Salve a tutti, è Il Moro che vi parla!
Oggi parliamo di una saga, o almeno dell'inizio di una saga, composta da due libri pubblicati in Italia da Urania.
Aquiliade
Come forse alcuni sanno sono autore di una saga ucronico-fantascientifica autopubblicata su Amazon (prima che qualcuno inizi a denigrare, sappia che i soldi che guadagno con questi libri autopubblicati sono pur pochi, ma sempre MOLTO di più di quello che mi arriva da quelli pubblicati con case editrici). Le popolazioni coinvolte in questa ucronia sono l'impero romano, il Giappone degli shogun, l'impero Maya, i vichinghi, i Pitti, i mongoli di Gengis Khan, il califfato arabo e gli indiani d'America, più qualche altra comparsata. Per questo sono sempre interessato a qualsiasi altra ucronia che riguarda le stesse popolazioni, soprattutto se ha elementi fantascientifici, e questo Aquiliade riguarda impero romano, indiani d'America e popolazioni precolombiane. Direi che ci siamo.
L'autore è S. P. Somtow, il cui nome completo è l'impronunciabile Somtow Papinian Sucharitkul, è thailandese e addirittura imparentato con la dinastia regnante ma da piccolo si trasferisce nel Regno Unito, per poi tornare in patria da grande. E' direttore dell'opera di Bangkok e oltre a scrivere romanzi di fantascienza, fantasy e horror ha composto diverse opere liriche. Una vita interessante e, guarda un po' il caso, una di queste opere liriche si intitola Dan No Ura e parla della battaglia navale che vide scontrarsi il clan Taira e il clan Minamoto in Giappone, la stessa battaglia che ho ritrattato in versione ucronica nel quarto volume della mia saga, Giardini oltre le nuvole. Direi che io e il signor Somtow ragioniamo in modi simili, se non fosse che io di musica non ci capisco una fava.
Aquiliade, del 1983, è la storia di Titus Papinianus, duce della XXXIV Legione inviata contro i Parti, a cui viene affiancato Aquila, condottiero pellerossa giunto dalle terre oltre l'oceano Atlantico recentemente conquistate dall'esercito romano. Un po' grazie al suo successo, un po' perché stava sulle balle all'ìmperatore, Titus viene inviato insieme ad Aquila sulla costa orientale degli Stati Uniti come governatore provinciale, con il compito di esplorare ed estendere l'influenza dell'impero verso occidente e soprattutto di raggiungere così la Cina, che i romani sono convinti possa essere raggiunta via terra attraversando l''America.
L'impero romano ha alcune macchine "steampunk" a disposizione, ma poca roba
perché l'inventore è morto e la maggior parte delle macchine che ha costruito
è andata distrutta nei giochi dell'arena. I romani sono dipinti qui come
ossessionati da questi giochi, e forse non siamo tanto distanti dalla
realtà.
Rimangono comunque i battelli a pale che permettono un
attraversamento dell'atlantico relativamente semplice, ma affrontare i
pericoli dell'inseplorato continente americano è tutta un'altra cosa.
La trama non è niente di particolarmente complesso, sono le avventure di Titus, Aquila e altri tre personaggi secondari nell'esplorazione di terre sconosciute e bizzarre. Olmechi dotati di palloni aerostatici, Sasquatch giudei, alieni, dinosauri, pirati spaziotemporali: non manca niente nelle avventure di Titus, che vorrebbe solo tornarsene a Roma ma viene spinto a sempre nuove avventure dai capricci dell'imperatore.
Il libro non è scritto in modo molto raffinato, direi anzi che ha uno stile di scrittura abbastanza grezzo. Ma la storia risulta comunque divertente, ovvio che se si è appassionati dell'argomento guadagna parecchi punti. Chicche di mescolanza culturale, come i letti funebri indiani che invece di essere sorretti da semplici pali di legno hanno colonne doriche o corinzie, sono una gioia per un amante delle ucronie fantastico-fantascientitiche come me.
Il ritorno di Aquila, di S. P. Somtow
Il seguito di Aquiliade risulta migliore del primo sotto
tutti gli aspetti.
Sono passati alcuni anni, Aquila è in viaggio nello
spazio e suo figlio è stato adottato da Papiniano, protagonista del primo
libro, e vive a Roma, insofferente alle molli abitudini dei romani con i loro
atteggiamenti da nobili decadenti, le loro orge e banchetti a base di piatti
strampalati come lingue di allodole frollate in cervella di passeri e robe del
genere. Ma la punizione per una bravata gli concede l'occasione di tornare
nella terra dei suoi padri, oltre l'oceano, dove la colonia romana sul nuovo
continente si sta espandendo rapidamente, arrivando a superare in magnificenza
la stessa Roma.
Il libro è meglio scritto, più avvincente e più divertente del primo, e soprattutto indulge molto di più sugli aspetti ucronici quali l'influsso della cultura dei pelleressa, dei Lakota soprattutto, sui romani, che le assorbono e le integrano nella loro società un po' come hanno fatto con quella greca. La divinità principale ora si chiama Giove Vacantanca, per dirne una, ed è rappresentato come un uomo barbuto a cavallo di un bisonte bianco. Questa e altre chicche tutte da scoprire mi hanno fatto adorare questo libro.
Non mancano poi gli innesti "steampunk" quali per esempio un treno, opportunamente preso d'assalto dagli indiani, e altri strani macchinari, per non parlare dei dinosauri, degli alieni, dei viaggiatori del tempo...
Somtow mette davvero di tutto dentro il suo romanzo, eppure tutto fila, niente appare fuori posto, niente stroppia. Il romanzo è appassionante ancora più del primo, mi è piaciuto molto e per me ha un solo difetto: il finale si lascia la strada aperta per un seguito che, apparentemente, dovrebbe chiudere la trilogia o, di seguito che però non si è mai visto, almeno in Italia. Il seguito infatti esiste e si intitola Aquila and the sphinx. Ovviamente, non è mai stato tradotto in italiano.
Ho pensato di leggerlo in inglese, pratica che di solito evito per due motivi:
il primo è che il mio inglese è decente ma non così buono da permettermi di
leggere fluidamente un romanzo in inglese, soprattutto uno di fantascienza che
avrà probabilmente un mucchio di termini tecnici, magari inventati: leggerli
potrebbe essere più un lavoro che un piacere. Fumetti in inglese ne leggo
regolarmente, ma è più facile, ci sono le figure. Il secondo e principale
motivo è che la mia "coda di lettura" di libri in italiano è talmente lunga da
bastarmi per tutta la vita e per lasciarne ancora in eredità ai miei
discendenti per una manciata di generazioni, e inziare ad aggiungere anche
roba in inglese mi sembra puro masochismo.
Ho cercato comunque il terzo
volume della saga in inglese, ma per "vie alternative" non si trova, in
versione elettronica legale nemmeno, ma ho trovato quella cartacea su Amazon a 18 euro. Ci penso, potrei anche provarci.
Il Moro
Non ho mai approfondito le ucronie e non ho una particolare sensibilità per apprezzarle fino in fondo, ma mi hai intrigato con queste recensioni. Curioso che in tanti anni di caccia all'Urania su bancarella non mi siano mai capitati i due che mostri, e forse se li avessi letti non mi sarebbero piaciuti, ma è comunque un peccato abbiano lasciato monca la trilogia ;-)
RispondiEliminaE non si trova nemmeno in ebook in inglese, solo nel mercato dell'usato. Ma queste saghe monche nell'editoria italiana capitano spesso e volentieri, ed è il motivo per cui non inizio mai a leggere una saga fino a che non sono sicuro di avercela tutta.
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