martedì 14 febbraio 2023

Athena: la vitaccia nelle banlieu francesi

Athena Netflix recensione

Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!

Esistono diversi film francesi che raccontano delle "banlieu" come di quartieri degradati sempre sull'orlo della ribellione contro il potere costituito, quindi mi è venuta voglia di informarmi un pochino.

"Banlieu" è un termine che indica in modo generico tutte le periferie cittadine francesi, vale a dire quella cintura di comuni che circonda le grandi città e che da esse dipende in gran misuta per la propria economia. Parlando in modo generico, spesso questi comuni non hanno quasi ragion d'essere se non quella di costituire una sorta di appendice alla città stessa, e i suoi cittadini non si sentono tanto appartenenti al loro comune quanto alla periferia della città. E la periferia di una grande città può essere uno strano posto, dove si concentrano quelli che hanno degli interessi lavorativi nella città ma non guadagnano abbastanza per andare a vivere più vicino al centro. Le periferie sono i luoghi dove nascono condomini fatti in serie, a volte anche di lusso, ma più spesso destinati a coloro che hanno una scarsa disponibilità economica. Ed essendo lontani dal centro e quindi nascosti alla vista, spesso gli edifici vengono lasciati a sé stessi fino a diventare fatiscenti, vi si concentrano i cittadini più poveri e la criminalità vi trova terreno fertile.
In Francia, in particolare, dagli anni '70 il termine "banlieu" viene usato, citando Wikipedia, anche come eufemismo per indicare i grandi progetti residenziali a basso costo per gli immigrati stranieri. La questione dell'immigrazione si può far risalire a dopo la fine della seconda guerra mondiale, con le città francesi distrutte dal conflitto e l'immenso impero coloniale che si disfaceva rapidamente (per lo più il disfacimento avvenne tra gli anni '50 e '60, anche se la fine dell'impero viene sancita formalmente nel 1980; al momento permangono cinque cosiddetti "dipartimenti d'oltremare", cioè regioni facenti parte dell'ex impero che si considerano a tutti gli effetti parte del territorio francese, un po' come l'Alaska per gli Stati Uniti). Durante questo disfacimento milioni di migranti dalle colonie, sfruttando la cittadinanza data loro dal fatto di essere nati sotto il dominio dell'impero francese, si riversarono in Francia, ed essendo per la grande maggioranza poveracci si concentrarono proprio nelle banlieu, per precisa volontà della classe politica che non voleva sconvolgere troppo le città. Vennero costruiti veri e propri quartieri dormitorio, che si trasformarono presto in ghetti, i cui abitanti erano mal tollerati dalla classe politica che attuò delle vere e proprie politiche razziste nei loro confronti. L'argomento richiederebbe ben più di questo stralcio di articoletto su un blog malandato per un vero approfondimento.

Athena Netflix recensione
Un'auto incendiata nella banlieu parigina

Già prima dell'arrivo in massa dei migranti dalle banlieu sono partite diverse manifestazioni e sommosse, in particolare a opera di movimenti operai. Sommosse che in seguito non hanno fatto altro che moltiplicarsi, a causa dell'estrema povertà e della mancanza di servizi essenziali in cui versavano e versano molte di queste zone, un malessere aggravato dal razzismo, nonostante gli svariati interventi politici in tempi più recenti volti al recupero e al miglioramento delle condizioni delle banlieu.
Le disgrazie accomunano, e anni di vita in comune in luoghi che sembrano separati dal resto della Francia, con un passato di razzismo e soprusi anche da parte della classe politica, hanno creato comunità chiuse, e le politiche di recupero non sembrano molto efficaci. Per questo in alcune di queste banlieu si sono formate delle aree ad alta illegalità, in cui perfino la polizia ha paura di entrare. Per far fronte a questo problema è stato creato nel 1994 uno speciale corpo di polizia denominato BAC, brigades anti criminalité, formato da personale addestrato appositamente per l'intervento in queste aree. Il corpo però è stato al centro di svariati scandali e sembra che molti dei suoi membri siano esponenti di estrema destra e si siano resi colpevoli di diversi episodi di razzismo, un po' come quando la polizia ferma un nero in America. 

Tutta questa lunga premessa (più lunga della recensione vera e propria, in effetti) deriva da una rapida ricerca in rete sulle banlieu francesi, per la curiosità nata dopo la visione del film Athena e ricordandone svariati altri dove le banlieu vengono irrimediabilmente dipinte come dei postacci dai quali è meglio stare il più possibile alla larga, sempre sull'orlo della rivolta. Se ho sbagliato qualcosa sentitevi liberi di intervenire nei commenti.

Athena Netflix recensione


Athena si inserisce appunto in questo filone, con quartieri-ghetto nel mezzo del territorio francese, caratterizzati da palazzoni in cemento spesso fatiscenti e abitati da "ultimi" pieni di rabbia nei confronti della società.
La storia non è niente di particolarmente originale, un ragazzo viene ucciso dalla polizia e questo scatena una rivolta nella banlieu di Athena (inventata). Abbiamo visto un'idea quasi identica in Shorta, per dirne uno. Idea comunque mutuata dalla realtà: nel 2017 in Francia il 22enne di colore Théodore (Théo) Luhaka dopo l'arresto venne picchiato e, a quanto pare, violentato con un manganello, fatto che provocò rivolte e disordini. Nel 2005 la morte di due ragazzi di 15 e 17 anni inseguiti dalla polizia scatenò una vera guerriglia nelle banlieu durata tre settimane. In quel caso non fu direttamente colpa degli agenti che infatti vennero assolti, perché i due adolescenti morirono fulminati dopo essersi nascosti in una cabina telefonica per sfuggire loro. E questi sono solo gli esempi più noti.

Athena è quindi un film che denuncia lo stato delle banlieu, ponendo un accento sulla rabbia dei suoi abitanti verso le istituzioni che vedono come lontane se non come nemiche. Ma è soprattutto un film d'azione ad alto contenuto di suspance. 
Il regista Romain Gavras sceglie la strada della spettacolarità rifiutando però l'uso di green screen o effetti speciali computerizzati (a parte cose come la color correction). Piuttosto un gran numero di comparse, reclutate per la maggior parte nei luoghi dove il film è stato girato (il che se non sbaglio vale perfino per uno dei protagonisti, Karim), e una telecamera che non sta mai ferma.
Il piano sequenza d'apertura di nove minuti è il più lungo e il più spettacolare del film, ma anche dopo non c'è un attimo di riposo per questi poveri cameraman. A un certo punto uno è stato addirittura tirato su da una gru con dei cavi fino a 30 metri d'altezza!

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I più o meno brevi piani sequenza successivi sono in buona parte impostati in modo che seguiamo il protagonista, di fronte o di spalle, mentre passa in un corridoio o giù per delle scale o da una stanza all'altra mentre intorno a lui si agitano tutti come matti. Detta così non sembra un granché, ma quella di mantenere il focus sui volti dei protagonisti è una scelta precisa, perché sui loro lineamenti tirati si può vedere tutta la rabbia e la paura, dubbi e incertezze, e il chiedersi come cazzo hanno fatto a finire in mezzo a quel delirio.

E' impossibile staccare gli occhi dallo schermo, travolti dalla potenza delle immagini ma anche dalla curiosità di vedere quando ci sarà il prossimo stacco, quanto sarà lungo il prossimo piano sequenza. 
Certo, la trama è esile, il dramma familiare tra fratelli è appassionante quel tanto che basta ma niente di più, la denuncia sociale ci sta tutta, ma questo è un film che si guarda per vedere la spettacolarità dei piani sequenza e chiedersi come cavolo ha fatto il regista a far muovere tutte quelle comparse insieme per tutto quel tempo, e in questo funziona benissimo. Da vedere. E, già che ci siete, guardate anche il "making of" che Netflix vi propone alla fine del film: i salti mortali che devono fare questi poveri cameraman sono a volte più interessanti del film stesso!

Il Moro

6 commenti:

  1. Se ormai il piano-sequenza non fosse inflazionato e usato da tutti avrei provato più stupore in questo film, la cui trama è davvero leggerina e la grande accuratezza nella costruzione visiva forse stona con la vita da banlieu. Non so, non mi ha convinto: preferisco le banlieu rozze ma con il parkour di "B13" 😜

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    1. B13 aveva il suo perché proprio grazie a pakour e stunt vari, infatti non ricordo altro. So che hanno fatto pure il seguito ma ogni volta che mi viene in mente che dovrei provare a cercarlo me ne dimentico immediatamente dopo.

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    2. Proprio quell'aria paradossale mi era piaciuta, quella pseudo-fanta ambientazione post-atomica, con le periferie nuclearizzate, che dava il giusto tocco graffiante alla vicenda, con un misto di realismo sporco e parossismo.
      Il remake puoi anche evitartelo: è identico, fotogramma per fotogramma, ma invece del bravo atleta Cyril Raffaelli c'è l'inutile Paul Walker, che a parte gli occhi azzurri non ha altro da offrire :-P

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    3. Ah non sapevo nulla di un remake, io parlavo proprio del seguito, Banlieu 13 ultimatum.

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    4. "Utimatum" è carino, deliziosa l'idea del Governo che vuole bombardare i quartieri poveri, ma lo ricordo molto meno incisivo del primo. Invece "Brick Mansions" (2014) è proprio il remake-fotocopia in salsa americana. Assolutamente sconsigliato :-P

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