giovedì 26 gennaio 2017

I declare war, recensione

Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!

Particolare questo I declare war, film canadese del 2012, scritto e diretto da Jason Lapeyre e co-diretto da Robert Wilson.

Un gruppo di ragazzini si ritrova un pomeriggio per giocare a un particolare gioco di guerra.
Campo da gioco: un boschetto che ai loro occhi diventa una foresta equatoriale.
Armi: modellini artigianali, costruiti con legno e nastro adesivo, che ai loro occhi diventano fucili automatici, pistole e balestre.
Regole: ogni squadra ha un generale, un campo base e una bandiera. Vince chi riesce a scoprire dove si trova il campo base avversario e a prendere la sua bandiera. Chi viene colpito da un'arma deve rimanere a terra contando fino a dieci, e viene considerato morto (e deve uscire dal gioco e tornarsene a casa) solo se colpito da una “granata”, ovvero un gavettone di vernice rossa.


Questi ragazzini prendono il gioco maledettamente sul serio. Le loro armi saranno anche pezzi di legno, eppure nelle loro mani diventano davvero fucili da guerra orribili da vedere nelle mani di ragazzini. Faranno anche solo “bang bang” con la bocca, ma sentono il rumore degli spari e l'odore della polvere. Credono davvero in quello che fanno, e quello che fanno è la guerra.
Il generale P.K. ci tiene talmente tanto a non interrompere la sua catena di vittorie da essere disposto a sacrificare qualunque cosa. Il suo nemico, il rabbioso Skinner, lo odia al punto da piegare le regole a suo vantaggio e comportarsi slealmente per batterlo. E la bella Jess ha dei motivi tutti suoi.

Ma sono comunque dei ragazzini, e le motivazioni che li muovono sono motivazioni da ragazzini.
E le emozioni che provano sono quelle, assolute e senza appello, dei ragazzini.


Il regista ci mostra tutto questo tramite gli occhi dei ragazzini, e quindi anche noi vedremo le esplosioni e sentiremo il rumore degli spari.
Un film surreale, con questi ragazzini che fanno gli adulti, che danno un'eccezionale importanza al concetto di “miglior amico” e allo stesso tempo tramano piani complessi e si lasciano andare a odii degni dei cattivi dei film di guerra.
Ci si chiederà più volte “ma stanno davvero giocando”?



Il film parla dell'immensa immaginazione dei ragazzini e della violenza che covano, oltre che della forza delle loro emozioni. E c'è anche un sottotesto su Dio e la religiosità, che in effetti non c'entra molto, ma è comunque uno spunto in più.

Un film interessante, quindi, ben realizzato con quelle quattro lire, e addirittura ben recitato dai giovani attori, soprattutto quello che interpreta Skinner. Merita, dategli un'occhiata.

Il Moro

4 commenti:

  1. Ooooh questa è una segnalazione super-gagliarda! Mi piace tantissimo l'idea, da vecchio amante del Signore delle Mosche, e mi segno assolutamente il titolo! ^_^

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  2. Lo amo già solo dalla tua recensione.
    Ora andrò a caccia di questo film, grazie mille, Moro *__*

    Moz-

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