Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Oh, ma quanto è folle questo film del 2015?
Almeno quanto il suo regista e autore del soggetto, Takashi Miike, che ben ci ha abituato a grottesche, surreali follie.
Questa volta sono vampiri yakuza.
Il che non significa che sono vampiri che fanno gli yakuza: vampiri yakuza è tutto un unico sostantivo.
Una banda di yakuza governa la cittadina dove è ambientata la storia. Il loro capo, chiamato semplicemente "il boss", è una specie di "buon mafioso", che vive sì alle spalle dei "civili", ma che allo stesso tempo li protegge dai soprusi di altri yakuza.
Il boss però è un vampiro yakuza, e a quanto pare ha dei nemici di cui i suoi compagni non sanno nulla.
Arrivano in città due sicari per ucciderlo, non vampiri yakuza, forse vampiri e basta, non si sa bene: un tizio vestito di nero che si porta sempre a spalle una piccola bara con dentro un'arma da fuoco che può uccidere i vampiri, e Yayan Ruhian, anche conosciuto come "il nanerottolo più letale dell'universo" dopo la sua parte in The Raid. Quest'ultimo si presenta vestito come uno studente in gita, con tanto di zainetto, e rimane così vestito per quasi tutto il film.
Sedetevi con noi e facciamo quattro chiacchiere. No, la birra non ve la paghiamo.
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giovedì 28 maggio 2020
martedì 26 maggio 2020
Heavy rain: come NON scrivere una sceneggiatura
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Heavy rain, titolo uscito per la PS3 nel 2010 (in seguito convertito anche per PS4 e Windows) mi ha un po' deluso. Anzi, mi ha fatto proprio arrabbiare.
Ho già detto in articoli precedenti che, dopo aver schifato le avventure grafiche per una vita, recentemente ho cambiato idea e sto recuperando un mucchio di roba. Questo, in particolare, l'ho recuperato a 5 euro in un mercatino dell'usato. Heavy Rain è un'avventura grafica di tipo cinematografico, un po' come Life is strange, se vogliamo. La parte "giocata", che consiste per lo più nell'aggirarsi per stanze ammobiliate aprendo tutti i cassetti e gli armadi, serve quasi solo da collante per cutscene quasi sempre interattive, nelle quali bisogna premere il tasto giusto al momento giusto per andare avanti.
Ora, Heavy Rain era da un po' nella lista dei titoli che volevo provare, visto il mio relativamente nuovo interesse per le avventure grafiche, visto che mi era piaciuto il precedente gioco di David Cage Fahrenheit, e visti i voti assurdamente alti ricevuti dal gioco da parte delle varie riviste di settore. Basta visitare la pagina di Wikipedia, che ne riporta un bel po' in una tabella, per fare una media: possiamo dire che è un po' sopra al 9/10.
Questa è la conferma che i recensori professionisti non giocano i giochi fino al fondo, altrimenti non si spiega. Ne avranno ben ragione, d'altronde, avranno altri giochi da recensire, non è che possano completarli tutti al 100%.
Chiaro che, in un gioco di questo tipo, più simile a un film interattivo che a un videogame, il 90% lo fa la trama e come viene raccontata, visto che di "gioco" c'è poco. Non importa se la grafica è bella, se ci sono dei momenti cinematografici molto ben riusciti, se al doppiaggio italiano troviamo anche nomi grossi come Pino Insegno e Claudia Gerini al servizio di personaggi abbastanza ben scritti (abbastanza, non di più): se sbagli la sceneggiatura sbagli tutto.
Heavy rain, titolo uscito per la PS3 nel 2010 (in seguito convertito anche per PS4 e Windows) mi ha un po' deluso. Anzi, mi ha fatto proprio arrabbiare.
Ho già detto in articoli precedenti che, dopo aver schifato le avventure grafiche per una vita, recentemente ho cambiato idea e sto recuperando un mucchio di roba. Questo, in particolare, l'ho recuperato a 5 euro in un mercatino dell'usato. Heavy Rain è un'avventura grafica di tipo cinematografico, un po' come Life is strange, se vogliamo. La parte "giocata", che consiste per lo più nell'aggirarsi per stanze ammobiliate aprendo tutti i cassetti e gli armadi, serve quasi solo da collante per cutscene quasi sempre interattive, nelle quali bisogna premere il tasto giusto al momento giusto per andare avanti.
Ora, Heavy Rain era da un po' nella lista dei titoli che volevo provare, visto il mio relativamente nuovo interesse per le avventure grafiche, visto che mi era piaciuto il precedente gioco di David Cage Fahrenheit, e visti i voti assurdamente alti ricevuti dal gioco da parte delle varie riviste di settore. Basta visitare la pagina di Wikipedia, che ne riporta un bel po' in una tabella, per fare una media: possiamo dire che è un po' sopra al 9/10.
Questa è la conferma che i recensori professionisti non giocano i giochi fino al fondo, altrimenti non si spiega. Ne avranno ben ragione, d'altronde, avranno altri giochi da recensire, non è che possano completarli tutti al 100%.
Chiaro che, in un gioco di questo tipo, più simile a un film interattivo che a un videogame, il 90% lo fa la trama e come viene raccontata, visto che di "gioco" c'è poco. Non importa se la grafica è bella, se ci sono dei momenti cinematografici molto ben riusciti, se al doppiaggio italiano troviamo anche nomi grossi come Pino Insegno e Claudia Gerini al servizio di personaggi abbastanza ben scritti (abbastanza, non di più): se sbagli la sceneggiatura sbagli tutto.
venerdì 22 maggio 2020
Giochi e videogiochi tratti da "Atto di forza"!
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Il Zinefilo in queste settimane sta tenendo banco con un'impressionante serie di articoli di approfondimento su Atto di forza, che guarda caso è anche uno dei miei film preferiti di sempre. Sono fiero di poter partecipare a questo specialone con un articolo su tutti i videogiochi tratti da questo film!
Che non sono tanti, vi avviso in anticipo...
giovedì 21 maggio 2020
Venere sulla conchiglia, di Philip Josè Farmer
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Venere sulla conchiglia, uscito nel 1975, narra le più o meno rocambolesche avventure dell'ultimo terrestre che, dopo la distruzione del suo pianeta, inizia a vagare per lo spazio... Giù i forconi, Guida galattica per autostoppisti è del 1979.
Avventure che hanno spesso come tema centrale il sesso, argomento che all'interno del genere fantascientifico all'epoca era ancora tabù, il che è uno dei motivi per cui nel 1975 il romanzo fece un certo scalpore (l'altro motivo è che Farmer lo firmò inizialmente con lo pseudonimo di Kilgore Trout, che è un personaggio dei romanzi di Kurt Vonnegut, e infatti molti pensavano che fosse stato scritto dallo stesso Vonnegut... il quale non la prese bene e pretese che il nome del suo personaggio fosse tolto dalle copertine).
Non che ci siano scene di sesso spinto: si parla di sesso e pulsioni sessuali in generale, e in un paio di occasioni vengono descritti dei bizzarri rituali di accoppiamento tra alieni che non hanno nulla di umanoide.
Venere sulla conchiglia, uscito nel 1975, narra le più o meno rocambolesche avventure dell'ultimo terrestre che, dopo la distruzione del suo pianeta, inizia a vagare per lo spazio... Giù i forconi, Guida galattica per autostoppisti è del 1979.
Avventure che hanno spesso come tema centrale il sesso, argomento che all'interno del genere fantascientifico all'epoca era ancora tabù, il che è uno dei motivi per cui nel 1975 il romanzo fece un certo scalpore (l'altro motivo è che Farmer lo firmò inizialmente con lo pseudonimo di Kilgore Trout, che è un personaggio dei romanzi di Kurt Vonnegut, e infatti molti pensavano che fosse stato scritto dallo stesso Vonnegut... il quale non la prese bene e pretese che il nome del suo personaggio fosse tolto dalle copertine).
Non che ci siano scene di sesso spinto: si parla di sesso e pulsioni sessuali in generale, e in un paio di occasioni vengono descritti dei bizzarri rituali di accoppiamento tra alieni che non hanno nulla di umanoide.
lunedì 18 maggio 2020
Opinioni veloci su Guns akimbo e Tyler rake
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Capita che veda dei film, e poi non abbia voglia di scrivere una recensione lunga. Questo a prescindere dalla qualità del film: film che possono essere belli, ma per cui non mi viene in mente niente di interessante o originale da dire, che aggiunga qualcosa alle millere censioni dello stesso che già ci sono in giro. Oppure film mediocri, che sono i più difficili da recensire perché non hanno né pregi e difetti da descrivere. No, per i film brutti qualcosa da dire lo si trova sempre. Oppure, semplicemente, li ho visti in un momento in cui non avevo voglia di scriverci sopra.
Andiamo quindi a inaugurare quella che potrebbe una rubrica che tornerà altre volte, a cadenza ovviamente irregolare (in effetti ho già fatto qualcosa di simile in passato, con i fumetti). Andiamo dunque a iniziare.
Guns akimbo
Diciamo la verità: la prima cosa che si nota di questo film è Daniel Ratcliffe che cerca in ogni modo (di nuovo) di allontanarsi dal ruolo di Harry Potter. Questa cosa sta diventando un'ossessione.
Questa volta è un programmatore informatico che nel tempo libero va a trollare su vari siti internet. Quando scopre in rete una specie di reality in cui i concorrenti si danno la caccia l'un l'altro attraverso la città per ammazzarsi, non esita a lasciare commenti velenosi. L'organizzatore del gioco si incazza, va a prenderlo a casa, gli inchioda, letteralmente, alle mani due pistole con caricatori maggiorati da 50 colpi e lo iscrive a forza al gioco, assegnandogli come avversaria proprio la campionessa.
Il reality sanguinario non è di certo una novità, in questo caso è una scusa per mostrare personaggi pittoreschi, completamente pazzi e drogati fin sopra i capelli, intenti in sparatorie e corse rocambolesche sottolineate da una regia da videoclip che sfrutta colori sparati e superfici lucide.
Il ritmo è quasi sempre altissimo e il film è generalmente divertente. La trama non è nulla di originale, anche le solite critiche all'uso che spesso si fa dei social network cominciano a stancare, ma in questo genere di film non è che conti molto. Certo, di questo sottogenere (come potremmo chiamarlo? Run 'n gun demenziale?) abbiamo visto di meglio. Il top è probabilmente stato toccato con il primo Crank (il secondo mi è piaciuto un po' di meno, era davvero troppo esagerato), ma anche il più recente Hardcore Henry mi è piaciuto molto di più.
Rimane comunque una visione divertente.
Curiosità: akimbo è una parola che indica la postura di chi tiene le mani sui fianchi, di etimologia incerta, ma nei videogiochi sparatutto in prima persona viene usato per col significato di tenere una pistola per mano. Definizione presa da wikipedia, perché io da videogiocatore non l'ho mai sentita. Si vede che gioco a giochi troppo vecchi...
Capita che veda dei film, e poi non abbia voglia di scrivere una recensione lunga. Questo a prescindere dalla qualità del film: film che possono essere belli, ma per cui non mi viene in mente niente di interessante o originale da dire, che aggiunga qualcosa alle millere censioni dello stesso che già ci sono in giro. Oppure film mediocri, che sono i più difficili da recensire perché non hanno né pregi e difetti da descrivere. No, per i film brutti qualcosa da dire lo si trova sempre. Oppure, semplicemente, li ho visti in un momento in cui non avevo voglia di scriverci sopra.
Andiamo quindi a inaugurare quella che potrebbe una rubrica che tornerà altre volte, a cadenza ovviamente irregolare (in effetti ho già fatto qualcosa di simile in passato, con i fumetti). Andiamo dunque a iniziare.
Guns akimbo
Diciamo la verità: la prima cosa che si nota di questo film è Daniel Ratcliffe che cerca in ogni modo (di nuovo) di allontanarsi dal ruolo di Harry Potter. Questa cosa sta diventando un'ossessione.
Questa volta è un programmatore informatico che nel tempo libero va a trollare su vari siti internet. Quando scopre in rete una specie di reality in cui i concorrenti si danno la caccia l'un l'altro attraverso la città per ammazzarsi, non esita a lasciare commenti velenosi. L'organizzatore del gioco si incazza, va a prenderlo a casa, gli inchioda, letteralmente, alle mani due pistole con caricatori maggiorati da 50 colpi e lo iscrive a forza al gioco, assegnandogli come avversaria proprio la campionessa.
Il reality sanguinario non è di certo una novità, in questo caso è una scusa per mostrare personaggi pittoreschi, completamente pazzi e drogati fin sopra i capelli, intenti in sparatorie e corse rocambolesche sottolineate da una regia da videoclip che sfrutta colori sparati e superfici lucide.
Il ritmo è quasi sempre altissimo e il film è generalmente divertente. La trama non è nulla di originale, anche le solite critiche all'uso che spesso si fa dei social network cominciano a stancare, ma in questo genere di film non è che conti molto. Certo, di questo sottogenere (come potremmo chiamarlo? Run 'n gun demenziale?) abbiamo visto di meglio. Il top è probabilmente stato toccato con il primo Crank (il secondo mi è piaciuto un po' di meno, era davvero troppo esagerato), ma anche il più recente Hardcore Henry mi è piaciuto molto di più.
Rimane comunque una visione divertente.
Curiosità: akimbo è una parola che indica la postura di chi tiene le mani sui fianchi, di etimologia incerta, ma nei videogiochi sparatutto in prima persona viene usato per col significato di tenere una pistola per mano. Definizione presa da wikipedia, perché io da videogiocatore non l'ho mai sentita. Si vede che gioco a giochi troppo vecchi...
giovedì 14 maggio 2020
Evoland 2, il "gioco dei giochi" per android
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Il primo Evoland era un interessante gioco a basso budget, che percorreva l'evoluzione degli action rpg alla Zelda. Un primo livello con grafica 8 bit e schermo piccolo in toni di verde stile Gameboy, un secondo livello con schermo grande con aggiunti i colori, un altro livello con grafica più raffinata in 16 bit, e l'ultima evoluzione è la grafica tridimensionale, a livello di quella che si vede in alcuni giochi del Nintendo DS.
Evoland 2 non è un seguito diretto del primo, diciamo pure che come trama non c'entra niente. Qui le "citazioni" delle varie evoluzioni videoludiche entrano a far parte della trama, quindi non sono in ordine come nel primo.
Dopo un breve tutorial in stile Gameboy, si passa alla grafica 16 bit che identifica il presente. Dopo i personaggi finiscono nel passato, che viene reso in grafica 8 bit, e poi nel futuro, con la grafica in 3D.
Oltre a questo, però, ci sono anche nel gioco ulteriori sezioni che citano tipi di gioco diversi.
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giovedì 7 maggio 2020
Tutte le versioni di Skeletor!
Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Questo qui sopra è un famoso disegno di Emiliano Santalucia che riunisce più o meno tutte le molte versioni di Skeletor esistenti all'epoca del rilancio dei Masters nel 2002. Ma non sono mica tutte...
Ogni tanto vedo saltare fuori qualche nuova versione dei Master of the universe, nuove linee di giocattoli, action figures, statuette e chi più ne ha più ne metta. Mi è venuta quindi voglia di mettere ordine nelle mie idee e scoprire finalmente quante versioni dei Masters sono uscite nel tempo, focalizzandomi su un personaggio che sicuramente compare in tutte le linee che siano mai state fatte: Skeletor.
Non l'avessi mai fatto...
Preso da un insano istinto suicida ho quindi catalogato qui TUTTE le versioni di Skeletor ordinate per data di uscita. Ma non avrei mai immaginato che fossero così TANTE!
Fidatevi se vi dico che alla fine vi sentirete più o meno come He-Man in questo video.
lunedì 4 maggio 2020
L'eternauta, il romanzo. Di Hector G. Oesterheld.
Salve a tutti, È il moro che vi parla!
Un ultimo strascico per i miei post sui vari seguiti dell'Eternauta, un articolo inizialmente non previsto e in cui, grazie all'aiuto di Lucius, posso parlarvi in modo diretto del romanzo che è stato il primo seguito dell'opera originale, scritto dallo stesso Oesterheld e pubblicato a puntate nel 1961 all'interno della rivista contenitore L'Eternauta.
Questo seguito non c'entra nulla con il successivo L'Eternauta il Ritorno (El Eternauta II), pubblicato nel 1976.
Era pensato inizialmente come una serie di racconti indipendenti che girano intorno alla figura di Juan Salvo, e in effetti i primi due vedono l'Eternauta che, "vagabondando nell'infinito" come conseguenza del finale dell'opera originale, si ritrova ad essere testimone di due eventi storici, il bombardamento di Hiroshima e la distruzione di Pompei. In seguito i racconti prendono una piega diversa tornando a narrare dell'invasione dei "Loro". Abbiamo così il primo tentativo di scrivere un sequel alla storia fumetti originale, da parte dello stesso autore.
Un ultimo strascico per i miei post sui vari seguiti dell'Eternauta, un articolo inizialmente non previsto e in cui, grazie all'aiuto di Lucius, posso parlarvi in modo diretto del romanzo che è stato il primo seguito dell'opera originale, scritto dallo stesso Oesterheld e pubblicato a puntate nel 1961 all'interno della rivista contenitore L'Eternauta.
Questo seguito non c'entra nulla con il successivo L'Eternauta il Ritorno (El Eternauta II), pubblicato nel 1976.
Era pensato inizialmente come una serie di racconti indipendenti che girano intorno alla figura di Juan Salvo, e in effetti i primi due vedono l'Eternauta che, "vagabondando nell'infinito" come conseguenza del finale dell'opera originale, si ritrova ad essere testimone di due eventi storici, il bombardamento di Hiroshima e la distruzione di Pompei. In seguito i racconti prendono una piega diversa tornando a narrare dell'invasione dei "Loro". Abbiamo così il primo tentativo di scrivere un sequel alla storia fumetti originale, da parte dello stesso autore.
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