venerdì 20 ottobre 2017

Ambrose, di Fabio Carta

Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!

Questa è una recensione su commissione, nel senso che sono stato contattato dall'autore che mi ha offerto una copia gratuita del libro in cambio di una recensione su questo blog. Come per le altre che ho già pubblicato, anche qui di soldi non ne sono arrivati, quindi la rece sarà assolutamente super partes!

Cominciamo con la quarta di copertina:
Controllore Ausiliario – CA – è uno dei pionieri ad aver sposato la causa della missione Nexus, la frontiera virtuale dove scrivere un nuovo e pacifico capitolo della storia umana. Ma durante la preparazione terapeutica, il suo corpo rimane vittima di danni irreparabili. Logorato dalle metastasi, è costretto a vivere in una speciale tuta eterodiretta da pazzi esaltati, che combattono una guerra in bilico tra realtà e spettacolo. Il suo destino è la morte, mentre un suo gemello elettronico continuerà a simulare la sua esistenza nel cyberspazio. L’infelicità di CA – figlio delle stelle, alieno agli usi terrestri – subisce uno stravolgimento con la comparsa di Ambrose. Un’entità che si presenta come una rosa stillante ambra, una irriverente voce che lo guida verso sviluppi imprevedibili. Come ribellarsi al proprio destino e scoprire cosa si cela realmente dietro i grandi cambiamenti ai quali l’umanità dovrà far fronte.


Di Fabio Carta su questo blog trovate già la recensione di Arma Infero, primo romanzo del ciclo di Muareb del quale il secondo I cieli di Muareb è già disponibile per l'acquisto.
Manca ancora all'appello il terzo e, credo, conclusivo volume della saga, ma intanto abbiamo questo Ambrose, decisamente meno "voluminoso" dei due romanzi citati, e che di quello stesso ciclo pare essere un prequel, raccontando in effetti la nascita del Nexus che si vede anche negli altri romanzi. E' comunque una storia perfettamente leggibile anche senza aver letto nulla di Muareb.

In Ambrose Fabio Carta si riallaccia a quella corrente di fantascienza trans-umanista e post-umanista che ha reso libri come Universo Incostante di Vernor Vinge, la trilogia di Phaeton di John C. Wright o Diaspora di Greg Egan maledettamente difficili ma anche appaganti da leggere. E, visto che due su tre dei libri che ho citato sono tra i miei preferiti di sempre, Fabio potrebbe aver fatto un errore a mandare proprio a me il suo libro da recensire: i suoi concorrenti sono agguerriti!

La prima metà del libro è in pratica un enorme, lunghissimo infodump, nel quale l'autore sfrutta i dialoghi quasi ininterrotti tra il protagonista e la sua "voce interiore" per presentare il complesso mondo in cui CA si muove, complesso ed immenso con le sue colonie sparse in tutto il sistema solare e le spedizioni già partite per colonizzare anche gli esopianeti più vicini, ma allo stesso tempo limitato e claustrofobico come l'angusto ambiente interno alla tuta corazzata-carrarmato su gambe in cui CA è costretto.

I riferimenti ai vizi e ai difetti della società moderna (l'uso dei social network per evitare il contatto umano, le riviste di gossip, il lavoro interinale, la gerontocrazia...) sono evidenti ed esasperati. Pur essendo così lontano nel tempo, il mondo di Ambrose è una diretta conseguenza del nostro, basti vedere la freddezza dei rapporti sociali, anche tra madre e figlio, quando svolti attraverso l'intermediazione della tecnologia, i surrogati elettronici nel libro, lo schermo di uno smartphone nel presente.
Questo, più una realtà virtuale in cui è più semplice e appagante vivere che nella realtà "vera", un luogo di delizie ornato da meravigliosi giardini, contrapposto a una Terra sconvolta da una guerra devastante combattuta con assurde macchine in cui il pilota umano è solo un tramite telepatico per dei piloti al sicuro chissà dove, più star dello spettacolo che soldati, in una guerra che è per metà uno show.
Tutto quanto mixato nello stile di scrittura barocco e ricco di termini desueti e di dialoghi quasi lirici a cui Fabio Carta ci ha già abituato.

Ambrose forse non è bello come Arma Infero, gli manca qualcosa nella costruzione dell'ambientazione, ma a me è comunque piaciuto di più, probabilmente perché è più breve e sono assenti le parti descrittive eccessive e pesanti che invece abbondavano nel romanzo precedente.
Devo dire che non mi è piaciuto il finale, troppo surreale per i miei gusti, ma ciò non toglie il piacere nel leggere i dialoghi del coltissimo Ambrose, vere perle di filosofia che Fabio Carta lancia ai suoi lettori senza risparmiarsi.

Il Moro

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