Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Allora, premettiamo che io non sarò mai bravo a scrivere come Stephen King, nemmeno se io fossi all'apice della mia estasi creativa e lui a letto con l'influenza.
Detto questo, probabilmente quando ha scritto The Dome (o Under the Dome in lingua originale, perché il Malvagio consiglio dei titoli italiani (copyright by Mr. Giobbin) ha anche l'abitudine di mangiarsi le parole) era a letto con l'influenza.
Un'influenza particolarmente perniciosa e con un decorso eccezionalmente lungo, visto lo spropositato numero di pagine di The Dome: 1034.
Ah, e tutto si svolge in meno di una settimana.
Trama: non si sa come nè perché, un bel giorno la cittadina di Chester Mill viene chiusa sotto una cupola trasparente e indistruttibile.
Da quel momento in avanti, vedremo le reazioni di quelli che stono rimasti chiusi dentro a questa situazione surreale e spaventosa.
C'è un forestiero, ex soldato decorato, eroe tutto d'un pezzo il cui passato è macchiato da una colpa misteriosa (che in effetti sembra appiccicata con l'attack giusto per dargli un po' di profondità, ma che forse poteva essere sfruttata meglio).
C'è una giornalista eroica disposta a rischiare tutto per far venire a galla la verità.
C'è un mezzo politicante/mezzo boss della droga/mezzo fanatico religioso che vuole prendere il controllo della cittadina e trasformarla in uno stato di polizia.
C'è un capo della polizia inetto e ottuso.
C'è un ragazzino prodigio dell'informatica.
C'è un serial killer con un tumore al cervello.
Insomma, stereotipi per tutti i gusti, tutti bene o male già visti in altri romanzi dello stesso King. C'è anche un gran numero di altri personaggi secondari, questi per fortuna un po' meno stereotipati.
Ora, a parte la presenza della cupola, in questo libro non c'è nulla di soprannaturale o fantascientifico fino al finale. Quello che King vuole prendere in esame sono le reazioni dell'americano medio di fronte a una situazione di isolamento e convivenza forzata, legata a un evento inquietante.
Certo che, se gli americani medi sono tutti come quelli di Stephen King, sono messi maluccio...
Temi simili li aveva già affrontati, in scala più vasta in L'ombra dello scorpione, in scala più piccola in The Mist, I langolieri, La tempesta del secolo e I vendicatori... giusto? Correggetemi se sbaglio o se non siete d'accordo, la memoria potrebbe farmi cilecca. Sono anziano.
Come premesso, Stephen King scrive da dio. La gestione di tutti questi personaggi è perfetta, e le parole si incastrano meravigliosamente l'una nell'altra, pur senza ricercare finezze stilistiche.
Però permane qualche dubbio sui tempi (1030 pagine per una settimana scarsa, e non ci sono parti particolarmente riflessive o descrittive, vuol dire che effettivamente succede un mucchio di roba) e sulla trama in generale: possibile che questi dopo tre giorni di isolamento (nemmeno totale, in quanto continuano a funzionare telefoni, televisione e internet) sclerino al punto di darsi ai saccheggi?
Diciamo anche che King non ha più freni: ci ha sempre raccontato tutto nei dettagli, ma qui scendiamo nel particolare al punto che metà di quello che leggeremo ce lo saremo dimenticato tre pagine dopo.
Insomma, più che a un romanzo, The dome sembra un esperimento di scrittura. Un lunghissimo esperimento di scrittura. Come molti dei romanzi più recenti del Re, scritto con la solita maestria ma con una trama inconcludente.
Insomma, noioso e inutile, e io non sono mai stato convinto del "realismo" dei personaggi kinghiani... ma forse è solo perché hanno una mentalità troppo "americana" per me.
Stranamente, il finale, disprezzato praticamente da chiunque abbia recensito il libro sul web, a me è parso abbastanza adatto e in linea con il resto del romanzo. Non l'ho trovato così terribile.
Credo che i fan di King possano apprezzare qusto libro, nonostante tutto. Ma la lettura, da parte mia, è consigliata solo a loro. Gli altri possono tranquillamente evitare di perdere il (molto) tempo necessario per digerire questo mattone.
E state pur certi che della serie televisiva non guarderò nemmeno la sigla, visto che le varie recensioni in rete la reputano decisamente inferiore anche al libro.
Il Moro
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Ma il Telefilm l' hai visto? Quello sì, che è un pugno in un occhio. :-P
RispondiEliminaThe Dome comunque a me è piaciuto molto, è un romanzo dal ritmo piuttosto trascinante.
Probabilmente tra gli ultimi romanzi usciti dalla sua penna ( Duma Key, Cell e Lisey Story), è insieme a 22 / 11 / 63, il più riuscito.
Condivido comunque la tua disanima sui personaggi, Barbie e la giornalista che dovrebbero essere i protagonisti della vicenda, sono sviluppati pochissimo e sembrano essere soltanto delle marionette teleguidate ai fini della storia.
Questo è strano, Steve ha da sempre dato molto spazio alla psicologia e alla storia passata dei suoi personaggi, ma forse è stata una scelta voluta per evitare una sorta di elefantiasi letteraria che gli aveva già fatto sforare le 1000 pagine.
Il finale era l'unico possibile, ma ammetto che non mi è garbato molto.
Poi, incredibilmente nel retrocopertina della versione Italiana, c' era un enorme Spoiler che indirizza verso la natura della copula, scelta che personalmente trovo incomprensibile.
Aggiungo latua opinione a quelle che mi sconsigliano di guardare il telefilm...
EliminaAnche Cell e La storia di Lisey non mi sono piaciuti per niente, Duma Key... non mi ricordo se l'ho letto! O__O
Ok, ho cercato la trama su internet, l'ho letto e non mi è piaciuto neanche quello.
quello di Kennedy non l'ho ancora letto.
Sì, purtroppo le edizioni italiane in genere hanno spesso brutte sorprese...
Il Moro
Hey Moro!
EliminaIl bello che in On Writing, King dice che, una volta, sua moglie Tabatha (si scrive così?) lesse un suo pezzo dove Il Stefano Re aveva scritto la storia di un personaggio nei dettagli ed essa Tabatha disse: "Macchissenefrega di 'sta roba? Perché me la devo sciroppare io?" e lui: "Hai ragione. Metterò solo l'essenziale". Ok, lì stava parlando (se non ricordo male) del background del personaggio, ma in effetti nei suoi romanzi ci mette una vagonata di dettagli e descrizioni, come se vedessimo un lento leeento leeeento film.
Stefano Re scrive da dio, non ce n'è, ma vuoi mettere con il "film" che ci fa vedere Cormac col suo No country for old men?
Saludos!