Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Oggi vi parlo del film che ho visto ieri sera: Hugo Cabret, di Martin Scorsese. Eccovi un bel copincolla della trama da Wikipedia:
Hugo Cabret è un orfano, che vive segretamente tra le mura della stazione ferroviaria di Montparnasse a Parigi negli anni trenta.
Del padre orologiaio conserva un automa rotto che si ostina a voler
riparare. Con l'aiuto dell'eccentrica Isabelle scopre che l'automa
conserva segreti che riportano a galla vicende del passato. Sono storie e
ricordi che coinvolgono anche il padrino della ragazza, Georges Méliès. Questi si rivela essere uno dei più grandi autori della storia del cinema e che credeva di essere stato dimenticato da tutti.
Il film è tratto dal romanzo La straordinaria invenzione di Hugo Cabret, un romanzo per ragazzi in parte scritto e in parte illustrato, che però non ho mai letto, per cui non sono in grado di fare confronti. Parliamo quindi del film.
Martin Scorsese ci stupisce uscendo dai suoi soliti binari, e lo fa con stile. La tecnica registica è perfetta, basta guardare i lunghi pianisequenza, soprattutto la scena iniziale. Le scenografie e la fotografia sono semplicemente meravigliose, infatti hanno vinto l'oscar. In tutto, sono cinque le statuette che questo film si è portato a casa: fotografia, scenografia, sonoro, montaggio sonoro e effetti speciali. Senza contare tutte le nomination e la paccata di altri premi, tra Golden Globe e svariati premi della critica.
Sono molti gli attori famosi chiamati a recitare in piccole parti, ma tra tutti troneggia l'immenso Ben Kingsley. Il ragazzino protagonista, invece, non è il massimo, ma fa il suo dovere.
Il film è un grande omaggio agli albori del cinema, che rivela tutto l'amore che il regista prova per le origini del suo mestiere. La storia di George Melies è tratteggiata con garbo e poesia, un omaggio a un grande genio. Peccato che sia molto romanzata e inesatta: non sarebbe neanche un male, il problema è che lo spettatore meno scafato potrebbe finire per pensare che la storia vera sia quella raccontata nel film.
Un omaggio a un maestro, quindi, mascherato da film per ragazzi. Allo stesso tempo, un richiamo nostalgico al pubblico dei primi anni, capace di emozionarsi e di sognare come oggi non capita più.
Ci sono peò dei difetti. Il film non riesce a trovare una sua identità. Non fa ridere, non fa piangere, non ha una storia in grado di interessare i ragazzini, e l'omaggio al genio del regista ha quelle inesattezze storiche che un vero amante nota. Si piazza in un limbo, una via di mezzo che non è nè carne nè pesce. Senza contare le gag di Sasha Baron Cohen nei panni dell'ispettore ferroviario: non fanno ridere, e questa potrebbe essere anche questione di gusti, ma soprattutto sono appiccicate lì in mezzo a scene più serie, spezzando il ritmo e dando un po' fastidio.
In conclusione, un film un po' noioso e poco emozionante dal punto di vista della trama, meraviglioso invece dal lato tecnico (non l'ho visto in 3D, ma ne ho sentito parlare abbastanza bene).
Ora, due parole su Georges Méliès, il regista qui omaggiato:
Nato nel 1861, è considerato il secondo padre del cinema. Mentre i fratelli Lumiere hanno, letteralmente, inventato il cinema, Méliès l'ha reso fantastico. Ha girato i primi film di "finzione", introducendo quindi il fantasy, la fantascienza e il fantastico in generale. Venuto da un passato di prestigiatore, ha utilizzato i suoi trucchi nei suoi film, salvo poi crearne di nuovi. E' stato il primo a sperimentare la tecnica del montaggio e gli effetti speciali.
Purtroppo fu rovinato dalle politiche commerciali: vendeva le pellicole ma non recepiva diritti d'autore per le proiezioni, quindi doveva continuamente produrne di nuove. Girò più di 1500 film (in un periodo in cui i film potevano durare anche solo pochi minuti) di cui solo 500 sono giunti fino a noi. Ovvio che dopo tutti questi film le idee cominciavano a mancare anche a lui, proprio mentre il pubblico iniziava a farsi più esigente. Lo scoppio della Grande Guerra ha dato un duro colpo all'industria cinematografica, da cui Mélièsnon è più riuscito a riprendersi.
Ode quindi a questo genio, che ha creato il cinema come oggi lo conosciamo, regalando sogni a tutte le generazioni che sono seguite.
Il Moro
Sedetevi con noi e facciamo quattro chiacchiere. No, la birra non ve la paghiamo.
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giovedì 27 settembre 2012
martedì 25 settembre 2012
Iron Sky
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Allora, chiariamo subito una cosa: questo film è
e-c-c-e-z-i-o-n-a-l-e. E basta.
Dovrebbe essere sufficiente per chiunque, ma visto che so che non vi accontentate di così poco andiamo a parlarne un po' più a fondo.
La folle trama:
Nel 2018 una navetta spaziale americana compie un nuovo sbarco sullaluna. Qui per caso scoprono una base lunare fondata dai nazisti alla fine della seconda guerra mondiale. I nazisti decidono che è il momento giusto per partire alla conquista dell'intero pianeta Terra, e mandano in avanscoperta i loro due uomini migliori.
Cioè, gente, nazisti sulla luna! E hanno una base enorme a forma di svastica! le tute spaziali non sono altro che divise naziste con le maschere antigas! Mamma mia, che figata.
Il film è una produzione semi-indipendente. Nato dall'idea di cinque amici, ha raccolto un milione di euro dai fan su internet (!), e i restanti 6,5 gli sono arrivati da Finlandia, Germania e Austria, per un totale di 7,5 milioni di euro, che è tutto quanto è servito a questi ragazzi per girare un cult (fonte).
Nonostane il budget risicato, il film è forte di effetti speciali in grado di lasciare indietro molte produzioni più blasonate, attori in gamba e nemmeno così sconosciuti, ottime ambientazioni, costumi e quant'altro.
Si tratta di una commedia nera: si ride, e parecchio, ma è satira, spesso pungente, a volte perfino eccessiva. Più volte si ha l'impressione che gli americani siano peggio dei nazisti. Ma non mancano scene d'azione degne di Hollywood, come la partenza del Crepuscolo degli Dei e l'attacco alla Terra.
E vogliamo parlare grande design dieselpunk dei macchinari dei nazisti?
Idee geniali a profusione, una sceneggiatura solida, bello da vedere e divertente (in maniera intelligente e non volgare). che volete di più?
Io l'ho visto in inglese sottotitolato, ma pare che stia per uscire una versione italiana. Sono però terrorizzato dall'orrido sottotitolo che gli è stato appioppato:
Saranno nazi vostri.
Non sto scherzando. Ne hanno parlato anche Mr. Giobbin e Hell.
Voglio sapere chi è stato. Senza nessun rispetto, questi idioti ficcano un sottotitolo volgare e stupido ad un film che di volgare e stupido non ha proprio niente, sperando di attirare in sala gli amanti dei cinepanettoni, visto che sono quelli che in Italia portano più soldi.
Il Malvagio Consiglio dei Titoli Italiani, come l'ha battezzato mr. Giobbin, ha colpito ancora. Ma perché non passa Bud Spencer a prenderli a pugni sulla testa, a questi qua?
Allora, chiariamo subito una cosa: questo film è
e-c-c-e-z-i-o-n-a-l-e. E basta.
Dovrebbe essere sufficiente per chiunque, ma visto che so che non vi accontentate di così poco andiamo a parlarne un po' più a fondo.
La folle trama:
Nel 2018 una navetta spaziale americana compie un nuovo sbarco sullaluna. Qui per caso scoprono una base lunare fondata dai nazisti alla fine della seconda guerra mondiale. I nazisti decidono che è il momento giusto per partire alla conquista dell'intero pianeta Terra, e mandano in avanscoperta i loro due uomini migliori.
Cioè, gente, nazisti sulla luna! E hanno una base enorme a forma di svastica! le tute spaziali non sono altro che divise naziste con le maschere antigas! Mamma mia, che figata.
Il film è una produzione semi-indipendente. Nato dall'idea di cinque amici, ha raccolto un milione di euro dai fan su internet (!), e i restanti 6,5 gli sono arrivati da Finlandia, Germania e Austria, per un totale di 7,5 milioni di euro, che è tutto quanto è servito a questi ragazzi per girare un cult (fonte).
Nonostane il budget risicato, il film è forte di effetti speciali in grado di lasciare indietro molte produzioni più blasonate, attori in gamba e nemmeno così sconosciuti, ottime ambientazioni, costumi e quant'altro.
Si tratta di una commedia nera: si ride, e parecchio, ma è satira, spesso pungente, a volte perfino eccessiva. Più volte si ha l'impressione che gli americani siano peggio dei nazisti. Ma non mancano scene d'azione degne di Hollywood, come la partenza del Crepuscolo degli Dei e l'attacco alla Terra.
E vogliamo parlare grande design dieselpunk dei macchinari dei nazisti?
Idee geniali a profusione, una sceneggiatura solida, bello da vedere e divertente (in maniera intelligente e non volgare). che volete di più?
Io l'ho visto in inglese sottotitolato, ma pare che stia per uscire una versione italiana. Sono però terrorizzato dall'orrido sottotitolo che gli è stato appioppato:
Saranno nazi vostri.
Non sto scherzando. Ne hanno parlato anche Mr. Giobbin e Hell.
Voglio sapere chi è stato. Senza nessun rispetto, questi idioti ficcano un sottotitolo volgare e stupido ad un film che di volgare e stupido non ha proprio niente, sperando di attirare in sala gli amanti dei cinepanettoni, visto che sono quelli che in Italia portano più soldi.
Il Malvagio Consiglio dei Titoli Italiani, come l'ha battezzato mr. Giobbin, ha colpito ancora. Ma perché non passa Bud Spencer a prenderli a pugni sulla testa, a questi qua?
E speriamo che il doppiaggio non diventi a sua volta una farsa, come è succeso per Shaolin Soccer e Kung Fusion, orribilmente storpiati da improbabili dialetti italiani (per Kung Fusion, addirittura, quasi tutti i personaggi vennero doppiati da due soli attori. Cosa non si fa per risparmiare quattro soldi).
Il Moro
venerdì 21 settembre 2012
Ritmo, di Massimo Mazzoni
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Oggi vi presento un racconto di Massimo Mazzoni dal titolo Ritmo.
Il racconto è uno spin-off della round robin 2 Minuti a Mezzanotte, ideata da Alessandro Girola. Racconta una storia del personaggio creto da Massimo per il progetto di scrittura condivisa, l'amatissimo Alexej Stakanov... Sì, quello che può ballare per tutta la notte.
Per il suo personaggio, l'autore sceglie di non calcare tanto la mano sull'aspetto "supereroistico" o sui superpoteri, ma si concentra invece su un altro aspetto dei Super nati nel 1973 di questo mondo alternativo: la longevità prolungata. I Super invecchiano dieci volte più lentamente del normale.
Il primo racconto dedicato al personaggio, Colpirne uno, è ambientato negli anni '70, poco dopo l'acquisizione dei poteri da parte di Stakanov e di tutti gli altri. Ritmo, invece, si ambienta negli anni '80, in piena era del punk.
Oggi vi presento un racconto di Massimo Mazzoni dal titolo Ritmo.
Il racconto è uno spin-off della round robin 2 Minuti a Mezzanotte, ideata da Alessandro Girola. Racconta una storia del personaggio creto da Massimo per il progetto di scrittura condivisa, l'amatissimo Alexej Stakanov... Sì, quello che può ballare per tutta la notte.
Per il suo personaggio, l'autore sceglie di non calcare tanto la mano sull'aspetto "supereroistico" o sui superpoteri, ma si concentra invece su un altro aspetto dei Super nati nel 1973 di questo mondo alternativo: la longevità prolungata. I Super invecchiano dieci volte più lentamente del normale.
Il primo racconto dedicato al personaggio, Colpirne uno, è ambientato negli anni '70, poco dopo l'acquisizione dei poteri da parte di Stakanov e di tutti gli altri. Ritmo, invece, si ambienta negli anni '80, in piena era del punk.
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mercoledì 19 settembre 2012
The butterfly effect
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
L'altra sera io e il mio socio _Lu ci siamo visto questo film e quindi, anche se non si tratta esattamente di una novità, perchè non farne una recensione?
L'Effetto Farfalla a cui si riferisce il titolo fa parte della cosiddetta teoria del caos. Riassumendo molto, diciamo che una piccola variazione in un evento passato potrebbe portare cambiamenti enormi nel futuro. Il nome deriva da un racconto del mai troppo osannato Ray Bradbury, Rumore di tuono, nel quale un uomo che viaggia all'indietro nel tempo fino alla preistoria schiaccia una farfalla causando cambiamenti imprevedibili nel suo tempo d'origine.
L'altra sera io e il mio socio _Lu ci siamo visto questo film e quindi, anche se non si tratta esattamente di una novità, perchè non farne una recensione?
L'Effetto Farfalla a cui si riferisce il titolo fa parte della cosiddetta teoria del caos. Riassumendo molto, diciamo che una piccola variazione in un evento passato potrebbe portare cambiamenti enormi nel futuro. Il nome deriva da un racconto del mai troppo osannato Ray Bradbury, Rumore di tuono, nel quale un uomo che viaggia all'indietro nel tempo fino alla preistoria schiaccia una farfalla causando cambiamenti imprevedibili nel suo tempo d'origine.
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sabato 15 settembre 2012
Il cavaliere oscuro - Il ritorno ... almeno credo.
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Allora, ormai tutti hano visto questo film e tutti l'hanno recensito. Se andate sul blog del panettiere, trovere la recensione del cavaliere oscuro. Andate sul sito delle ferrovie, e troverete la recensione pure lì. Secondo me, la trovate pure su youporn. Se ci andaste per cercare quello, ovio.
Eppure, sono sicuro che la mia recensione avrà un qualcosa di diverso da tutte le altre. Cosa? E secondo voi ve lo dico adesso? Polli.;-)
Ma andiamo con ordine, e iniziamo raccontando un po' di benemeriti fatti miei.
Ad agosto sono andato quattro giorni a Misano Adriatico. Accendo la radio, e sento la pubblicità dell'anteprima del cavaliere oscuro - il ritorno all'IMAX di Oltremare. Cazzofigata! Da lì sono dieci minuti di macchina! Vado a vederla e tu, moglie, se non vuoi venire stai pure lì!
Peccato che la reclame non avesse detto nè l'ora, nè se il biglietto andasse prenotato, niente di niente. Non avevo modo di connettermi a internet. Non avevo nessuno a cui chiedere, anche i miei a casa erano in vacanza. Non c'erano in giro cartelli, volantini o altro. Avrei anche potuto chiedere telefonicamente aiuto a qualche amico, ma mi sono detto: ma sì, dai, sei in vacanza, stai insieme alla neosposa, tanto il film te lo vai a vedere poi a casa.
Ok?
Ok.
Allora, ormai tutti hano visto questo film e tutti l'hanno recensito. Se andate sul blog del panettiere, trovere la recensione del cavaliere oscuro. Andate sul sito delle ferrovie, e troverete la recensione pure lì. Secondo me, la trovate pure su youporn. Se ci andaste per cercare quello, ovio.
Eppure, sono sicuro che la mia recensione avrà un qualcosa di diverso da tutte le altre. Cosa? E secondo voi ve lo dico adesso? Polli.;-)
Ma andiamo con ordine, e iniziamo raccontando un po' di benemeriti fatti miei.
Ad agosto sono andato quattro giorni a Misano Adriatico. Accendo la radio, e sento la pubblicità dell'anteprima del cavaliere oscuro - il ritorno all'IMAX di Oltremare. Cazzofigata! Da lì sono dieci minuti di macchina! Vado a vederla e tu, moglie, se non vuoi venire stai pure lì!
Peccato che la reclame non avesse detto nè l'ora, nè se il biglietto andasse prenotato, niente di niente. Non avevo modo di connettermi a internet. Non avevo nessuno a cui chiedere, anche i miei a casa erano in vacanza. Non c'erano in giro cartelli, volantini o altro. Avrei anche potuto chiedere telefonicamente aiuto a qualche amico, ma mi sono detto: ma sì, dai, sei in vacanza, stai insieme alla neosposa, tanto il film te lo vai a vedere poi a casa.
Ok?
Ok.
lunedì 10 settembre 2012
John Carter
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Sì, anche questo film non è proprio nuovissimo, ma io l'ho visto solo adesso, che posso farci? Fedele allo spirito del film, sono fuori tempo massimo anch'io! XD
Troverete quindi decine di altre recensioni su internet, fatte anche da gente più autorevole di me, ma mi sembra giusto dire la mia perché... Perché sì! Quindi beccatevela!
Ho letto tutti i libri della saga di John Carter di Marte, e devo dire di averli particolarmente amati... ma non è perchè sono piaciuti a me che sono importanti, quanto perchè riecheggiano in buona parte della produzione fantasy-fantascientifica dei cento anni successivi alla loro pubblicazione (Sotto le lune di Marte è uscito nel 1912).
La trama di Avatar ha parecchie somiglianze con quella di John Carter, per dirne una. E alla sua ambientazione si ispira l'universo di Guerre Stellari, per non parlare di quello degli amati Masters of the Universe della mia infanzia. Reminescenze si possono trovare anche in Il pianeta delle scimmie, Flash Gordon, Dune, Conan e tutta la Sword & Sorcery, tutto lo steampunk, e millemila altri.
(Prima di ricevere obiezioni: lo so che la sword & sorcery si può far risalire ai poemi epici, e che lo steampunk deriva principalmente dalla fantascienza vittoriana di Jules Verne. Ma chi è stato il primo a tradurre in forma di "vero" romanzo, e di successo, quelle impressioni e tematiche? Proprio il nostro Edgar Rice Burroughs con John Carter. Sentitevi liberi di smentirmi, comunque, in caso sappiate qualcosa che io non so)
E vogliamo parlare di Superman? Ricordiamo che il primissimo Superman del 1938 non ha il superudito, non ha l'intelligenza superiore, il soffio congelante e tutti gli altri superpoteri che sono poi stati aggiunti in seguito per dare varietà alle storie, e nemmeno volava: il primo Superman aveva la superforza e poteva saltare alto quanto un palazzo. Ohibò! Vi ricorda qualcuno? Senza contare che, esattamente come John Carter, è giunto su un pianeta alieno del quale ha douto imparare ad apprezzare gli abitanti e le loro usanze, e sul quale ha acquisito superpoteri grazie alle differenti condizioni geologiche e astronomiche (per Carter la differenza di gravità, per Kal-El l'influsso del sole giallo).
Si potrebbe dire che John Carter è il nonno di tutti i supereroi, a questo punto (anche se andrebbero ricordate le figure di Buffalo Bill e Kit Carson nelle Dime Novel del diciannovesimo secolo: anche loro eroi invincibili, ma privi di veri "superpoteri").
Questa introduzione era necessaria per dire a quanti hanno trovato il film tratto da questi libri "poco originale", "già visto" e cose così: sono gli altri ad aver copiato da John Carter, non il contrario.
Però non si può nemmeno dar loro tutti i torti. Chi non conosce i libri avrà sicuramente questa impressione di "deja vu", e non si può fagliene una colpa. Il film è uscito in occasione del centenario del primo libro, e di conseguenza parecchio fuori tempo massimo, come accennato all'inizio e sottolineato da quasi tutti i recensori di quest'opera.
Detto questo, passiamo a cose più "tecniche". Gli effetti speciali sono strabilianti, ma ormai non ci si fa neanche più caso. Gli attori principali fanno abbastanza pena, il cane a sei zampe (sì, come quello della Eni) è più espressivo del protagonista. Nota di merito per Tars Tarkas, intepretato da Willem Dafoe, irriconoscibile dietro la maschera della computer grafica. Musiche anonime, tranne in alcuni punti critici . Storia d'amore telefonata e banale, ma degna del romanzo da cui è tratta (si vedono, si innamorano, punto). Gag simpatiche, ma niente di più.
Dalla regia di Andrew Stanton, già regista di perle come Alla ricerca di Nemo e Wall-E ci potevamo aspettare di meglio.
Ho trovato interessante la spiegazione fornita per l'arrivo di John Carter su Barsoom (Marte per i nativi). Forse non sapete che nei libri non viene mai spiegato. Si addormenta, ha una strana sensazione come se venisse risucchiato verso l'alto, e si risveglia su Marte. Ah, ecco.
Nel film la cosa prende una piega fantascientifica che non stona con la trama originale (anche se le motivazioni di questi sacerdoti sono abbastanza incomprensibili). Ottimo anche il finale, anche questo originale (non mi ricordo che nei libri -SPOILER- John Carter sia mai tornato sulla Terra - FINE SPOILER - ma non potrei giurarlo), con l'idea del rovesciamento del concetto di "casa". La vera casa, per John Carter, è diventata Barsoom.
Nota di demerito per il modo in cui è stato pubblicizzato: dal trailer sembra un Prince of Persia con le astronavi. Basta guardare la locandina: la scena delle scimmie bianche nel film è un intermezzo di importanza relativa, tutt'altro che degno della locandina. Chi lo guarda aspettandosi una serie di battaglie all'arma bianca e acrobazie spettacolari rimarrà (in parte) deluso. Leggetevi questo post di Roberto Recchioni, nel quale ci mostra la differenza tra il vero trailer e uno realizzato da un fan, con un maggiore occhio di riguardo alla trama del film e allo spirito dell'opera originale.
Insomma, diciamo che a me è piaciuto, ma andrebbe visto sapendo qual è l'opera da cui è stato tratto e la sua importanza. Se non si conoscono queste cose, sono un paio d'ore di intrattenimento godibile, ma niente di più.
Anzi, Già che ci siamo, lanciamo un piccolo sondaggio per chi ha visto il film-letto i libri: quali libri-film-fumetti-eccetera vi vengono in mente che, in qualche modo, siano debitori della saga di John Carter di Marte? Perché sicuramente io ne ho dimenticati un bel po' ;-)
Il Moro.
Sì, anche questo film non è proprio nuovissimo, ma io l'ho visto solo adesso, che posso farci? Fedele allo spirito del film, sono fuori tempo massimo anch'io! XD
Troverete quindi decine di altre recensioni su internet, fatte anche da gente più autorevole di me, ma mi sembra giusto dire la mia perché... Perché sì! Quindi beccatevela!
Ho letto tutti i libri della saga di John Carter di Marte, e devo dire di averli particolarmente amati... ma non è perchè sono piaciuti a me che sono importanti, quanto perchè riecheggiano in buona parte della produzione fantasy-fantascientifica dei cento anni successivi alla loro pubblicazione (Sotto le lune di Marte è uscito nel 1912).
La trama di Avatar ha parecchie somiglianze con quella di John Carter, per dirne una. E alla sua ambientazione si ispira l'universo di Guerre Stellari, per non parlare di quello degli amati Masters of the Universe della mia infanzia. Reminescenze si possono trovare anche in Il pianeta delle scimmie, Flash Gordon, Dune, Conan e tutta la Sword & Sorcery, tutto lo steampunk, e millemila altri.
(Prima di ricevere obiezioni: lo so che la sword & sorcery si può far risalire ai poemi epici, e che lo steampunk deriva principalmente dalla fantascienza vittoriana di Jules Verne. Ma chi è stato il primo a tradurre in forma di "vero" romanzo, e di successo, quelle impressioni e tematiche? Proprio il nostro Edgar Rice Burroughs con John Carter. Sentitevi liberi di smentirmi, comunque, in caso sappiate qualcosa che io non so)
E vogliamo parlare di Superman? Ricordiamo che il primissimo Superman del 1938 non ha il superudito, non ha l'intelligenza superiore, il soffio congelante e tutti gli altri superpoteri che sono poi stati aggiunti in seguito per dare varietà alle storie, e nemmeno volava: il primo Superman aveva la superforza e poteva saltare alto quanto un palazzo. Ohibò! Vi ricorda qualcuno? Senza contare che, esattamente come John Carter, è giunto su un pianeta alieno del quale ha douto imparare ad apprezzare gli abitanti e le loro usanze, e sul quale ha acquisito superpoteri grazie alle differenti condizioni geologiche e astronomiche (per Carter la differenza di gravità, per Kal-El l'influsso del sole giallo).
Si potrebbe dire che John Carter è il nonno di tutti i supereroi, a questo punto (anche se andrebbero ricordate le figure di Buffalo Bill e Kit Carson nelle Dime Novel del diciannovesimo secolo: anche loro eroi invincibili, ma privi di veri "superpoteri").
Questa introduzione era necessaria per dire a quanti hanno trovato il film tratto da questi libri "poco originale", "già visto" e cose così: sono gli altri ad aver copiato da John Carter, non il contrario.
Però non si può nemmeno dar loro tutti i torti. Chi non conosce i libri avrà sicuramente questa impressione di "deja vu", e non si può fagliene una colpa. Il film è uscito in occasione del centenario del primo libro, e di conseguenza parecchio fuori tempo massimo, come accennato all'inizio e sottolineato da quasi tutti i recensori di quest'opera.
Detto questo, passiamo a cose più "tecniche". Gli effetti speciali sono strabilianti, ma ormai non ci si fa neanche più caso. Gli attori principali fanno abbastanza pena, il cane a sei zampe (sì, come quello della Eni) è più espressivo del protagonista. Nota di merito per Tars Tarkas, intepretato da Willem Dafoe, irriconoscibile dietro la maschera della computer grafica. Musiche anonime, tranne in alcuni punti critici . Storia d'amore telefonata e banale, ma degna del romanzo da cui è tratta (si vedono, si innamorano, punto). Gag simpatiche, ma niente di più.
Dalla regia di Andrew Stanton, già regista di perle come Alla ricerca di Nemo e Wall-E ci potevamo aspettare di meglio.
Ho trovato interessante la spiegazione fornita per l'arrivo di John Carter su Barsoom (Marte per i nativi). Forse non sapete che nei libri non viene mai spiegato. Si addormenta, ha una strana sensazione come se venisse risucchiato verso l'alto, e si risveglia su Marte. Ah, ecco.
Nel film la cosa prende una piega fantascientifica che non stona con la trama originale (anche se le motivazioni di questi sacerdoti sono abbastanza incomprensibili). Ottimo anche il finale, anche questo originale (non mi ricordo che nei libri -SPOILER- John Carter sia mai tornato sulla Terra - FINE SPOILER - ma non potrei giurarlo), con l'idea del rovesciamento del concetto di "casa". La vera casa, per John Carter, è diventata Barsoom.
Nota di demerito per il modo in cui è stato pubblicizzato: dal trailer sembra un Prince of Persia con le astronavi. Basta guardare la locandina: la scena delle scimmie bianche nel film è un intermezzo di importanza relativa, tutt'altro che degno della locandina. Chi lo guarda aspettandosi una serie di battaglie all'arma bianca e acrobazie spettacolari rimarrà (in parte) deluso. Leggetevi questo post di Roberto Recchioni, nel quale ci mostra la differenza tra il vero trailer e uno realizzato da un fan, con un maggiore occhio di riguardo alla trama del film e allo spirito dell'opera originale.
Insomma, diciamo che a me è piaciuto, ma andrebbe visto sapendo qual è l'opera da cui è stato tratto e la sua importanza. Se non si conoscono queste cose, sono un paio d'ore di intrattenimento godibile, ma niente di più.
Anzi, Già che ci siamo, lanciamo un piccolo sondaggio per chi ha visto il film-letto i libri: quali libri-film-fumetti-eccetera vi vengono in mente che, in qualche modo, siano debitori della saga di John Carter di Marte? Perché sicuramente io ne ho dimenticati un bel po' ;-)
Il Moro.
domenica 9 settembre 2012
Dov'è Joker, di Marcello Nicolini
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Dov'è Joker è una blog novel scritta da Marcello Nicolini e pubblicata sul suo blog Mentalmente confuso e incline al vagabondaggio. Si tratta di uno spin-off del progetto 2 Minuti a mezzanotte di Alessandro Girola, al quale ho partecipato anch'io più di una volta, e per il quale ho un altro progetto in corso d'opera.
Per apprezzare questo racconto, comunque, non è necessario aver letto gli altri spin-off nè la round robin, e nemmeno conoscere approfonditamente l'ambientazione. Basta sapere che nel 1973, in seguito ad un esperimento, un certo numero di persone è stato dotato di superpoteri, e che alcuni di essi hanno deciso di diventare supereroi, altri supercriminali, altri ancora sono più... creativi.
La presenza dei supereroi ha avuto anche altre conseguenze. Per competere con questi esseri molti si sono sottoposti a terapie genetiche, innesti bionici e qualsiasi altra cosa che potesse renderli superiori ai normali esseri umani. Altri, invece, si sono fatti ispirare alle loro imprese e si sono dati alla carriera di vigilantes mascherati, senza nessun superpotere ma dotati di una volontà incrollabile... e spesso di una altrettanto impressionante stupidità.
Il Batman di questo racconto rientra in questo filone. Le case editrici dei fumetti sui supereroi sono fallite da anni, e il nostro Kevin Aaron Kane decide di riesumare il suo personaggio preferito, Batman, raccogliendo il testimone di difensore dei deboli e degli oppressi. Ha tutto: abilità, addestramento, vocione roco, gadget costosissimi... ha perfino Alfred, anche se è un po' diverso da quello originale. Ha anche una cosa che al Batman della DC mancava: un fucile a pompa Remington calibro 12 che non vede l'ora di usare.
L'unica cosa che gli manca è un Joker.
Procurarsi l'attrezzatura per fare Batman ha prosciugato le sue finanze, quindi quando vede la possibilità di accumulare una piccola fortuna rivendendo il numero 27 originale di Batman del '39, appartenuto a suo nonno , non esita... ma questo lo porterà a scoprire una verità che non sospettava.
Per tutto il racconto questo Batman non fa proprio niente di "eroico": si ubriaca, fa a pugni, si fa arrestare, ha l'incazzatura facile e quel dannato costume avrebbe bisogno di canaletti di scolo per il sudore. Ma è lo stesso un eroe, perché solo un vero eroe può riuscire a non strangolare quell'idiota di Alfred!
Il racconto è "brillante", soprattutto nella prima parte. Batman è simpaticissimo e Alfred meriterebbe uno spin-off solo per sè.
Ci sono un paio di frasi che sanno eccessivamente di infodump, che magari avrebbero potuto essere ripulite con una più attenta rilettura del testo, ma è poca roba.
La seconda parte è meno ironica e più d'azione (a parte il mitico Alfred, voglio un monumento per quell'uomo!), ma il racconto funziona benissimo lo stesso.
E ora inauguro l'inutilissima rubrica "se l'avessi scritto io":
se l'avessi scritto io avrei mantenuto la promessa iniziale di un imitatore di Batman un po' sfigato, mentre qui il protagonista si rivela presto abile e dotato (anche di gadget) quasi quanto l'originale, anche se non altrettanto intelligente. Visto il taglio ironico, forse sarebbe stato meglio farlo rimanere "un uomo comune con un costume con le orecchie a punta" fino alla fine.
Ma si tratta di un'opinione strettamente personale, e infatti ho già definito questo paragrafo assolutamente inutile. ;-)
Piccola digressione:
Una cosa che amo in questo genere di racconti è la non-serialità. Mi spiego meglio. Ci sono autori (in generale, non solo all'interno di 2MM) che prima creano un personaggio, poi gli costruiscono delle storie intorno. Nei fumetti si fa così per motivi di serializzazione... e infatti non lo amo particolarmente neanche lì. Non a caso preferisco le storie autoconclusive (qualcuno ha detto Watchmen?) alle serie che vanno avanti da anni. Questo perché, per forza di cose, così facendo il personaggio non può essere direttamente coinvolto in ogni storia.
Pensateci un attimo: le storie più belle dei personaggi seriali non sono forse quelle dove il protagonista racconta il suo passato? Nel caso di un supereroe, come ha fatto a ottenere i superpoteri? Come Tex Willer ha ottenuto la stella di ranger? Perché Zagor ha deciso di ergersi a protettore della foresta di Darkwod? E le storie migliori di Batman e degli altri supereroi dei fumetti non sono quasi sempre gli Elseworld, nei quali il protagonista può morire, diventare cattivo, trasformarsi in pantegana mistica (l'ha fatto! era Batman: the doom that came to Gotham,ispirato ai miti di Cthuluh) o qualsiasi altra cosa? Non a caso le origini di Batman (e di tutti gli altri) sono state raccontate millemila volta in tutte le salse immaginabili: sono le storie più coinvolgenti.
Quando invece si arriva alla serializzazione, si ha una spersonalizzazione della storia che la rende meno interessante. E' come nei telefilm polizieschi: succede un fattaccio, il protagonista interviene per il semplice fatto che è il suo lavoro, risolve la situazione e se ne va.
Dov'è Joker è una delle storie che piacciono a me: pur riguardando un supereroe (o qualcuno che si crede tale...) è una storia costruita pensando contemporaneamente sia alla trama che al personaggio, dove il protagonista è direttamente e personalmente coinvolto nella vicenda. Così mi piace.
Bravo Marcello, continua così.
Il racconto è consigliabile a tutti quelli che vogliono farsi due risate senza però rinunciare a una trama interessante, anche a quelli che non seguono 2 Minuti a Mezzanotte: quelle poche informazioni scritte all'inizio di questo post sono più che sufficienti per capire appieno il racconto.
Lo trovate qui. Leggetevelo, sanguinario inferno!
Il Moro
Dov'è Joker è una blog novel scritta da Marcello Nicolini e pubblicata sul suo blog Mentalmente confuso e incline al vagabondaggio. Si tratta di uno spin-off del progetto 2 Minuti a mezzanotte di Alessandro Girola, al quale ho partecipato anch'io più di una volta, e per il quale ho un altro progetto in corso d'opera.
Per apprezzare questo racconto, comunque, non è necessario aver letto gli altri spin-off nè la round robin, e nemmeno conoscere approfonditamente l'ambientazione. Basta sapere che nel 1973, in seguito ad un esperimento, un certo numero di persone è stato dotato di superpoteri, e che alcuni di essi hanno deciso di diventare supereroi, altri supercriminali, altri ancora sono più... creativi.
La presenza dei supereroi ha avuto anche altre conseguenze. Per competere con questi esseri molti si sono sottoposti a terapie genetiche, innesti bionici e qualsiasi altra cosa che potesse renderli superiori ai normali esseri umani. Altri, invece, si sono fatti ispirare alle loro imprese e si sono dati alla carriera di vigilantes mascherati, senza nessun superpotere ma dotati di una volontà incrollabile... e spesso di una altrettanto impressionante stupidità.
Il Batman di questo racconto rientra in questo filone. Le case editrici dei fumetti sui supereroi sono fallite da anni, e il nostro Kevin Aaron Kane decide di riesumare il suo personaggio preferito, Batman, raccogliendo il testimone di difensore dei deboli e degli oppressi. Ha tutto: abilità, addestramento, vocione roco, gadget costosissimi... ha perfino Alfred, anche se è un po' diverso da quello originale. Ha anche una cosa che al Batman della DC mancava: un fucile a pompa Remington calibro 12 che non vede l'ora di usare.
L'unica cosa che gli manca è un Joker.
Procurarsi l'attrezzatura per fare Batman ha prosciugato le sue finanze, quindi quando vede la possibilità di accumulare una piccola fortuna rivendendo il numero 27 originale di Batman del '39, appartenuto a suo nonno , non esita... ma questo lo porterà a scoprire una verità che non sospettava.
Per tutto il racconto questo Batman non fa proprio niente di "eroico": si ubriaca, fa a pugni, si fa arrestare, ha l'incazzatura facile e quel dannato costume avrebbe bisogno di canaletti di scolo per il sudore. Ma è lo stesso un eroe, perché solo un vero eroe può riuscire a non strangolare quell'idiota di Alfred!
Il racconto è "brillante", soprattutto nella prima parte. Batman è simpaticissimo e Alfred meriterebbe uno spin-off solo per sè.
Ci sono un paio di frasi che sanno eccessivamente di infodump, che magari avrebbero potuto essere ripulite con una più attenta rilettura del testo, ma è poca roba.
La seconda parte è meno ironica e più d'azione (a parte il mitico Alfred, voglio un monumento per quell'uomo!), ma il racconto funziona benissimo lo stesso.
E ora inauguro l'inutilissima rubrica "se l'avessi scritto io":
se l'avessi scritto io avrei mantenuto la promessa iniziale di un imitatore di Batman un po' sfigato, mentre qui il protagonista si rivela presto abile e dotato (anche di gadget) quasi quanto l'originale, anche se non altrettanto intelligente. Visto il taglio ironico, forse sarebbe stato meglio farlo rimanere "un uomo comune con un costume con le orecchie a punta" fino alla fine.
Ma si tratta di un'opinione strettamente personale, e infatti ho già definito questo paragrafo assolutamente inutile. ;-)
Piccola digressione:
Una cosa che amo in questo genere di racconti è la non-serialità. Mi spiego meglio. Ci sono autori (in generale, non solo all'interno di 2MM) che prima creano un personaggio, poi gli costruiscono delle storie intorno. Nei fumetti si fa così per motivi di serializzazione... e infatti non lo amo particolarmente neanche lì. Non a caso preferisco le storie autoconclusive (qualcuno ha detto Watchmen?) alle serie che vanno avanti da anni. Questo perché, per forza di cose, così facendo il personaggio non può essere direttamente coinvolto in ogni storia.
Pensateci un attimo: le storie più belle dei personaggi seriali non sono forse quelle dove il protagonista racconta il suo passato? Nel caso di un supereroe, come ha fatto a ottenere i superpoteri? Come Tex Willer ha ottenuto la stella di ranger? Perché Zagor ha deciso di ergersi a protettore della foresta di Darkwod? E le storie migliori di Batman e degli altri supereroi dei fumetti non sono quasi sempre gli Elseworld, nei quali il protagonista può morire, diventare cattivo, trasformarsi in pantegana mistica (l'ha fatto! era Batman: the doom that came to Gotham,ispirato ai miti di Cthuluh) o qualsiasi altra cosa? Non a caso le origini di Batman (e di tutti gli altri) sono state raccontate millemila volta in tutte le salse immaginabili: sono le storie più coinvolgenti.
Quando invece si arriva alla serializzazione, si ha una spersonalizzazione della storia che la rende meno interessante. E' come nei telefilm polizieschi: succede un fattaccio, il protagonista interviene per il semplice fatto che è il suo lavoro, risolve la situazione e se ne va.
Dov'è Joker è una delle storie che piacciono a me: pur riguardando un supereroe (o qualcuno che si crede tale...) è una storia costruita pensando contemporaneamente sia alla trama che al personaggio, dove il protagonista è direttamente e personalmente coinvolto nella vicenda. Così mi piace.
Bravo Marcello, continua così.
Il racconto è consigliabile a tutti quelli che vogliono farsi due risate senza però rinunciare a una trama interessante, anche a quelli che non seguono 2 Minuti a Mezzanotte: quelle poche informazioni scritte all'inizio di questo post sono più che sufficienti per capire appieno il racconto.
Lo trovate qui. Leggetevelo, sanguinario inferno!
Il Moro
venerdì 7 settembre 2012
The Sky Crawlers - cavalieri del cielo
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Stanotte ho visto il film The sky crawlers, e ovviamente non posso fare a meno di parlarne sul blog.
La regia è di Mamoru Oshii, conosciuto soprattutto per Ghost in the shell, film che ho francamente odiato. Per questo non ero molto convinto quando ho scelto questo film, ma devo dire alla fine sono rimasto favorevolmente colpito.
La trama non è chiara dall'inizio: prima sembra che i ragazzi protagonisti siano soldati in una guerra che potrebbe ricordare la seconda guerra mondiale per l'aspetto dei veicoli, delle ambientazioni e dei vestiti. poi salta fuor che la guerra è in realtà tra due compagnie, e la gente normale, i civili,non sembrano direttamente coinvolti nel conflitto. Vivono una vita normale, senza preoccupazioni, anche se i giornali riportano quasi solamente notizie dei combattimenti aerei, contrapposti ai giovanissimi piloti che rischiano la vita ogni giorno. Poi si evolve svelando altri misteri che preferisco non spiattellare.
Sì, perché è odioso che qualunque sito parli di questo film sveli le rivelazioni che avvengono solo nell'ultima mezz'ora, anche quelli che riportano solo la trama. Io quindi preferisco non dire come finisce, anche se leggendo da qualsiasi altra parte lo saprete immediatamente senza passare attraverso nessun avviso di spoiler. Chissà perché.
Diciamo comunque che, nonostante sia incentrato sulla storia di un pilota, da combattimento, di combattimenti ce ne sono pochi. Quei pochi sono comunque ben fatti (in computer grafica), ben disegnati e adegutamente spettacolari. Il film si concentra soprattutto su questi ragazzi e sulla loro strana vita, lenta, apatica. Sono quasi tutti privi di emozioni (oltre che di ricordi), rassegnati, senza una chiara idea di cosa stanno facendo, del perchè combattono, di chi erano prima della guerra. Ci sono diversi spunti di riflessione, esistenziali e filosofici, più suggeriti che mostrati.
I disegni sono essenziali, dai fondali lasciati volutamente scarni ai volti inespressivi dei protagonisti, anche qui tutto voluto. Un po' stanca, però. Diverso il discorso durante le scene di combattimento aereo in computer grafica, dove tutto accelera fino alla frenesia.
Il film sarebbe anche interessante, ma ha un grosso problema: la noia. Il regista, forse in una disperata autocelebrazione, tira per le lughe qualunque cosa, pensando che sia sufficiente per creare un effetto drammatico.
Ogni fottuta inquadratura è prolugata per due secondi oltre la sua utilità. Non c'è mai un dialogo che non si concluda con due o tre secondi di primi piani muti. Sguardi inutilmente fissi nel vuoto, lunghissimi silenzi, attese snervanti. Va bene che crea un'atmosfera di malinconia, ma a me sembra che siano state messe unicamente per raggiungere le due ore di girato. Intendiamoci, dare al film una velocità troppo elevata l'avrebbe snaturato, ma così è troppo. L'ho guardato mentre facevo altro, e sono riuscito comunque a capirlo perfettamente senza mai bisogno di mandare indietro qualche scena.
A parte questo difetto, il film è comunque valido e fa riflettere... ma bisogna guardarlo senza prima leggere la trama: spoiler assicurato.
Consigliato.
Il Moro.
martedì 4 settembre 2012
SalveatuttisonoLUilsocioamicodelMOROdacomestoscrivendomiparovvioilmotivopercuinon
scrivomainelblogaparteglischerzicometuttisonoimpegnatointantecoseeilprogetto
cheabbiamoinmenteperfarlobenerichiedeiolgiustospaziostoscrivendoinquestomodoperch
èalmenocapitechideidueèlapersonaseriaechinodiseguitometteròlapunteggiaturaefatene
ciòchenevolete,,.,.,,,,,.,.!!:)
Dopo questa presentazione, abbastanza insolita, vi devo annunciare che stiamo
lavorando per il progetto e che, a breve, partirà.
Saluti Lu o se preferito ilLU
scrivomainelblogaparteglischerzicometuttisonoimpegnatointantecoseeilprogetto
cheabbiamoinmenteperfarlobenerichiedeiolgiustospaziostoscrivendoinquestomodoperch
èalmenocapitechideidueèlapersonaseriaechinodiseguitometteròlapunteggiaturaefatene
ciòchenevolete,,.,.,,,,,.,.!!:)
Dopo questa presentazione, abbastanza insolita, vi devo annunciare che stiamo
lavorando per il progetto e che, a breve, partirà.
Saluti Lu o se preferito ilLU
Troll Hunter
Salve a tutti, è il Moro che vi parla!
Stanotte ho visto un film strano - strano perché arriva dalla Norvegia, che di solito non è sempre in prima linea quando si parla di cinema. Strano perché rielabora un mito nordico come quello dei troll in modo prettamente hollywoodiano. Strano perché non sono ancora riuscito a capire se mi è piaciuto o no.
La figura del troll è presente nella mitologia nordica e soprattutto, appunto, in quella norvegese. Ne esistono di molte forme e dimensioni, anche perché si tratta di una tradizione trasmessa oralmente, quindi fatalmente poco precisa e soggetta a infinite diverse interpretazioni. In genere nelle fiabe i troll sono esseri intelligenti, ma malvagi oppure buoni ma dispettosi, che usano rapire i bambini.
Niente di tutto questo nel film. Qui i Troll sono nient'altro che animali, anche piuttosto feroci. Ce ne sono di molte specie con caratteristiche e dimensioni diverse, accomunati dall'avversione per la luce solare.
I ragazzi prendono a seguire il cacciatore nelle sue missioni di controllo faunistico, e qui c'è uno dei difetti del film: non c'è una trama vera e propria, ma piuttosto una consecuzione di scene di caccia, appostamento, agguati ai giganteschi troll. Bisogna però dire che ognuna di queste scene è in crescendo, con un aumento costante del pericolo corso dai protagonisti e del coinvolgimento dello spettatore.
Lo stile di ripresa è quello ci hanno abituati questi film con il punto di vista in soggettiva dalla telecamera. In quasto caso si può dire che sia a metà strada tra The Blair witch project e Cloverfield, con riprese nè troppo "amatoriali" nè troppo "pulite": abbiamo le solite, fastidiosissime riprese ondeggianti di gente che corre con la telecamera in mano riprendendosi i piedi, l'erba e il cielo, alternate con riprese perfette dei troll che, a differenza che nei classici film horror, si vedono perfettamente.
Ci sono momenti molto suggestivi, come lo scontro finale con l'enorme troll supermegaturbopower o la sequenza della caverna. Però ci sono anche pezzi inutili e un po' pallosi, messi per allungare il brodo, soprattutto nella parte iniziale.
I personaggi perdono qualcosa dal punto di vista del realismo, le reazioni sono in genere un po' strane, ma nel contesto ci può stare.
Un altro difetto è che il film pretende una notevole sospensione dell'incredulità: prima di tutto, com'è possibile tenere nascoste creature tanto gigantesche? Ma siete stupidi ad infilarvi in una tana di troll solo perché "in quel momento non ci sono"? Com'è possibile che il cacciatore da burbero solitario passi di colpo ad amico fraterno dei ragazzi? Ma soprattutto, chi è il deficente che continua a riprendere mentre un troll alto cento metri cerca di schiacciarlo sotto il piede? Va beh.
Alla fine, mi è piaciuto o no?
Beh, il film ha pregi e difetti, ma nel complesso l'ho guardato volentieri e non mi è sembrato di aver perso il mio tempo. Rimane la sensazione che avrebbe potuto essere migliore, magari con una maggiore attenzione allo sviluppo della trama, ma nel complesso mi sento di consigliarlo a chi cerca un film d'intrattenimento con qualche spunto originale.
Il Moro.
Stanotte ho visto un film strano - strano perché arriva dalla Norvegia, che di solito non è sempre in prima linea quando si parla di cinema. Strano perché rielabora un mito nordico come quello dei troll in modo prettamente hollywoodiano. Strano perché non sono ancora riuscito a capire se mi è piaciuto o no.
Girato come un mockumentary (alla The Blair Witch Project, per intenderci), il film narra di tre ragazzi intenzionati a girare un documentario sugli orsi, per poi iniziare a seguire un misterioso bracconiere. Scopriranno poi che l'uomo, interpretato da Otto Jespersen (un comico televisivo, qui però in una parte da personaggio triste e disincantato) è in realtà un cacciatore di Troll pagato dal governo per mantenere sotto controllo la popolazione di questi esseri, i quali ogni tanto non disdegnano di sgranocchiare qualche umano.
La figura del troll è presente nella mitologia nordica e soprattutto, appunto, in quella norvegese. Ne esistono di molte forme e dimensioni, anche perché si tratta di una tradizione trasmessa oralmente, quindi fatalmente poco precisa e soggetta a infinite diverse interpretazioni. In genere nelle fiabe i troll sono esseri intelligenti, ma malvagi oppure buoni ma dispettosi, che usano rapire i bambini.
Niente di tutto questo nel film. Qui i Troll sono nient'altro che animali, anche piuttosto feroci. Ce ne sono di molte specie con caratteristiche e dimensioni diverse, accomunati dall'avversione per la luce solare.
I ragazzi prendono a seguire il cacciatore nelle sue missioni di controllo faunistico, e qui c'è uno dei difetti del film: non c'è una trama vera e propria, ma piuttosto una consecuzione di scene di caccia, appostamento, agguati ai giganteschi troll. Bisogna però dire che ognuna di queste scene è in crescendo, con un aumento costante del pericolo corso dai protagonisti e del coinvolgimento dello spettatore.
Lo stile di ripresa è quello ci hanno abituati questi film con il punto di vista in soggettiva dalla telecamera. In quasto caso si può dire che sia a metà strada tra The Blair witch project e Cloverfield, con riprese nè troppo "amatoriali" nè troppo "pulite": abbiamo le solite, fastidiosissime riprese ondeggianti di gente che corre con la telecamera in mano riprendendosi i piedi, l'erba e il cielo, alternate con riprese perfette dei troll che, a differenza che nei classici film horror, si vedono perfettamente.
Ci sono momenti molto suggestivi, come lo scontro finale con l'enorme troll supermegaturbopower o la sequenza della caverna. Però ci sono anche pezzi inutili e un po' pallosi, messi per allungare il brodo, soprattutto nella parte iniziale.
I personaggi perdono qualcosa dal punto di vista del realismo, le reazioni sono in genere un po' strane, ma nel contesto ci può stare.
Un altro difetto è che il film pretende una notevole sospensione dell'incredulità: prima di tutto, com'è possibile tenere nascoste creature tanto gigantesche? Ma siete stupidi ad infilarvi in una tana di troll solo perché "in quel momento non ci sono"? Com'è possibile che il cacciatore da burbero solitario passi di colpo ad amico fraterno dei ragazzi? Ma soprattutto, chi è il deficente che continua a riprendere mentre un troll alto cento metri cerca di schiacciarlo sotto il piede? Va beh.
Alla fine, mi è piaciuto o no?
Beh, il film ha pregi e difetti, ma nel complesso l'ho guardato volentieri e non mi è sembrato di aver perso il mio tempo. Rimane la sensazione che avrebbe potuto essere migliore, magari con una maggiore attenzione allo sviluppo della trama, ma nel complesso mi sento di consigliarlo a chi cerca un film d'intrattenimento con qualche spunto originale.
Il Moro.
sabato 1 settembre 2012
Richard Matheson - Appuntamento nel tempo
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Partiamo subito dicendo che sono un fan di Matheson: adoro sopra ogni altro Tre millimetri al giorno, mi piacciono da impazzire Io sono leggenda e Al di là dei sogni, senza contare i numerosi racconti. Io sono Helen Driscoll invece non l'ho apprezzato particolarmente, colpa però anche dei soliti editori italiani e la loro mania di affibbiare titoli a caso (in questo caso sostituendo l'originale A stir of echoes con il primo caso di spoiler nel titolo stesso dell'opera - sempre solo applausi a questi geni).
Forse ne ho letto anche qualcun altro, ma la memoria fa cilecca...
Quando ho visto su una bancarella un romanzo di Matheson che non avevo mai letto, quindi, l'ho comprato a occhi chiusi. Forse, però, stavolta avrei dovuto stare un po' più attento.
Il punto è che, pur avendo un pretesto fantascientifico, il romanzo è una pura e semplice storia d'amore, sicuramente atipica nel curriculum dello scrittore americano.
Ma andiamo con ordine, iniziando dalla trama.
Il protagonista, Richard Collier, dopo aver scoperto di essere malato di cancro, molla tutto e se ne va per compiere l'ultimo viaggio della sua vita. Non raggiungerà mai la sua meta, però, perché durante il tragitto si fermerà in un vecchio hotel. Qui scopre per caso la foto di un'attrice e se innamora perdutamente, con il colpo di fulmine più fulminante che si sia mai visto. La donna in questione pare essere l'incarnazione di ogni sogno del protagonista, al punto da diventare per lui un'ossessione.
Il problema è che la foto ha più di cento anni.
Richard Collier inizia allora a documentarsi sulla vita della donna nella foto, Elise McKenna, sui suoi successi come attrice e su ogni notizia che riesca a trovare. Fino a che decide di tentare l'impossibile: raggiungerla nella sua epoca.
Il modo in cui ci riesce richiede una sospensione dell'incredulità più che notevole: a quanto pare (SPOILER), per viaggiare nel tempo è sufficiente circondarsi di cose vecchie e concentrarsi a fondo (FINE SPOILER). Ma è Matheson e gliela concediamo, anche perché il fulcro del romanzo non è il viaggio in sè ma l'amore che unisce il protagonista alla sua donna del passato.
(piccolo spoiler) La donna si innamora del protagonista a sua volta, praticamente subito, con un deus ex machina un po' fastidioso, ma ci mette molto tempo a entrare in confidenza con lui, complice il rigido sistema morale dell'anno in corso (se non ricordo male, il 1896) e la diffidenza della madre e dell'impresario dell'attrice.
In pratica, il romanzo è soprattutto questo: il corteggiamento del protagonista verso la donna dei suoi sogni, la quale è spinta verso di lui dai suoi istinti ma allo stesso tempo ne viene allontanata dalla mentalità dell'epoca e dal mistero che lo circonda.
Il POV attraverso gli occhi del protagonista ci aiuta a immedesimarci in lui, nelle sue sensazioni e nei suoi sentimenti, soprattutto nelle sue continue incertezze e dubbi (starò agendo nel modo corretto rapportato al periodo in cui mi trovo? Devo darle del voi? Devo chiedere il permesso alla madre per poterle rivolgere la parola? Cose così).
E' la storia di un amore che trascende ogni limite, anche quelli del tempo e dello spazio. Un uomo che per raggiungere la donna di cui è innamorato arriva a piegare le leggi della fisica, salvo poi tremare come un bambino quando se la trova di fronte. Il viaggio nel tempo non è che il primo ostacolo, poi Richard Collier dovrà affronatare anche la mentalità del 1896 e le persone che circondano elise McKenna, prima di poterla conquistare. Sempre pacato, ma mai domo. Incrollabile nei suoi propositi, timido nell'esecuzione. Matheson ci immerge bene nella psiche tormentata del protagonista, talmente sconvolto dall'amore da non riuscire a rimanere un secondo lontano dalla sua bella senza soffrirne.
Concludendo: Appuntamento nel tempo è una bellissima storia d'amore, almeno credo.
Sì, perché io mi ero accostato a questo libro pensando che fosse "un libro di Matheson", e quindi di trovarci inflessioni più fantascientifiche o avventurose (non horror, la quarta di copertina non è così ingannevole). Questa, invece, è una pura storia d'amore, adatta a chi sa apprezzarla, ma non è esattamente il mio genere, quindi il mio giudizio non può essere imparziale.
Lo consiglio a chi cerca una storia d'amore ben scritta e appassionante, magari con risvolti soprannaturali, ma non credo che possa piacere alle fan dei vampiri sperluccicanti. Troppo raffinato.
Appuntamento nel tempo ha vinto nel 1976 il World fantasy Award for Best Novel, e ne è stato tratto un film con Cristopher Reeves dal titolo Somewhere in time.
Il Moro
Partiamo subito dicendo che sono un fan di Matheson: adoro sopra ogni altro Tre millimetri al giorno, mi piacciono da impazzire Io sono leggenda e Al di là dei sogni, senza contare i numerosi racconti. Io sono Helen Driscoll invece non l'ho apprezzato particolarmente, colpa però anche dei soliti editori italiani e la loro mania di affibbiare titoli a caso (in questo caso sostituendo l'originale A stir of echoes con il primo caso di spoiler nel titolo stesso dell'opera - sempre solo applausi a questi geni).
Forse ne ho letto anche qualcun altro, ma la memoria fa cilecca...
Quando ho visto su una bancarella un romanzo di Matheson che non avevo mai letto, quindi, l'ho comprato a occhi chiusi. Forse, però, stavolta avrei dovuto stare un po' più attento.
Il punto è che, pur avendo un pretesto fantascientifico, il romanzo è una pura e semplice storia d'amore, sicuramente atipica nel curriculum dello scrittore americano.
Ma andiamo con ordine, iniziando dalla trama.
Il protagonista, Richard Collier, dopo aver scoperto di essere malato di cancro, molla tutto e se ne va per compiere l'ultimo viaggio della sua vita. Non raggiungerà mai la sua meta, però, perché durante il tragitto si fermerà in un vecchio hotel. Qui scopre per caso la foto di un'attrice e se innamora perdutamente, con il colpo di fulmine più fulminante che si sia mai visto. La donna in questione pare essere l'incarnazione di ogni sogno del protagonista, al punto da diventare per lui un'ossessione.
Il problema è che la foto ha più di cento anni.
Richard Collier inizia allora a documentarsi sulla vita della donna nella foto, Elise McKenna, sui suoi successi come attrice e su ogni notizia che riesca a trovare. Fino a che decide di tentare l'impossibile: raggiungerla nella sua epoca.
Il modo in cui ci riesce richiede una sospensione dell'incredulità più che notevole: a quanto pare (SPOILER), per viaggiare nel tempo è sufficiente circondarsi di cose vecchie e concentrarsi a fondo (FINE SPOILER). Ma è Matheson e gliela concediamo, anche perché il fulcro del romanzo non è il viaggio in sè ma l'amore che unisce il protagonista alla sua donna del passato.
(piccolo spoiler) La donna si innamora del protagonista a sua volta, praticamente subito, con un deus ex machina un po' fastidioso, ma ci mette molto tempo a entrare in confidenza con lui, complice il rigido sistema morale dell'anno in corso (se non ricordo male, il 1896) e la diffidenza della madre e dell'impresario dell'attrice.
In pratica, il romanzo è soprattutto questo: il corteggiamento del protagonista verso la donna dei suoi sogni, la quale è spinta verso di lui dai suoi istinti ma allo stesso tempo ne viene allontanata dalla mentalità dell'epoca e dal mistero che lo circonda.
Il POV attraverso gli occhi del protagonista ci aiuta a immedesimarci in lui, nelle sue sensazioni e nei suoi sentimenti, soprattutto nelle sue continue incertezze e dubbi (starò agendo nel modo corretto rapportato al periodo in cui mi trovo? Devo darle del voi? Devo chiedere il permesso alla madre per poterle rivolgere la parola? Cose così).
E' la storia di un amore che trascende ogni limite, anche quelli del tempo e dello spazio. Un uomo che per raggiungere la donna di cui è innamorato arriva a piegare le leggi della fisica, salvo poi tremare come un bambino quando se la trova di fronte. Il viaggio nel tempo non è che il primo ostacolo, poi Richard Collier dovrà affronatare anche la mentalità del 1896 e le persone che circondano elise McKenna, prima di poterla conquistare. Sempre pacato, ma mai domo. Incrollabile nei suoi propositi, timido nell'esecuzione. Matheson ci immerge bene nella psiche tormentata del protagonista, talmente sconvolto dall'amore da non riuscire a rimanere un secondo lontano dalla sua bella senza soffrirne.
Concludendo: Appuntamento nel tempo è una bellissima storia d'amore, almeno credo.
Sì, perché io mi ero accostato a questo libro pensando che fosse "un libro di Matheson", e quindi di trovarci inflessioni più fantascientifiche o avventurose (non horror, la quarta di copertina non è così ingannevole). Questa, invece, è una pura storia d'amore, adatta a chi sa apprezzarla, ma non è esattamente il mio genere, quindi il mio giudizio non può essere imparziale.
Lo consiglio a chi cerca una storia d'amore ben scritta e appassionante, magari con risvolti soprannaturali, ma non credo che possa piacere alle fan dei vampiri sperluccicanti. Troppo raffinato.
Appuntamento nel tempo ha vinto nel 1976 il World fantasy Award for Best Novel, e ne è stato tratto un film con Cristopher Reeves dal titolo Somewhere in time.
Il Moro
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