martedì 19 giugno 2018

Seven sister

Seven Sister recensioneSalve a tutti, è Il Moro che vi parla!

Seven sisters, titolo originale (per una volta meno efficace di quello italiano - che comunque è in inglese, vabbè) What happened to monday, è un film del 2017, coproduzione inglese-francese-belga diretto dal norvegese Tommy Virkola, già regista dei due divertenti Dead Snow, e interpretato dalla svedese Noomi Rapace, oltre che dall'americana Glenn Close (spero che quella specie di maschera di gomma che porta in faccia sia un effetto speciale voluto dal regista e non il suo vero aspetto) e dall'americano naturalizzato italiano Willem Dafoe (la sapevate questa?). Giusto per aggiungere un altro po' di geografia, l'attore che interpreta il poliziotto è un olandese di origini tunisine.


Trama:
In un mondo già di suo sovraffollato, l'utilizzo di concimi chimici, OGM, cambiamenti climatici e quant'altro hanno portato tra le conseguenze anche l'aumento smodato di parti plurigemellari. Per porre un freno al disastro e salvare il mondo viene introdotta la politica del figlio unico: eventuali fratelli, a qualunque età vengano scoperti, vengono catturati da un governo che nel frattempo si è trasformato nella solita forma distopica che conosciamo da mille altre storie, e ibernati in attesa di tempi migliori.
Qui una donna muore di parto dando alla luce sette gemelle identiche, e il di lei padre, Willem Dafoe, invece di consegnarne sei alle autorità decide di tenerle con sè e studiare un personaggio a tavolino, personaggio che le ragazze dovranno interpretare a turno, una per ogni giorno della settimana.
Va tutto bene, calcolando i prevedibili problemi di convivenza, fino a che, un lunedì, una di loro scompare, e le forze dell'ordine iniziano a dare la caccia alle altre.



Seven Sister recensione

Ora, questo film è pieno di cavolate. I personaggi, sia buoni che cattivi, compiono azioni senza senso, inutilmente crudeli o semplicemente stupide. Ci sono talmente tante baggianate a livello di sceneggiatura che ci potrei dedicare un post o due, ma dovrei raccontare praticamente tutto il film. Per dire, si parla di gente che, dopo che i cattivi sono andati a cercarli a casa... Rimangono a casa. E i cattivi non ci tornano per davvero!
Il realismo e la credibilità sono talmente piegati alle leggi dello spettacolo che hanno deciso di mettersi in sciopero e sono andati a farsi una birra. Succedono cose che stanno in piedi meno di una promessa elettorale.

Seven Sister recensione


Eppure mi è piaciuto lo stesso.
Un po' per la bravura di Noomi Rapace, che riesce a sembrare davvero sette persone diverse.
E poi perché queste persone sono personaggi stereotipati che puoi comprendere con mezzo minuto di dialogo, e proprio questo ti permette di entrare subito in sintonia con loro. Non ci sarebbe stato il tempo di costruire dei personaggi più approfonditi e pretendere che lo spettatore ci si affezionasse. Grazie a questo stratagemma, invece, è possibile farsi prendere dalle cose molto brutte che succedono a tutte quante.
Le vicende puramente "action" in cui la/le ragazze sono coinvolte scorrono sullo schermo lasciando un senso di divertimento, e ricordando un po' quel cinema d'azione fantascientifica e tamarra degli anni '90 che ho tanto amato.

Seven Sister recensione
Glenn Close con addosso la maschera di sé stessa.


Risulta quindi essere un buon film di fantascienza "action", con buone scene d'azione interpretate alla grande dalla protagonista, e con un interessante tema legato alla sovrappopolazione e ai mezzi per combatterla.
Personalmente, sono convinto che una "politica del figlio unico" applicata a livello globale (ovviamente non con i metodi assurdi visti in questo film) sia l'unico modo che avrebbe l'umanità per non esaurire tutte le risorse prima che mio figlio inizi ad andare a scuola. Due o tre generazioni e siamo a posto. Ma so anche che dovrebbero farlo tutti i paesi del mondo contemporaneamente, e metterli d'accordo su un punto del genere è impossibile. Dove sono i supercattivi che conquistano il mondo quando servono?

Seven Sister recensione
Noomi Rapace con un'altra pettinatura ancora, che tutte quelle che sfoggia nel film non le bastavano.


Ho notato i punti di contatto con un libro che ho anche recensito da queste parti: Dayworld, di Phlip Josè Farmer, anche se in effetti funziona tutto al contrario. Nel romanzo di Farmer per via della sovrappopolazione ogni persona può vivere solo un giorno a settimana e deve passare il resto del tempo in ibernazione, ma il protagonista vive invece tutti i giorni simulando personalità diverse. Che questo film si sia in parte ispirato a Dayworld? Non lo so e non importa, alla fine, visto che lo sviluppo è poi completamente diverso.

Il Moro

8 commenti:

  1. Beh, in effetti potrebbe essere un guilty pleasure, pur con tutte le assurdità che hai elencato (io raramente accetto delle cose così illogiche, deve essere proprio un film che non si prende sul serio, per poterlo accettare...)

    Moz-

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    1. Un Guilty pleasure lo vedo più come una cosa che fa oggettivamente schifo ma che guardi lo stesso, tipo Sharkanado... Questo ha delle cose belle in mezzo alle baggianate logiche.

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  2. All'uscita mi incuriosì parecchio poi, tra pareri negativi di amici affidabili e un incessante accumulo di titoli interessanti al cinema, l'ho lasciato perdere. Noomi Rapace mi è sempre piaciuta molto e questa è senza dubbio una prova attoriale decisamente impegnativa per lei. Spero di recuperarlo al più presto :D

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  3. Ciao, nuova follower; complimenti per blog e recensioni; questo l'ultimo post pubblicato da me: http://ioamoilibrieleserietv.blogspot.com/2018/06/segnalazione-il-colore-del-caos.html


    Se ti va ti aspetto da me come lettrice fissa

    Grazie

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  4. Interessante che tu abbia riscontrato somiglianze con un altro libro, questa mi mancava!

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    1. In pratica, qui funziona al contrario che rispetto al libro.

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