetti, scoprono di aver creato per caso una macchina del tempo.
Etichette:
fantascienza,
film,
recensioni,
viaggio nel tempo
giovedì 16 luglio 2020
I migliori picchiaduro a scorrimento degli anni '90: posizioni 71-80
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Feci già un post sull'argomento in passato, ma ho deciso di riprenderlo e ampliarlo, facendone una sorta di classifica personale, da quello che mi è piaciuto di meno a quello che mi è piaciuto di più.
Sì, non mi stancherò mai di giocare a questi giochi. Che volete farci, sono vecchio, vivo nel passato.
Questi che troverete di seguito sono i più belli tra i beat'em up a scorrimento orizzontale che ho giocato, almeno secondo me. E ribadisco secondo me.
La classifica tiene conto dei miei gusti personali, che per lo più sono basati su quanto mi sono divertito a giocarci, senza considerare l'importanza "storica" dei vari titoli. Sono i giochi che io ho trovato più bello giocare adesso, principalmente grazie agli emulatori. E' la ragione per la quale, ad esempio, trovate Final Fight 3 e non il primo, e per cui trovate un solo Double Dragon. Classifica mia, decido io. Se avessi voluto fare una classifica dei giochi più "importanti" sarebbe stata diversa.
Sentitevi comunque liberi di segnalarmi titoli meritevoli che potrei essermi perso, che ne esistono un fottio tale che mica li avrò provati tutti.
Altra regola, giochi in 2D, o in 2,5 D se preferite. Quelli con la grafica 3D non mi sono mai piaciuti.
Inoltre, in questa classifica si parla di retrogames. Roba vecchia. Anni '90. Certo, c'è una bella differenza di tecnologia tra i giochi del '90 e quelli del '99, ma non potevo mica fare una classifica anno per anno... O forse potevo? Comunque, non l'ho fatta. Non andrò a impelagarmi con gli anni '80 per il semplice motivo che, sebbene negli anni '80 già videogiocassi, non mi piacevano i picchiaduro, e di conseguenza non ne conosco quasi nessuno. All'epoca ero un appassionato di sparatutto con le astronavi, un genere che oggi non toccherei neanche con un bastone. I gusti cambiano...
Ovviamente è già in preparazione una serie di articoli dedicata ai picchiaduro successivi agli anni '90, quindi rimanete pure nei paraggi...
Specifico che si parla di giochi originali, non di giochi amatoriali o versioni hack nè di remake realizzati con OpenBOR o altro. Tra l'altro, su questo blog ho già fatto anche una classifica dei migliori giochi OpenBOR, ma tanto sto già rivedendo anche quella, e probabilmente la pubblicherò in coda a quella dei picchiaduro degli anni 2000.
Mi sarebbe piaciuto arrivare a 100, ma ho deciso di inserire solo un rappresentante per ognuna delle varie saghe (tranne alcuni casi particolari, per i quali avevo da dire cose differenti per i diversi episodi), e non ce l'ho fatta. Magari a ben cercare ci si poteva anche arrivare, ma non ne potevo più!
Anche per arrivare a 80 ammetto di aver fatto fatica, noterete che ce ne sono tre o quattro tirati dentro davvero per i capelli.
La classifica dei giochi di botte vintage ci accompagnerà al ritmo di un post a settimana, tendenzialmente al giovedì, salvo cause di forza maggiore. Questo vuol dire che troverete questa rubrica per ben undici settimane, più altre due o tre per gli anni 2000, una o due per gli anni 2010 e due o tre per i giochi OpenBOR! Poi non si dica che non faccio progetti a lungo termine!
Al fondo di questo post trovate i link per le altre pagine della classifica, che diverranno cliccabili man mano che gli articoli saranno pubblicati.
E ora andiamo a cominciare, che già mi prudono le mani!
martedì 14 luglio 2020
Chappie (Humandroid)
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Quando un regista imbrocca il primo film, tutti quanti aspettano con ansia i suoi lavori successivi, nella speranza che riesca a bissare se non addirittura migliorare le sue prestazioni. Ridley Scott e M. Night Shyamalan ci hanno costruito la carriera.
Neill Blomkamp è il regista di quel gioiellino di District 9, film realizzato con un budget non faraonico (30 milioni di dollari, non bruscolini ma nemmeno da mettere vicino a certe megaproduzioni da 200 milioni) ma che riesce ad emozionare toccando temi importanti. In tal senso, la sua seconda prova è stata un po' spiazzante: come ho già detto nell'articolo relativo a Elysium, si trattava in pratica di un film degli anni 90 fatto oggi. Tematiche sociali trattate con la grana grossa, quasi banali, al servizio di un film di puro action fantascientifico, e pure piuttosto tamarro.
Anche con questa sua ultima trova, Chappie, che in italiano guadagna il titolo di Humandroid (mi fa sempre molto ridere questa pratica di sostituire a un titolo in inglese un altro titolo in inglese, ma bisogna dire che Humandroid é un titolo che rende di più l'idea di quello che è effettivamente il film. Chiaro, per averne bisogno bisogna essere di quelli che decidono che film andare a vedere sapendo solo il titolo, senza guardare un trailer ne informarsi in nessun altro modo. Si vede che gente così esiste davvero, se si sente il bisogno di usare titoli del genere), Neill Blomkamp ritorna un po' più indietro, negli anni '80, scegliendo di citare stavolta invece che i film di Arnold Schwarzenegger tutta quella serie di pellicole con l'intelligenza artificiale e i robot senzienti. Il titolo che certamente costituisce la maggiore fonte di ispirazione per questo lavoro è Corto Circuito, ma sicuramente c'è anche un po' di Robocop e di altre pellicole magari meno famose. Ad esempio, l'aspetto del robot è preso di peso da Briaeros di Appleseed (1985).
Quando un regista imbrocca il primo film, tutti quanti aspettano con ansia i suoi lavori successivi, nella speranza che riesca a bissare se non addirittura migliorare le sue prestazioni. Ridley Scott e M. Night Shyamalan ci hanno costruito la carriera.
Neill Blomkamp è il regista di quel gioiellino di District 9, film realizzato con un budget non faraonico (30 milioni di dollari, non bruscolini ma nemmeno da mettere vicino a certe megaproduzioni da 200 milioni) ma che riesce ad emozionare toccando temi importanti. In tal senso, la sua seconda prova è stata un po' spiazzante: come ho già detto nell'articolo relativo a Elysium, si trattava in pratica di un film degli anni 90 fatto oggi. Tematiche sociali trattate con la grana grossa, quasi banali, al servizio di un film di puro action fantascientifico, e pure piuttosto tamarro.
Anche con questa sua ultima trova, Chappie, che in italiano guadagna il titolo di Humandroid (mi fa sempre molto ridere questa pratica di sostituire a un titolo in inglese un altro titolo in inglese, ma bisogna dire che Humandroid é un titolo che rende di più l'idea di quello che è effettivamente il film. Chiaro, per averne bisogno bisogna essere di quelli che decidono che film andare a vedere sapendo solo il titolo, senza guardare un trailer ne informarsi in nessun altro modo. Si vede che gente così esiste davvero, se si sente il bisogno di usare titoli del genere), Neill Blomkamp ritorna un po' più indietro, negli anni '80, scegliendo di citare stavolta invece che i film di Arnold Schwarzenegger tutta quella serie di pellicole con l'intelligenza artificiale e i robot senzienti. Il titolo che certamente costituisce la maggiore fonte di ispirazione per questo lavoro è Corto Circuito, ma sicuramente c'è anche un po' di Robocop e di altre pellicole magari meno famose. Ad esempio, l'aspetto del robot è preso di peso da Briaeros di Appleseed (1985).
giovedì 9 luglio 2020
Il mio Master preferito
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Immagino che più o meno tutti quelli che da bambini giocavano con i Masters of the universe avessero un loro preferito, uno che gli stava particolarmente a cuore per un motivo particolare oppure solo così, senza motivo, perché secondo loro era il più bello.
Immagino anche che non per tutti fosse Skeletor, del quale ho ampiamente parlato qui (e già che ci sono vi ricordo anche il mio articolo su Skeletor Occhi di Fuoco e sul suo particolare design horror-cyberpunk). Per la maggior parte, ma non per tutti.
Io avevo un mio preferito, e non era Skeletor.
Non dovreste avere problemi a capire di chi si tratta, soprattutto se siete passati attraverso Facebook prima di arrivare a questo articolo, comunque ho deciso di prenderla un po' alla larga.
Non era uno della prima ondata, anzi, è arrivato abbastanza tardi, ma ha subito scalzato tra i miei preferiti tutti i precedenti, nonostante non fosse mai comparso prima nel canone. E il suo design si discosta un po' da quello della maggioranza degli altri Masters che l'hanno preceduto. Eppure, oh, a me piaceva da matti.
La prima volta che l'ho visto fu in una pubblicità televisiva, la quale a sua volta si differenziava enormemente dalle altre.
E già che ci siamo ecco anche l'immagine di un personaggio di un libro uscito due anni prima. Io l'ho letto decisamente dopo, ma ho fatto in fretta l'associazione, visto che nel libro costui maneggia con grande abilità due lame, se non sbaglio una lunga e una corta. Il suo nome è Garet Jax, e il libro è La canzone di Shannara, ma compare anche almeno in un altro libro e un fumetto, dal quale è tratta questa immagine:
Mi sono chiesto più volte se il personaggio dei MOTU fosse ispirato a Garet Jax, ma credo che dovrò tenermi la curiosità.
Non che Garet Jax fosse il primo combattente con due lame di cui si fosse sentito parlare (ci torniamo più tardi), ma qualcosa nella sua aura di invicibilità mi ricordava il mio Master preferito, a cui attribuivo abilità simili. Tutta farina del mio sacco, perché non è che fosse stato descritto come particolarmente pericoloso nella saga dei Masters.
Immagino che più o meno tutti quelli che da bambini giocavano con i Masters of the universe avessero un loro preferito, uno che gli stava particolarmente a cuore per un motivo particolare oppure solo così, senza motivo, perché secondo loro era il più bello.
Immagino anche che non per tutti fosse Skeletor, del quale ho ampiamente parlato qui (e già che ci sono vi ricordo anche il mio articolo su Skeletor Occhi di Fuoco e sul suo particolare design horror-cyberpunk). Per la maggior parte, ma non per tutti.
Io avevo un mio preferito, e non era Skeletor.
Non dovreste avere problemi a capire di chi si tratta, soprattutto se siete passati attraverso Facebook prima di arrivare a questo articolo, comunque ho deciso di prenderla un po' alla larga.
Non era uno della prima ondata, anzi, è arrivato abbastanza tardi, ma ha subito scalzato tra i miei preferiti tutti i precedenti, nonostante non fosse mai comparso prima nel canone. E il suo design si discosta un po' da quello della maggioranza degli altri Masters che l'hanno preceduto. Eppure, oh, a me piaceva da matti.
La prima volta che l'ho visto fu in una pubblicità televisiva, la quale a sua volta si differenziava enormemente dalle altre.
E già che ci siamo ecco anche l'immagine di un personaggio di un libro uscito due anni prima. Io l'ho letto decisamente dopo, ma ho fatto in fretta l'associazione, visto che nel libro costui maneggia con grande abilità due lame, se non sbaglio una lunga e una corta. Il suo nome è Garet Jax, e il libro è La canzone di Shannara, ma compare anche almeno in un altro libro e un fumetto, dal quale è tratta questa immagine:
Mi sono chiesto più volte se il personaggio dei MOTU fosse ispirato a Garet Jax, ma credo che dovrò tenermi la curiosità.
Non che Garet Jax fosse il primo combattente con due lame di cui si fosse sentito parlare (ci torniamo più tardi), ma qualcosa nella sua aura di invicibilità mi ricordava il mio Master preferito, a cui attribuivo abilità simili. Tutta farina del mio sacco, perché non è che fosse stato descritto come particolarmente pericoloso nella saga dei Masters.
martedì 7 luglio 2020
Zagor Darkwood Novels numero 2: Il vento della prateria
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Eccoci al secondo appuntamento con questa miniserie delle Darkwood Novels, e purtroppo devo dire che è in tutto inferiore al primo.
La vicenda narrata si prende una lunga introduzione e si conclude in una sparatoria veloce e un po' banale. Attenzione, qui segue qualche SPOILER, scrollate fino al prossimo paragrafo (o proseguite dopo il salto) se non avete ancora letto l'albo.
.
.
.
Questa cosa di dover dedicare una pagina (o due, non ricordo più) di dialoghi per spiegare l'assenza di Cico mi sembra davvero uno spreco. L'abbiamo capito che in questa miniserie Cico non si vede, che bisogno c'è di sapere dov'è, visto che poi sull'argomento non si torna più e non è di nessun interesse ai fini della storia? Non c'è, basta, finito, non ho bisogno di sapere cosa sta facendo, a meno che quello che stia facendo non sia interessante (e quindi dovrebbe essermi mostrato, magari in una delle classiche gag) o abbia attinenza con la storia.
L'introduzione, poi, ribadisce ancora una volta l'intenzione di questa miniserie di mostrare il volto umano di Zagor, distinguendolo dall'eroe. Ora, non mi sembra che Zagor abbia mai nascosto il suo volto umano, in nessuna storia, anzi. Nelle storie di Boselli, forse, Zagor assomigliava più a un eroe mitologico che a una persona reale, ma altri autori, Burattini compreso, hanno sempre dipinto Zagor come un uomo sì eroico, ma mai come un membro della Justice League. E di Nolitta non parliamo neppure, per favore. Non ho mai sentito quindi il bisogno di vedere il "lato umano" di Zagor, dato che lo vedo in continuazione.
Ecco, nonostante le dichiarazioni, poi, di questo "lato umano" in questa storia non si vede l'ombra. Zagor appare infatti come coprotagonista, un manichino bravo a sparare, in una storia che ha come reale protagonista l'indiano Kohane, il quale ha un approfondimento psicologico sicuramente superiore. O almeno, ne ha uno. Poche righe di dialogo bastano a farci capire l'amore e il rispetto che porta per il fratello, e in questo senso risulta un po' ridondante l'ondata di ricordi che lo travolge sul cadavere dello stesso fratello.
Ok, fine degli spoiler.
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Eccoci al secondo appuntamento con questa miniserie delle Darkwood Novels, e purtroppo devo dire che è in tutto inferiore al primo.
La vicenda narrata si prende una lunga introduzione e si conclude in una sparatoria veloce e un po' banale. Attenzione, qui segue qualche SPOILER, scrollate fino al prossimo paragrafo (o proseguite dopo il salto) se non avete ancora letto l'albo.
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Questa cosa di dover dedicare una pagina (o due, non ricordo più) di dialoghi per spiegare l'assenza di Cico mi sembra davvero uno spreco. L'abbiamo capito che in questa miniserie Cico non si vede, che bisogno c'è di sapere dov'è, visto che poi sull'argomento non si torna più e non è di nessun interesse ai fini della storia? Non c'è, basta, finito, non ho bisogno di sapere cosa sta facendo, a meno che quello che stia facendo non sia interessante (e quindi dovrebbe essermi mostrato, magari in una delle classiche gag) o abbia attinenza con la storia.
L'introduzione, poi, ribadisce ancora una volta l'intenzione di questa miniserie di mostrare il volto umano di Zagor, distinguendolo dall'eroe. Ora, non mi sembra che Zagor abbia mai nascosto il suo volto umano, in nessuna storia, anzi. Nelle storie di Boselli, forse, Zagor assomigliava più a un eroe mitologico che a una persona reale, ma altri autori, Burattini compreso, hanno sempre dipinto Zagor come un uomo sì eroico, ma mai come un membro della Justice League. E di Nolitta non parliamo neppure, per favore. Non ho mai sentito quindi il bisogno di vedere il "lato umano" di Zagor, dato che lo vedo in continuazione.
Ecco, nonostante le dichiarazioni, poi, di questo "lato umano" in questa storia non si vede l'ombra. Zagor appare infatti come coprotagonista, un manichino bravo a sparare, in una storia che ha come reale protagonista l'indiano Kohane, il quale ha un approfondimento psicologico sicuramente superiore. O almeno, ne ha uno. Poche righe di dialogo bastano a farci capire l'amore e il rispetto che porta per il fratello, e in questo senso risulta un po' ridondante l'ondata di ricordi che lo travolge sul cadavere dello stesso fratello.
Ok, fine degli spoiler.
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giovedì 2 luglio 2020
Strade di fuoco, Road to Hell e Final Fight
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Questo è l'ultimo post della mia serie dedicata a Final Fight. Stavolta non parliamo delle sue connessioni con Street Fighter, ma di quella che probabilmente è la sua principale fonte di ispirazione.
Ho recuperato Streets of fire grazie alla recensione di Cassidy su La Bara Volante, all'interno del suo benemerito ciclo sul Re della Collina. Non me lo ricordavo assolutamente, e pensavo di non averlo mai visto: in realtà durante la visione alcune cose mi sono tornate alla mente, in particolare il personaggio di McCoy interpretato da Amy Madigan, si vede che all'epoca (1984) questo personaggio della donna scalcia culi nei film d'azione era ancora qualcosa di poco sfruttato, o almeno io non ne avevo ancora viste.
Nel cast oltre a Andy Madigan (il cui personaggio, ho scoperto, pare essere il principale ispiratore di Legs Weaver della Bonelli, prima ancora di Ripley), un giovane e già totalmente incapace a recitare Michael Paré, poi divenuto uno dei tanti miti della serie Z del cinema, Rick Moranis, Diane Lane e un Willem Dafoe che stava iniziando la sua trasformazione nella versione live action del Joker senza bisogno di trucco.
Continuerei a scrivere di questo divertentissimo film, se non fosse che tutto quello che c'è da dire l'ha già detto Cassidy...
O forse no.
Questo è l'ultimo post della mia serie dedicata a Final Fight. Stavolta non parliamo delle sue connessioni con Street Fighter, ma di quella che probabilmente è la sua principale fonte di ispirazione.
Ho recuperato Streets of fire grazie alla recensione di Cassidy su La Bara Volante, all'interno del suo benemerito ciclo sul Re della Collina. Non me lo ricordavo assolutamente, e pensavo di non averlo mai visto: in realtà durante la visione alcune cose mi sono tornate alla mente, in particolare il personaggio di McCoy interpretato da Amy Madigan, si vede che all'epoca (1984) questo personaggio della donna scalcia culi nei film d'azione era ancora qualcosa di poco sfruttato, o almeno io non ne avevo ancora viste.
Nel cast oltre a Andy Madigan (il cui personaggio, ho scoperto, pare essere il principale ispiratore di Legs Weaver della Bonelli, prima ancora di Ripley), un giovane e già totalmente incapace a recitare Michael Paré, poi divenuto uno dei tanti miti della serie Z del cinema, Rick Moranis, Diane Lane e un Willem Dafoe che stava iniziando la sua trasformazione nella versione live action del Joker senza bisogno di trucco.
Continuerei a scrivere di questo divertentissimo film, se non fosse che tutto quello che c'è da dire l'ha già detto Cassidy...
O forse no.
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